di Aldo Coppola
A poche ore dall’anno nuovo le piazze d’Italia e di Sicilia sono agli ultimi preparativi per accogliere in piena allegra il 2018. Il pessimismo è vietato, i ristoranti fanno affari d’oro, la gente ha bisogno di distrazioni concrete che possano alimentare e giustificare l’indifferenza verso i grandi problemi che pesano sul Paese, su questa Isola il cui nuovo governatore vuol dare alla sua operatività il segno della discontinuità con il passato, ma si lascia sfuggire un nostalgico “lavorare e tacere” che di certo non smentisce le sue origini politiche. A Palermo, in piazza Politeama saranno Edoardo Bennato e la sua band a festeggiare l’arrivo del nuovo anno, a Catania tutto all’insegna di Vincenzo Bellini con un maxi spettacolo di luci, colori e musica diretti da Valerio Festi. E così via in tutte le piazze di questo Paese, l’Italia che fra poco più di sessanta giorni (il 4 marzo) sarà chiamato alle urne per eleggere i nuovi parlamentari che poi sceglieranno chi dovrà governare.
La crisi, la disoccupazione, la sottoccupazione, l’immigrazione forzata al pari dell’accoglienza, i militari italiani sparsi un po’ ovunque a difesa di interessi che non conoscono, i molti pericoli dietro l’angolo (eccetera) in queste ore non hanno asilo nei pensieri della collettività nazionale e regionale, sono tenuti fuori dalla porta e dalla mente. E forse a ragione: il cittadino “comune”, infatti, non potrebbe cambiare lo stato delle cose: non ha strumenti per farlo e, probabilmente, neanche la volontà. Si lascia ad altri il “potere” decisionale perché, in fondo, non è praticabile l’assalto alla “fortezza” della politica, almeno per come si presenta oggi.
I giovani che fuggono dall’Italia? Sono dei privilegiati, tutto sommato: lo possono fare, non sono “operai” ma “laureati” che possono avere talento da far utilizzare ad altri, non certo alla propria gente che si disinteressa di loro.
Giorni addietro Simona Brandolini sul “Corriere della Sera” faceva riferimento al tradizionale studio elaborato da Confindustria e Srm, Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, affermando: Per Confindustria la qualità e l’efficacia del sistema formativo del Sud sono «uno dei fattori di mancata competitività che pesa di più» come testimoniano i valori più bassi registrati nei test Invalsi, la percentuale più alta di giovani che lasciano gli studi, la percentuale più elevata di ragazzi che a quattro anni dalla laurea stanno ancora alla ricerca di un lavoro, la quota più bassa di adulti con livello di istruzione elevata e di giovani con istruzione universitaria. Perché? Perché gli atenei meridionali sono meno attrattivi di quelli settentrionali. Il punto è che questi dati testimoniano inesorabilmente che si è ancora molto lontani dall’abbattimento del disagio sociale. La maggior parte delle famiglie meridionali, infatti, giudica la propria situazione economica invariata rispetto al 2016. E appena tre mesi addietro l’indagine 2017 sull’occupazione e sugli sviluppi sociali in Europa (Esde) pubblicata dalla Commissione UE evidenziava che Quasi un giovane su cinque in Italia, nella fascia tra 15 e 24 anni, non ha e cerca un lavoro né è impegnato in un percorso di studi o di formazione. Si tratta dei cosiddetti Neet e il nostro Paese vanta uno dei tassi più alti d’Europa: 19,9% contro una media nel Continente dell’11,5%. Il report metteva in luce non solo le difficoltà che i giovani incontrano nell’affacciarsi al mondo del lavoro, ma anche tutte le conseguenze che questo comporta. Nel 2016, la disoccupazione fra i 15 e i 24 anni è stata al 37,8%, in calo rispetto al 40,3% del 2015, ma comunque la terza in Europa dopo Grecia (47,3%) e Spagna (44,4%) (….) i giovani hanno sempre più difficoltà nell’entrare nel mercato del lavoro e, quando ci riescono, si trovano spesso in forme di occupazione atipiche e precarie come i contratti temporanei, che possono comportare una minore copertura previdenziale (…).
È fine anno e il pensiero si indirizza soltanto alla programmazione delle ultime ore da trascorrere in piena spensieratezza e nella convinzione che sicuramente qualcosa cambierà, senza chiedersi, però, chi dovrebbe essere l’artefice del presunto cambiamento e per quale ragione il cambiamento dovrebbe provocare… In ogni modo, pessimismo vietato.