di Salvo Barbagallo
La forza della propaganda di parte, la “vera” informazione, la disinformazione, la sottoinformazione: nel calderone c’è di tutto, però manca qualcosa. Manca la verità.
Una verità difficile da scoprire e quindi senza apparente “paternità”. Un dato è accertato: Donald Trump sino a qualche giorno indietro era inviso alla maggior parte dei Paesi, ma dopo l’azione bellica dei 59 missili lanciati contro la Siria ora piace (quasi) a tutti. Il mutamento repentino d’opinione vorrà significare “qualcosa”. Quel “qualcosa” (forse) deve essere ricercato non solo nella fluidità dei “pareri politici”, soprattutto nell’evidente condizione psicologica di mancanza di sicurezza che domina molti governanti e “potenti” (o “semipotenti) sparsi sulla superficie della terra. Come dire, molti governanti avvertono la necessità di una “guida” mondiale che si assuma (senza mandato) la responsabilità di fare da “sentinella” alle cosiddette ingiustizie/criminali/belliche (presunte o vere, poca importanza ha) che un qualsiasi Paese compie e reagire (sempre senza alcun mandato) usando il pugno di ferro. Quanto compiuto dal presidente USA nei confronti della Siria potrebbe benissimo rientrare in questo quadro.
E quanto compiuto da Donald Trump viene “spiegato” piuttosto efficacemente da Nicolò Giordana sul magazine “Difesa Online”: Il recente bombardamento ad opera americana allo Stato siriano pone alla luce una serie di problematiche a livello internazionale che determinano come questo attacco sia illecito. Invero l’uso della forza è stato rigidamente regolato dalla Carta delle Nazioni Unite all’art. 2, paragrafo 4. Tale norma vieta qualsiasi atto bellico tra Stati che può ledere la sovranità dei singoli Paesi ed impone alla Comunità internazionale il ricorso a mezzi pacifici per la soluzione di controversie. La ratio della norma è stata quella di evitare il sorgere di nuovi conflitti visti gli effetti disastrosi che la seconda guerra mondiale ha portato alla luce. Come ogni norma anche questo principio prevede delle eccezioni quali la difesa legittima e le misure di repressione così come autorizzate dal Consiglio di Sicurezza. Alcuni hanno posto che la Siria abbia sferrato un attacco chimico, attacco che sarebbe illecito per il diritto internazionale già a partire dalle prime convenzioni del diritto di guerra: esempio ne sono il Trattato di San Pietroburgo del 1868 e le Convenzioni dell’Aja del 1899 e del 1907 con riferimento al divieto di utilizzo di strumenti che comportino danni e conseguenze superflue. In ogni caso possiamo ravvedere una consuetudine sul divieto dell’uso di armi chimiche, uso confermato dal fatto che generalmente gli Stati evitano il ricorso a tali mezzi (eccetto episodi nella guerra del Golfo e nella guerra di Corea). Le stesse Nazioni Unite si sono espresse in rifiuto-divieto di questi mezzi. Lo Stato che quindi viola tale precetto incomberebbe in sanzioni a livello ONU. Il punto starebbe quindi, nel caso siriano, provare che ci sia stato un vero attacco chimico. Gli elementi che però sono emersi sin dai primi momenti vanno in senso diametralmente opposto ed alcuni hanno parlato di guerra di disinformazione. Certo è che gli esperti hanno evidenziato come un vero attacco batteriologico o chimico avrebbe attivato protocolli di sicurezza che non sono stati seguiti, come si vede dalle fotografie scattate martedì scorso. Protocolli che, se non attivati, avrebbero consentito una diffusione a macchia d’olio dei batteri con un numero assai più rilevante di vittime (…) Un attacco che quindi, così come ci appare, si pone in aperto contrasto con le norme del diritto internazionale, un’azione forse troppo avventata, come se Putin decidesse di bombardare l’Iraq (…).
Come si evolverà la situazione? Il pesante interrogativo al momento non può avere una risposta esauriente: può soltanto far riflettere. Il Governo italiano “deve” riflettere sui fin troppo facili asservimenti agli USA: il Governo Italiano “dovrebbe” riflettere a lungo sulle concessioni d’uso del territorio nazionale a forze militari straniere (appunto, quelle degli USA) e sulle conseguenze e ricadute nefaste che potrebbero, e possono già avere, per l’intera collettività. Le esperienze del passato nel dire “Signor sì” allo straniero (chiunque esso sia), alla fine non hanno mai prodotto nulla di buono.