Fine Anno: paure inconfessate, tante incertezze e qualche speranza

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di Carlo Barbagallo

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In Italia l’aria delle festività è a pieno regime, se c’è “paura” per quel che riguarda l’imminente futuro che si apre a giorni con l’anno nuovo, questa non si avverte. La Francia teme ancora il terrorismo jihadista e ha mobilitato centomila agenti di polizia per il controllo dei centri più vitali, in Italia (assicurano le alte sfere) sono stati posti in moto tutti i meccanismi preventivi necessari.

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In Sicilia Agrigento ha impegnato 100 mila euro per collocare blocchi di cemento anti sfondamento agli ingressi del Parco archeologico della Valle dei Templi, sul lato del tempio di Giunone e su quello del tempio di Ercole per prevenire ipotetici attacchi criminali, mentre nelle grandi città vigilano pattuglie dell’Esercito: l’atmosfera post Natalizia e festaiola di fine 2017 sembra non risentirne. In Sicilia, location principale degli sbarchi dei migranti, nessuno crede all’eventualità di azioni omicide: il “vivere e lascia vivere” è di prammatica, anche se ciò (come si vuol far credere a tutti i costi) non significa “integrazione”, non significa “solidarietà” verso chi perigliosamente (o abusivamente) è riuscito a raggiungere l’Isola.

Paradossalmente con i tempi che corrono, per la Sicilia, in un certo senso, è un “momento magico”: meta preferita da turisti stranieri (anche Italiani), lo dimostra il boom dell’aeroporto di Catania che giorni addietro ha toccato i nove milioni di passeggeri, clima favorevole con temperature primaverili e niente pioggia. Sicilia con un nuovo Governo che si attende alla prova pratica di una equilibrata amministrazione della regione, passa in secondo piano la “fuga” dei 36 mila giovani in cerca di lavoro altrove, o le condizioni in cui versano coloro che subiscono il deprezzamento economico delle loro funzioni e capacità. Passano in secondo piano le fatiche delle forze dell’ordine nel loro quotidiano contrasto alla nuova malavita, quella dei ragazzi che spacciano droga: in queste giornate natalizie e di fine anno ogni cosa deve apparire luccicante e deve mantenere l’alone della festività.

Non si mostrano le paure, individuali e collettive, le incertezze e le stesse residue speranze che rimangono come fiammelle che rischiano di spegnersi al primo soffio di vento più violento.

Si chiude un anno e si chiude una legislatura nazionale, ma la collettività mostrerà ancora una volta il suo disinteresse verso chi andrà a governarla? Diserterà, sempre in maggiore percentuale, le urne? Forse questi interrogativi (da Gentiloni a Renzi, dalla Boldrini alla Meloni) chi si prepara alla competizione elettorale del prossimo 4 marzo non se li pone, forse perché è già pianificata la conclusione.

Il Terzo Millennio, nato all’insegna del terrore delle Torri Gemelle (già probabilmente dimenticato), ha portato anche l’indifferenza, una indifferenza che, purtroppo, è utile a quanti hanno in mente solo la conquista del potere, fortunatamente solo “temporale”, dimenticando che c’è un percorso comune al quale nessuno può sottrarsi. Solo questione di mesi o di anni, ma si finisce tutti nell’identico modo.

Questi giorni di festività, dunque, è giusto che vengano vissuti nel miglior dei modi: in fondo resta pur sempre valida l’espressione di Lorenzo de’ Medici del doman non c’è certezza, o dell’ancor più antico carpe diem di Orazio…

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