di Guido Di Stefano
Siamo convinti che non è stato definitivamente acclarato il “problema cronologico dell’uniformità delle date” con riferimento alle vicende evangeliche. Studi più o meno recenti anticiperebbero l’incontro tra Erode il grande e i tre re magi addirittura agli anni (da quattro a sette) “avanti Cristo”.
Inoltre per precisione storica bisognerebbe accertare l’avvenuta strage degli innocenti e l’eventuale entità della stessa e tenere altresì presente che, nel civilissimo occidente di allora, le ragioni (politiche e di potere) di stato (!) non “classavano” come particolarmente ignominiosa tale pratica scellerata.
Infine si tenga presente che la famiglia degli Erode aveva ascendenze arabe più che israelitiche e in ogni caso non erano (come si suole dire) ortodossi: il che potrebbe avere indotto gli antichi padri a calcare la mano nel racconto delle loro gesta, spesso criticabili.
Ciò premesso ci atterremo romanticamente al filone evangelico per l’alto valore morale e per la comparabilità qualitativa dei “racconti” e la trasferibilità degli stessi ai nostri giorni su scala planetaria.
Erode era senz’altro capace di ordinare la strage attribuitagli. Per questioni di potere aveva fatto uccidere anche i suoi figli tanto che a Roma l’imperatore ebbe a dire che era meglio essere i porci di Erode piuttosto che i suoi figli. Che ne abbia parlato solo il vangelo di Matteo e non gli altri due sinottici (Luca e Giovanni) potrebbe interpretarsi come un rifiuto del “politicamente corretto” dell’ex gabelliere.
Giuseppe era “uomo giusto “ davanti a Dio e davanti agli uomini. I pochi cenni alla sua esistenza lo presentano come uomo schivo e non esibizionista, eppure saggio e conosciuto dall’Egitto all’India. Tre re (senza regno terreno) andarono a rendergli omaggio con doni significativi: oro (da un sommo tesoriere?), incenso (da un sommo cerimoniere?), mirra (da un sommo curatore dell’intelletto?) E quando si rifugiò in Egitto non si trascinò dietro beni e tesori, quasi fosse certo di idonea ospitalità.
Era un modesto falegname o piuttosto un eccelso “fabbro” (dotto, scienziato, ecc.), nell’accezione dei tempi che furono? Poco importa in questa trattazione: Giuseppe e il suo pargolo “vissero”; Erode e i suoi “deliri” morirono.
Ora da circa un secolo spadroneggia un novello “Erode” che dispone senza alcuna inibizione della vita di quanti (popoli e/o governi) che osano mettere in discussione il suo “imperio” e la sua ricchezza. Un “Erode” atlantico (stavolta) che, come quello di allora (mediorentale), si avvale della complicità o quantomeno del silenzio dei “pastori” dello spirito oltre che dei troppi scherani di occidente e altrove.
E noi ci poniamo i relativi interrogativi.
Dov’è quel Giuseppe, uomo giusto, che salverà dalla tirannica strage gli innocenti (popoli e/o governi identitari)? È già prudentemente operante nella nostra epoca per pervenire a una vittoria definitiva senza eccessivi danni per l’umanità? Deve ancora sorgere? Dovremo ringraziare ancora una volta l’oriente? Chi si ricorderà degli insegnamenti di antichi maestri?
Forse qualcuno o meglio un “Giuseppe” (di fatto più che di nome) “uomo giusto” compirà quel silenzioso miracolo necessario per salvare l’umanità!