di Luigi Asero
I giochi sono fatti, le elezioni amministrative hanno dato il loro prevedibilissimo esito e da alcuni giorni si dibatte su “come sia potuto accadere”…
Ma “accadere” cosa esattamente? Che siano stati confermati gli Orlando a Palermo? Che i pentastellati non abbiano avuto il successo sperato? Che qualche sindaco è già stato sospeso dal prefetto in base alla legge Severino? Che il Pd abbia vinto anche nelle zone terremotate dove, gli stessi terremotati, hanno lamentato di essersi sentiti abbandonati proprio da quel Pd che è al Governo?
Ha visto il “sistema”, anzi meglio… ha vinto l’Italia. Non tutta. Quella degli astensionisti, quella dei “tanto non cambia nulla”, quella di quanti non conoscono più la parola “responsabilità” e delegano agli altri il proprio destino. Sempre infelici (a parole), sempre sorridenti davanti al loro smartphone-giocattolino di nuova generazione, felici come bimbi che “almeno ci passiamo il tempo”. E mentre voi, voi che ora vi chiedete “perché” vi passate il tempo, in sostanza non è cambiato nulla. Le poltrone le hanno conquistate, come sempre ormai, le “segreterie”. Ossia quel blocco di voti, appunto poco più del 50% di elettorato attivo che in qualche maniera è vicino alle segreterie di partito.
Tutti felici? Non proprio. Eppure che in alcune realtà queste elezioni fossero ormai una farsa era sotto gli occhi di tutti. A Palermo un teatrino che nemmeno nei teatri di strada. Pirandello ormai lo abbiamo dimenticato. Nemmeno di una commedia pirandelliana è degno infatti ciò che è accaduto nel capoluogo siciliano. Con, alla fine, pure la rissa fra i due candidati del centro-destra, con la “scena da bambino” del neo-rieletto Orlando che si rifiuta di parlare a La7 con il direttore Enrico Mentana perché “si sente offeso” per esser stato definito “del Pd”.
Si lamentano, pur avendo aumentato i voti ottenuti, i pentastellati. Ma dov’era la loro campagna elettorale? Non possono i candidati 5 Stelle sperare nei soli comizi di Di Maio e Di Battista. Senza offesa ma non si è sentito molto di cosa proponevano in alternativa nelle città dove si sono candidati. Sulla simpatia nessuno vince, men che meno in Italia dove non vince manco il merito.
E Trapani? Si va al ballottaggio con un candidato che qualora superasse la prova sarebbe sicuramente escluso ai sensi della legge Severino, e che comunque ha già dichiarato che “in caso di vittoria si dimetterebbe subito a causa dell’inchiesta in corso”. E allora questo ballottaggio fra chi è? Legalità e illegallità? Scusate ma se così fosse allora l’illegalità ha già vinto. E non ci riferiamo alla competizione trapanese, bensì a tutto l’andazzo italiano.
L’unica nota di rilievo è stata la debacle di Giusi Nicolini a Lampedusa. Segno evidente che i lampedusani non accettano più quell’aura di santità con cui l’informazione di potere li descrive per averne in cambio l’anima. A Lampedusa con l’emergenza migranti non vivono più. Non si può tenere in stato d’assedio un’isola pensando solo alle ragioni degli altri. Bene, ci stiamo appena prendendo l’accusa di razzismo. Ma no, non è così. Però sulle cose si ragiona. Un’emergenza è tale quando è occasionale e imprevista. Su questo i lampedusani sono stati sempre eccezionali. Ma ora continuare a parlare di “emergenza” e in nome di questa farsi belli è ipocrisia pura. I lampedusani non hanno detto no ai migranti, hanno detto no a questo sistema.
Di cosa parliamo? Gli italiani, i siciliani, bene fanno a lamentarsi. Meno a non far nulla per cambiare le cose. E da questa situazione, così, non si esce.
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