di Carlo Barbagallo
In Italia, in Sicilia, probabilmente ovunque, non ci sono “misteri” ma soltanto verità nascoste e ipocrisie palesi.
Il Capo dello Stato Sergio Mattarella ieri (12 dicembre) ha ricordato la terribile strage di Piazza Fontana avvenuta quasi mezzo secolo (12 dicembre 1960). Significative le parole del Presidente della Repubblica:
La atroce strage di piazza Fontana, a Milano fece irruzione nella storia repubblicana, provocando morti innocenti e sofferenze, sconvolgendo la coscienza civile del Paese, e proiettando sulla nostra democrazia l’ombra di una grave minaccia eversiva (…) Nel giorno della ricorrenza desidero esprimere solidarietà e vicinanza ai parenti delle vittime, ai loro discendenti, agli amici e ai tanti che negli anni ne hanno onorato la memoria con l’impegno civile, con la tenace ricerca della verità, con la testimonianza offerta ai più giovani (…) Il percorso della verità va perseguito per giungere a un traguardo atteso dai familiari e da tutti gli italiani (…).
La strage di piazza Fontana fu conseguenza di un grave attentato terroristico alla Banca dell’Agricoltura nel centro di Milano e provocò 17 vittime. Una miriade di processi con decine di imputati, l’ultimo processo iniziato il 24 febbraio 2000 a Milano, e vicenda conclusa con la sentenza della Cassazione nel maggio 2005, vide prima condannati all’ergastolo Delfo Zorzi (come esecutore della strage), Carlo Maria Maggi (come organizzatore) e Giancarlo Rognoni (come basista). Carlo Digilio ottenne la prescrizione del reato per il prevalere delle attenuanti riconosciutegli per il suo contributo alle indagini, mentre Stefano Tringali fu condannato a tre anni per favoreggiamento. Poi. cancellati i tre ergastoli (e ridotta la condanna di Tringali da tre anni a uno) e confermata la sentenza, dichiarando prescritto il reato di Tringali. Al termine il processo nel maggio 2005 ai parenti delle vittime sono state addebitate le spese processuali. La Cassazione, assolvendo i tre imputati, affermava che la strage di piazza Fontana fu realizzata dalla cellula eversiva di Ordine Nuovo capitanata da Franco Freda e Giovanni Ventura, non più processabili in quanto assolti con sentenza definitiva nel 1987. I lati oscuri della vicenda sono rimasti e, ancora oggi, si va in cerca della “verità”. Su questa strage sono stati celebrati dieci processi, con depistaggi, fughe all’estero di imputati, latitanze più che decennali, condanne, assoluzioni. Fino alla definitiva assoluzione, come detto, dei presunti esecutori, Delfo Zorzi, Giancarlo Rognoni e Carlo Maria Maggi.
Il giudice milanese Guido Salvini, che ha condotto l’ultima istruttoria in ordine di tempo su Piazza Fontana, durata dal 1989 al 1997, sulla base della quale si sono avute la condanna degli imputati in primo grado (30 giugno 2001) e la loro assoluzione in appello (12 marzo 2004) con conferma dell’assoluzione in Cassazione (3 maggio 2005), ha affermato:
L’assoluzione definitiva è stata pronunciata con una formula che giudica incompleto ma non privo di valore l’insieme delle prove raccolte. Sono esistiti in questa vicenda pesanti depistaggi da parte del mondo politico e dei servizi segreti del tempo. Però non è del tutto esatto che responsabilità personali non siano state comunque accertate nelle sentenze. Almeno un colpevole c’è anche nella sentenza definitiva della Cassazione del 2005. Si tratta di Carlo Digilio, l’esperto in armi e in esplosivi del gruppo veneto di Ordine Nuovo, reo confesso, che fornì l’esplosivo per la strage ed il quale ha anche ammesso di essere stato collegato ai servizi americani.
La strage della Banca dell’Agricoltura non fu la più atroce tra quelle che hanno insanguinato l’Italia, ma dette l’avvio al periodo passato alla storia in Italia come “anni di piombo”, anni di intrecci dove si sono intravisti le “ombre” di apparati di Stato, nazionali ed esteri, anni durante i quali (e fino ad ora) c’è stata la consapevolezza dell’occultamento della verità. Per Piazza Fontana così come, anche, per avvenimenti dimenticati (e volutamente ignorati) accaduti in Sicilia in anni precedenti, come la strage di Randazzo dove perse la vita Antonio Canepa, la strage di Portella delle Ginestre, la fine di Salvatore Giuliano.
Le commemorazioni servono a poco, oppure a molto, se si finisce con lo scoprire le ipocrisie.