di Salvo Barbagallo
In Italia si riscontra molta indifferenza e disinteresse sulla questione del Referendum per l’Indipendenza della Catalogna, mentre il “caso” (a nostro avviso) dovrebbe essere particolarmente attenzionato. Innanzitutto perché una simile problematica prima o poi (è solo questione di tempo) potrà essere sollevata da diverse Regioni nel nostro Paese, dal Veneto alla Sardegna, dall’Alto Adige alla Sicilia, e anche primariamente perché in gioco ci sono i principi fondamentali della democrazia e i principi all’autodeterminazione quando richiesta da una comunità che ha tutte le ragioni per richiederla. Indifferenza e disinteresse sono due elementi gravi di un qualunquismo serpeggiante che può trasformarsi ed esplodere in maniera imprevedibile quando le condizioni della società vanno in crisi, così come, purtroppo sta accadendo senza che qualcuno pensi a rimediare e a trovare soluzioni adeguate.
In Catalogna è iniziato il countdown sullo scontro finale, a meno di 48 ore della chiamata al Referendum che il Governo spagnolo sta cercando di bloccare con tutti i mezzi che un Governo ha a disposizione, senza tenere conto dei fattori principali che caratterizzano una “vera” democrazia. La soluzione più logica (per chi non si intende di politica, cioè per l’uomo qualunque) sarebbe stata quella di non ostacolare i Referendum e registrare la volontà della collettività, e poi, a risultato elettorale espresso, prendere le misure consequenziali. Avere osteggiato l’iter referendario da parte di Madrid ha posto e sta ponendo sul tappeto meccanismi che possono provocare soltanto pericolosi estremismi.
Si sono già avute, infatti, avvisaglie (a dire il vero, più che “avvisaglie”) di introduzione di elementi destabilizzanti e deflagranti: l’arresto di alti esponenti del Governo Catalano, l’aut aut posto alle forze dell’Ordine che vede contrapposta la Polizia nazionale e i Mossos d’Esquadra, gli agenti della Comunità Catalana autonoma. L’avere il Governo di Madrid imposto ai Mossos di recintare i seggi elettorali già da domani sabato 30, vigilia del Referendum, ha sollevato allarmismi. Il capo dei Mossos d’Esquadra, Josep Lluis Trapero ha messo in guardia che questa decisione potrebbe provocare “conseguenze non desiderate e prevedibili rischi per la sicurezza dei cittadini e di alterazioni dell’ordine pubblico”. Lo stesso ministro dell’Interno catalano Joaquim Forn ha avvertito la pericolosità della situazione a seguito dello sbarco in Catalogna di migliaia di poliziotti spagnoli (si calcola che i due terzi dei reparti di tutta la penisola si stata mandata a Barcellona e dintorni) ed ha accusato il governo spagnolo di cercare di provocare disordini sull’intero territorio, affermando che “Vogliono provocare manifestazioni tumultuose e non pacifiche. La polizia viene con quella volontà, è evidente e lo vediamo ogni giorno”.
E questo è un altro aspetto della medaglia: potrebbe essere la “preparazione” di una repressione “preventivata”, tenendo conto che anche l’Unione Europea (apparentemente) stia sottovalutando la questione e all’appello del sindaco di Barcellona Ada Colau che ha chiesto una mediazione della Commissione Europea nella crisi catalana. sostenendo che il conflitto catalano non è una questione interna spagnola e deve essere affrontato nella sua dimensione europea, ha risposto che rispetta “l’ordine costituzionale della Spagna”. Come dire, un lavarsene le mani, evitando di entrare nel “merito” dello scontro.
Cosa può accadere in Catalogna da oggi sino a domenica? Sicuramente nulla di buono, poiché, a quanto hanno ipotizzato i mass media spagnoli, il premier spagnolo Mariano Rajoy, avrebbe messo in conto anche l’arresto del presidente Catalano Carles Casamajo Puigdemont pur di impedire le elezioni referendarie. Gli sviluppi, dunque, possono essere imprevedibili.