di Salvo Barbagallo
A giorni (il prossimo 10 luglio) cade il settantaquattresimo anniversario dell’invasione della Sicilia da parte delle forze militari alleate angloamericane quale principale azione per la riconquista dell’Europa caduta nelle mani del nazifascismo. Più o meno la storiografia ufficiale attribuisce gran parte del successo della conquista dell’Isola all’appoggio che gli americani ebbero dalla mafia, appoggio contraccambiato con una serie di “favori” che consentirono nel tempo il forte radicamento nel territorio dell’organizzazione criminale, e il predominio nelle attività illecite. È una storia che i giovani non conoscono e, probabilmente, non conosceranno mai in quanto pochi hanno avuto interesse ad approfondire quel periodo oscuro, raccontato in documenti che non hanno visto mai la luce e probabilmente diventeranno cenere negli archivi secretati dello Stato.
Negli anni, nei decenni che sono trascorsi da quel luglio del 1943 tanti e tanti avvenimenti hanno caratterizzato la vita della Sicilia, dalla (pseudo) concessione dell’Autonomia Speciale (frutto di un compromesso malsano fra i “Potenti” notabili Siculi e i rappresentanti di un Governo provvisorio dell’Italia per scongiurare il pericolo di una “indipendenza” dell’Isola alla quale aspirava la collettività), ai governi della regione che gli interessi dei Siciliani non hanno mai fatto, salvo in qualche raro tentativo subito soffocato.
La Sicilia, Terra del Sole, che poteva aspirare a un futuro di grande sviluppo nella centralità del Mediterraneo, alla fine è rimasta soffocata dalle azioni, o mancate azioni di chi l’ha governata, attribuendo invece (a tutt’ora) tutte le possibili conseguenze negative alla mafia, struttura inossidabile e onnipresente che opprime e sopprime ogni velleità di riscatto.
La mafia favorita dagli statunitensi sin dal 1943?
O i “Poteri forti” scaturiti da patti scellerati, sempre con esponenti d’Oltre Oceano?
Interrogativi che rimarranno senza risposta. E chi ha provato a dare risposte è stato zittito, in un modo o in un altro…
Di ciò che si è fatto o non si è fatto, restano conseguenze visibili, testimonianze innegabili dello sfruttamento della Sicilia: i cosiddetti “poli industriali” di Siracusa/Augusta o di Gela, prove inequivocabili della devastazione del territorio e del tessuto socioeconomico; le aree dei “pozzi petroliferi” del cui ricavato la Sicilia riceve poco o nulla; le zone militarmente occupate in forma stabile e autonoma dagli Stati Uniti d’America (Sigonella, Niscemi, Augusta, eccetera).
Certo, la mafia, connivente anche con le alte gerarchie militari made in USA? Probabilmente. L’interrogativo ce lo siamo posto ai tempi della presenza dei Cruise atomici a Comiso, quando le batterie dei missili autotrasportati scorazzavano scortati solo da una camionetta dei carabinieri italiani nelle stradine di campagna del Ragusano. La mafia, pensavamo, poteva avere la sfrontatezza di “sequestrare” una batteria semovente? Poteva averla, la “sfrontatezza”, ma non ne aveva l’interesse… Sicuramente (sottoscriviamo) “leggende metropolitane”, fantapolitica da bar.
A settantaquattro anni dall’invasione, la Sicilia resta occupata militarmente: certo, ci sono gli accordi, i Trattati stipulati dal Governo Italiano, nel cui merito (conseguenza visibile) non è mai entrato il Governo “Autonomo” della Sicilia, anzi… Come nel caso dell’impianto bellico satellitare MUOS di Niscemi, l’installazione USA è stata favorita dai politici al Governo a Palermo.
Il futuro della Sicilia? È in mano di altri e di chi con gli “altri” è connivente.