Libia, Tunisia, Sicilia, migranti: nodi non sciolti

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di Salvo Barbagallo

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Memoria corta? No, di certo, forse solo insipienza. Chi ha ruoli di responsabilità ha il dovere di non tralasciare importanti questioni insolute e “inosservate”, ha il dovere di far di tutto per trovare soluzioni adeguate e, soprattutto, condivise. Così non sta accadendo per tante (molte) situazioni che pesano sulle collettività nazionali e regionali, approfittando dell’indifferenza che (purtroppo) sovrasta le stesse collettività verso problematiche che le toccano direttamente o indirettamente.

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La “questione Libia”. Dall’eliminazione del “dittatore” Gheddafi questo Paese è rimasto nel caos, Fayez Muṣṭafā al-Sarrāj Presidente del Consiglio Presidenziale e Primo ministro del Governo di Accordo Nazionale della Libia formato in seguito all’accordo di pace del 17 dicembre 2015, governo riconosciuto dall’Onu, non ha (a quel che risulta con evidenza) rispettato i diversi accordi stipulati con l’Italia sulla delicata questione del flusso dei migranti diretti in Italia, via Sicilia. I migranti continuano ad essere raccolti nelle acque del Mediterraneo, finiscono in Sicilia e in questo territorio isolano principalmente stazionano in forma stabile “fluttuante” o nei cosiddetti centri d’accoglienza, o sparpagliati senza controllo. Libia che rimane un Paese a rischio, dove passa per atto che rientra nella “normalità” l’ultimo assassinio, quello del sindaco di Misurata Mohamed Eshtewi, attribuito alle le milizie islamiste della città che in diverse occasioni lo avevano sollecitato a dimettersi dal governo di unità nazionale. Due giorni addietro (17 dicembre) sono scaduti gli accordi siglati nel 2015 per la creazione di un governo d’unità nazionale in Libia: l’iniziativa dell’ONU patrocinata da Washington e Londra, ma nessuno ha sollevato il velo sul fallimento dell’iniziativa che non ha riappacificato la Libia, e vista la conclusione fa nascere il sospetto che sia servita soltanto  a tenere in isolamento l’altro governo (laico-nazionalista) quello di Tobruk, sostenuto da Egitto e Russia. I mass media (nessuna meraviglia) hanno ignorato la scadenza degli accordi, nessuno sembra porsi l’interrogativo di cosa accadrà come seguito alla vicenda, la tematica “migranti” viene posta in luce soltanto quando si tratta di contare le vittime che restano in fondo al mare nella perigliosa traversata Libia/Sicilia, per quanti riescono a raggiungere la Sicilia il silenzio più totale sui (presunti?) controlli.

La “questione Tunisia”. Silenzio anche sugli “sbarchi fantasma”. Il naviglio con “migranti” proveniente dalla Tunisia, sistematicamente e senza interruzione di continuità, approda sulle coste di Agrigento e Trapani: i fuggitivi (?) si disperdono sul territorio con “presunte” complicità.

La “questione Sicilia”. Non esiste una “questione Sicilia” sui migranti, almeno in apparenza. Di migranti, in fondo, per le vie principali, delle principali città siciliane (d Catania a Palermo) se ne vedono ben pochi nelle “movide” di questi giorni natalizi, tanto pochi che c’è chi si chiede in quali zone urbane vanno a risiedere e se fra loro possa camuffarsi qualche jihadista in fuga. Ma come non si vedono migranti per le arterie addobbate a festa, non si vedono neanche misure antiterrorismo, o particolari misure di controllo locale, tant’è che anche vetture “private” possono circolare tranquillamente per le strade chiuse al traffico senza che qualcuno le blocchi.

Tanti, dunque, i nodi che dovrebbero essere sciolti: ci si chiede, però, chi dovrebbe scioglierli?…

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