di Salvo Barbagallo
Sul quotidiano Il Corriere della Sera di due giorni addietro (2 luglio) Riccardo Noury e Monica Ricci Sargentini informano in un dettagliato servizio che la “Guardia costiera libica indagata dalla Corte penale internazionale. Che farà l’Italia?”, mentre un articolo pubblicato il giorno prima sul quotidiano l’Avvenire parlava delle indagini in corso da parte della procuratrice della Corte penale internazionale nei confronti della Guardia costiera libica per possibili “gravi crimini contro i diritti umani”, inclusi “crimini contro l’umanità”, non è seguita alcuna presa di posizione da parte del governo italiano. Il 27 aprile scorso La Voce dell’Isola titolava “Cosa accade nella vicina Libia mentre si infuoca la polemica sul traffico dei migranti?”.
Noury e Ricci Sargentini fanno notare che Già in passato Amnesty International aveva chiesto all’Italia di sospendere la collaborazione con la Guardia costiera libica, altrimenti avrebbe potuto rendersi complice di violazioni dei diritti umani. Ora che quelle violazioni prendono forma, nell’indagine internazionale in corso, di “gravi crimini” e addirittura di “crimini contro l’umanità”, quella sospensione diventa ancora più necessaria e urgente, e va ricordato che anche su Il Fatto Quotidiano (11 giugno) Lorenzo Bagnoli metteva in evidenza che Libia e Italia divise da un tratto di mare fuori controllo, tra polemiche contro le navi delle organizzazioni non governative e spari in mare delle motovedette libiche contro i natanti italiani, nonostante la formazione offerta dal nostro Paese (…). Come dire: non dovremmo stupirci se sulla questione “migranti” si accendono polemiche, proteste, forti contrasti politici e, contemporaneamente, al di là delle parole e dei pronunciamenti di intenti fra i Paesi Europei non si va e le soluzioni concrete tardano o non giungono mai, o non vanno a buon fine. Daniela Fassini e Nello Scavo su l’Avvenire sottolineano senza mezzi termini: A l’Aja le bocche sono cucite, ma da quanto è possibile ricostruire, le accuse sono a vasto raggio. C’è infatti il sospetto che marinai libici siano al soldo dei trafficanti di uomini e che, a vario titolo, siano parte della filiera delle deportazioni. I migranti “soccorsi” dai guardacoste vengono spesso riportati a terra e rinchiusi nei centri governativi all’interno dei quali si svolgono aste per la vendita dei malcapitati al mercato degli schiavi: bambini compresi (…).
In più circostanze abbiamo rilevato che quanto scritto in precedenza può essere riproposto a distanza di tempo come se fosse al “presente”. Quindi non a caso riprendiamo alcuni passaggi del nostro articolo di due mesi addietro, in quanto risultano (a nostro avviso) d’attualità: “Libia, a due passi da Casa nostra, la Sicilia. Libia, un Paese del quale si ignorano gli avvenimenti del quotidiano, un Paese dove c’è ufficialmente un Governo a Tripoli (quello di Al Sarraj) voluto dall’ONU e sorretto dall’Italia, un altro a Bengasi (quello del generale Khalifa Belqasim Haftar), e dominato dalle Tribù. Si conosce ben poco della vita di ogni giorno, nonostante i “Trattati” firmati dall’Italia con Fayez Al Sarray e i capi delle Tribù per frenare il continuo flusso dei migranti: non esiste (per quel che è dato constatare) un “Osservatorio” super partes che informi e denunci gli abusi che si perpetrano a danno dei profughi che finiscono in mano ai trafficanti di esseri umani. Si possono registrare soltanto le “conseguenze”, le polemiche sulle organizzazioni che “provvedono” ai soccorsi in mare dei fuggitivi, ma la verità non viene a galla. E per quel che è dato conoscere, neanche in Sicilia esiste un apposito “Osservatorio” per analizzare i flussi, le provenienze dei migranti. L’accoglienza non basta per “aiutare” (…)
L’Agenzia Ansa ieri (3 luglio) resoconta sul vertice tenuto a Parigi fra Italia, Francia e Germania, sottolineando il Primo esito tangibile dell’incontro voluto dal ministro dell’Interno Marco Minniti con i colleghi tedesco e francese, Thomas de Maziére e Gerard Colomb, e con il commissario europeo per gli Affari interni Dimitri Avramopoulos, un documento su più punti che si sta mettendo a punto e che l’Italia presenterà giovedì in Estonia all’incontro dei ministri degli Interni di tutti e 28 i paesi Ue. Il testo, che ha l’appoggio di Parigi e Berlino, vede tra i punti qualificanti la regolamentazione delle azioni e dei finanziamenti delle Ong e più fondi per consentire alla Libia il controllo delle coste. Sul primo capitolo si innesta la necessità di dare un ruolo più forte di coordinamento alla Guardia costiera. (…).
A noi sembra, in un certo senso, paradossale (ma potremmo, ovviamente e come sempre, essere in errore) che si indichi ancora una volta nel percorso da compiere elargire un ulteriore “finanziamento” al vicino Paese, così come viene specificato più fondi per consentire alla Libia il controllo delle coste unitamente alla necessità di dare un ruolo più forte di coordinamento alla Guardia costiera. (…).
Sembra inutile quanto posto in luce dall’Avvenire: Le informazioni che arrivano negli uffici olandesi del tribunale internazionale contrastano con le dichiarazioni di Tripoli a proposito del trattamento riservato ai migranti, specie dopo gli accordi siglati con Paesi come l’Italia. «La situazione è terribile e inaccettabile», spiegano dalla Cpi. Notizie che arrivano proprio quando l’Europa si appresta a varare nuovi stanziamenti. Si parla di 40 milioni di euro dal Trust Fund per l’Africa per progetti in Libia (guardia costiera, coordinamento delle operazioni a Tripoli e rafforzamento del confine meridionale) da approvare già a luglio (…).
Probabilmente fra qualche mese ci ritroveremo a riproporre quanto scritto oggi poiché ( e vorremmo sbagliarci) la situazione Libia/migranti/Italia/Paesi Europei non sarà minimamente mutata… forse solo peggiorata.