Chissà perché ci è venuto in mente il nome di Edward Luttwak nell’occasione della presentazione da parte del presidente Nello Musumeci della “squadra” del nuovo governo della Regione Siciliana. Forse perché qualche tempo addietro Luttwak aveva spontaneamente offerto la “ricetta” per fare uscire la Sicilia dal pantano in cui da decenni la “politica” l’ha immobilizzata. O forse perché il neo governatore Musumeci continua a battere sulla sua espressione preferita “Diventerà Bellissima”, convinto nella possibilità di un radicale cambiamento. O forse perché nel crogiolo del nuovo governo della Sicilia si potrebbero riscontrare (?) simpatie di antichi e dimenticati Regimi, o idee di inedite forme di indipendentismo, o di rinverditi impulsi massonici? Simpatie, idee o opinioni di certo non possono (e non devono) essere “censurate” soprattutto quando sono, appunto, “simpatie”, almeno fino a quando ci consideriamo un Paese “democratico”, e almeno fino a quando le simpatie restano tali. Perché, dunque, un richiamo a Edward Luttwak del quale si sono perdute da tempo le “tracce Siciliane”?
Ma intanto chi è Luttwak e cosa ha che vedere con la Sicilia? Chi è Edward Nicolae Luttwak? Basterebbe prendere le prime righe di Wikipedia per incominciare a darsi una risposta: Edward Nicolae Luttwak (Arad, 4 novembre 1942) è un economista, politologo e saggista romeno naturalizzato statunitense, conosciuto per le sue pubblicazioni sulla strategia militare e politica estera, esperto di politica internazionale e consulente strategico del Governo americano. Questo personaggio si dice che abbia lavorato e collabori ancora con la CIA. Luttwak da tempo ha casa a Bagheria e fa la spola con gli Stati Uniti d’America, ma in Sicilia (da tempo) è passato e passa (quasi) inosservato, qualche volta la sua presenza è stata segnalata a Sigonella, ma da un paio d’anni sembra essere scomparso.
Il “caso” Luttwak venne all’attenzione nell’estate del 2015 a seguito di una polemica insorta con Pietrangelo Buttafuoco e a seguito di un reportage di Enrico Deaglio sul “Venerdì” di Repubblica che parlava di questo personaggio, del perché “vivesse” in Sicilia e perché mantenesse la sua residenza in Sicilia, a Bagheria, un territorio che, fra le altre cose, appare spesso sulle cronache dei mass media per la presunta presenza del boss latitante Matteo Messina Denaro. È nell’intervista a Enrico Deaglio che Luttwak offriva ai Siciliani la sua ricetta per salvare l’Isola: Cosa diceva di “interessante” il politologo “made in Usa”? Ecco in che cosa consisteva la “ricetta”: “È semplice. Rialzando con orgoglio il loro vessillo indipendentista sanguinante, i siciliani si riuniscono in assemblea e dichiarano la loro separazione da Roma. Non vogliono più un soldo da chi li ha asserviti e distrutti. Il loro capo – che vedrei bene indossare un elmetto – prima di tutto dichiara che in ogni caso non vorrà essere rieletto, poi procede al licenziamento di tutti i dipendenti pubblici della Regione. Sarà riassunto solo chi ha intenzione di lavorare. Viene dato spazio all’iniziativa privata, al commercio, al turismo, alla cultura. Viene incoraggiato il co-investimento. Vengono ristrutturati i porti eliminando la burocrazia, viene alacremente costruito un hub portuale internazionale nella piana di Enna. L’isola non sarà più governata dalla mafia, dalla politica, dal Calogero Sedera, ma dai siciliani veri, compresi i suoi nobili, come ai tempi di Federico II. E di nuovo stupirà il mondo”.
Due anni addietro apparvero inquietati le parole di Edward Luttwak. Ci si chiedeva per conto di chi parlasse, e perché la sua presenza in Sicilia fosse diventata stabile (o quasi)? Sapevamo (e sappiamo anche oggi) che in questo scacchiere mediterraneo la Sicilia occupa un posto primario: la massiccia presenza militare USA ne era e ne è una facile dimostrazione. L’autorevolezza di Luttwak in merito alle questioni internazionali era ampiamente riconosciuta: alimentare la voglia d’indipendenza innata nei Siciliani poteva avere uno scopo?
Poi Edward Luttwak è scomparso. Oggi c’è un nuovo Governo alla Regione e ci sono tante “simpatie” per fare diventare “Bellissima” questa Sicilia: c’è da sperare o da disperare?
Vale la pena riportare alla memoria anche un articolo pubblicato due anni addietro da La Voce dell’Isola:
Sicilia, un’isola che serve
19 agosto 2015
di Salvo Barbagallo
La Sicilia è un’isola che serve. A tanti.
La Sicilia è stata, è, e resterà costantemente al centro di interessi internazionali, pochi Siciliani lo sanno, la maggior parte dei Siciliani ignora cosa accade a casa loro, vinti dall’indifferenza e dall’apatia per mancanza di strumenti validi per contrapporsi alle malefatte di una classe di governanti che non cura il benessere della collettività. C’è una voglia generalizzata di essere “indipendenti” che non riesce a emergere, anche se una serie di micro organismi associativi opera (maldestramente) per rinverdire un sentimento atavico che cova sotto le ceneri delle speranze bruciate. Non si tratta soltanto del represso desiderio di riscatto, ma della necessità di reagire che stenta ad affiorare per la mancanza di una “guida” credibile che sappia indirizzare verso una concreta progettualità di vero “cambiamento” che smascheri il continuo “mutamento” trasformista.
E’ un momento “interessante” quello che sta vivendo attualmente la Sicilia: potrebbe verificarsi nei Siciliani un imprevisto “risveglio” d’orgoglio che potrebbe trasformarsi in reale “pericolo” per coloro che vogliono mantenere l’Isola nelle condizioni in cui si trova da decenni. Un “risveglio” spontaneo sarebbe difficile da controllare, e la storia (dimenticata) ne ha dato prova, quando nel 1944 (Italia ancora in guerra, Sicilia occupata dagli angloamericani) esplose con oltre cinquecentomila iscritti la forza del Movimento per l’Indipendenza della Sicilia. Per annullare quella spinta spontanea furono necessarie repressioni, intrighi, omicidi e una (pseudo) concessione forzata di Autonomia. Certo, i tempi sono diversi, ma il timore (o il terrore) di un possibile risveglio in chi segue per professione (analisti politici e militari) le vicende siciliane, il timore (o il terrore) c’è. A fronte di questo timore (o terrore) quanti (analisti politici e militari) stanno studiando l’attuale situazione siciliana? E quanti preventivamente stanno programmando un piano per contrastare (o favorire) una eventualità del genere? Sono interrogativi che in pochi (?) si pongono, mentre per molti (?) i “wargames” sono pane quotidiano professionale. Ecco perché, a nostro avviso, l’intervista che Edward Nicolae Luttwak ha rilasciato a Enrico Deaglio ( su “Venerdì” di Repubblica) risulta inquietante.
Troppi elementi espressi da Luttwak nel contesto del colloquio con il giornalista fanno presupporre che l’esperto di politica internazionale e consulente strategico del Governo americano (e presunto uomo della CIA) abbia espressamente lanciato un sasso nello stagno: per smuovere le acque torbide, o con altra finalità? Siamo stati sempre convinti che nulla accade a caso, convinti anche che un personaggio come Luttwak non parli per semplice narcisismo, o tanto meno per fornire qualche elemento sul quale qualcuno possa soffermarsi a riflettere, o (ancora più superficialmente) per dare qualche indicazione di natura autobiografica. Su quest’ultimo aspetto (autobiografico), fra le righe dell’intervista a Deaglio, apprendiamo che il padre di Luttwak giunse a Bagheria nel 1943 a seguito (con quale ruolo?) delle truppe del generale Patton, per ritornarvi nel 1947 e intraprendervi attività commerciale. Bagheria – luogo dell’infanzia – è la cittadina dove attualmente Edward Luttwak risiede facendo la spola con gli Stati Uniti d’America. Queste “origini” del politologo già dovrebbero mostrare qualcosa. Cosa?
Sono alcuni flash nell’intervista che meritano attenzione. Luttwak afferma: “…io li ho vissuti i tempi dell’indipendentismo e del bandito Giuliano. Mio padre ci portava la domenica a prendere l’aria fresca a Montelepre…”. Edward Luttwak è nato ad Arad il 4 novembre del 1942: cosa ha vissuto dell’indipendentismo siciliano o di Giuliano? Ricordi? Forse il padre era addentro alle segrete cose?
Elementi biografici a parte, è la risposta che Luttwak dà alla domanda di Deaglio riferita agli USA – “E adesso la Sicilia è ancora la portaerei del Mediterraneo?” – che non convince e che potrebbe far mettere in discussione la sua buona fede: “No. Finito. Gli Stati Uniti si sono disimpegnati dal Mediterraneo e dal Medio Oriente, gli interessi americani oggi sono in Asia. Si, certo, resta la base di Sigonella. Che poi non è così importante…”. Ma Luttwak chi vuol prendere per i fondelli?
Una buccia di banana, o un maldestro tentativo di disinformazione quest’ultima affermazione? No, forse qualcosa d’altro… Edward Luttwak non scivola su bucce di banane e se vuol fare disinformazione lo farebbe senza che qualcuno se ne potesse accorgere.
Analizziamo questa frase in alcune sue parti. “…Gli Stati Uniti si sono disimpegnati dal Mediterraneo e dal Medio Oriente…”: affermazione eclatantemente bugiarda e volutamente falsa. Perché? Di certo non per farsi dire che è ignorante: Luttwak ignorante non è! Allora?
“… Si, certo, resta la base di Sigonella. Che poi non è così importante…”. Stessa osservazione di prima: quanto afferma Luttwak è eclatantemente bugiardo e volutamente falso. Perché? L’importanza della Naval Air Station USA di Sigonella è nota in tutto il mondo: oltre a essere il più grande deposito di materiale bellico statunitense in questa parte del globo, e punta avanzata del sistema difensivo USA nel sud, ha in attività al suo interno i micidiali Global Hawk (i droni senza pilota fortemente armati), ha in allestimento a pochi passi, a Niscemi, il temibile MUOS (il più moderno sistema elettronico mondiale di controllo delle comunicazioni e altro), resta sempre la base di approvvigionamento della Sesta Flotta di stanza nel Mediterraneo dal dopoguerra ad oggi.
Ma Luttwak sa bene che la presenza USA non è circoscritta a Sigonella e Niscemi: c’è la base navale di Augusta dove i lavori segreti per allargare i depositi di armi (anche nucleari?) non finiscono mai, ci sono tante altre installazioni USA sparpagliate nei posti più impensati della Sicilia. Perché, dunque, Edward Luttwak sminuisce (apparentemente) presenza e interessi USA in Sicilia e, poi, suggerisce una possibile secessione dell’isola?
La Sicilia è un’isola che serve, che è indispensabile agli americani. Se Edward Nicolae Luttwak suggerisce qualcosa (a chi?) sicuramente non lo fa per proprio tornaconto. E’ un discorso che porta lontano, riflessioni che meritano ulteriori approfondimenti. Come lo stesso luogo dove risiede, Bagheria…