Ai Siciliani resta l’onore della bandiera Siciliana esposta negli edifici pubblici, accanto al Tricolore e al vessillo europeo, a ricordo di un’Autonomia Speciale conquistata sul compromesso per impedire, nel lontano 1945, che l’Isola diventasse “Indipendente”, cioè separata (sotto tutti i punti di vista) dall’Italia. Una bandiera-simbolo, forse l’unico retaggio di uno Statuto Speciale concesso ma mai fatto applicare dai vari Presidente della Regione che si sono succeduti nel corso degli anni. Al Veneto adesso viene contestata dal Consiglio dei ministri la legge regionale n° 28 che consentiva l’esposizione del gonfalone con il Leone di San Marco in quanto alcune norme “contrastano con la legislazione statale relativa all’uso dei simboli ufficiali”. Come riferisce Giuseppe Pietrobelli su Il Fatto Quotidiano, il governatore leghista Luca Zaia replica: Da Roma si accusa il Veneto di cercare sempre la rissa, ma queste sono scelte di un Governo il quale, con tutti i problemi nazionali e internazionali che è chiamato ad affrontare, non trova niente di meglio da fare che impedire a una Regione di esporre la propria bandiera, persino quella del Veneto che ha oltre mille anni di storia”.
È solo una questione di lana caprina, oppure una questione di “principio”? Forse né l’una, né l’altra “questione”, poiché la problematica può portare su scenari inesplorati, ricordando che il prossimo 22 ottobre i Veneti sono chiamati al Referendum sull’Autonomia della Regione, e considerando anche certi pronunciamenti dello stesso Zaia, quali quelli per cui lo stesso Zaia per “l’Indipendenza” sarebbe disposto pure a farsi arrestare.
Probabilmente Luca Zaia e i Veneti che aspirano all’autodeterminazione non hanno appreso pienamente la “lezione” di vita che ha fornito la Sicilia nel passato e quella che sta offrendo la Catalogna in questi giorni: il termine “Indipendenza” deve essere cancellato da qualsiasi pensiero futuristico, e chi osa pronunciare questa parola (“Indipendenza”) e muoversi per vederla applicata rischia grosso. Fin quando si parla di “Autonomia” magari si può discutere, ma intendendo comunque un’Autonomia sotto stretto controllo di un Governo centrale, con consoli e proconsoli a fare da cani da guardia qualora si dovesse andare oltre.
In Catalogna si stanno vivendo giorni carichi di tensione in vista dell’annunciato Referendum che si dovrebbe tenere (il condizionale è d’obbligo) il primo ottobre: il Governo Centrale spagnolo ha posto l’alt, ha già proceduto ad arresti e sequestrato milioni di schede elettorali e, infine, ha commissariato i Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, ritenendo che gli agenti non si stiano impegnando a sufficienza in quello che è l’obiettivo primario:, cioè bloccare il Referendum di domenica prossima. Si vedrà fra non molto come finirà questo “scontro” che (comunque lo si voglia vedere) annebbia ogni concetto di “democrazia”.
In Sicilia la problematica (almeno allo stato attuale) non si pone: fra poco più di un mese i Siciliani sono chiamati alle urne per il rinnovo del Governo Regionale e registrando le varie coalizioni (di destra, di sinistra, di centro e chi più ne ha, più ne metta) si nota una grande confusione nell’elettorato. Quel che è ancora peggio è il timore di un forte astensionismo, vista la situazione.
Eppure i Siciliani dovrebbero essere soddisfatti: il vessillo con la Trinacria su sfondo giallo e rosso è ancora lì, sventola dai pennoni dei balconi pubblici. Almeno la bandiera c’è, il resto?…