di Guido Di Stefano
Prendiamo spunto da qualche dipinto visibile nella chiesa di San Nicolò a Randazzo, pervenuto a noi perché probabilmente qualche illuminato prelato lo occultò agli occhi dei “cancellatori” (espressione dei poteri dominanti) del 18° secolo, di cui nessuno parla a parte qualche voce isolata e “temeraria”. Rende bene l’idea dei crimini che noi Siciliani abbiamo dovuto sopportare per volontà estranee e ostili di potenti esterni. Peso delle crociate, crociate contro di noi, inquisizioni:di tutto abbiamo patito noi e con noi (e per noi) anche i nostri “potenti” locali (quando dissenzienti) . Aggressioni e violenze ripetutamente appellate “sante” ma che di santo non avevano niente ma erano generate dall’insaziabile bramosia di denaro e di potere.
Sappiamo pressoché nulla sul tempo. Dubitiamo che sapremmo rispondere qualcuno ci provocasse e aspettasse esaurienti risposte in merito alle semplici e sempre attuali argomentazioni: 1) la sostanza che compone il tempo (Marcel Proust); 2) la velocità del tempo; 3) la direzione (e il verso) del tempo; 4) le umane possibilità di consapevole (razionale e responsabile) interazione o, peggio, di criminale manipolazione.
Magari sorriderete leggendo quanto sopra! Allora torniamo un poco indietro alle nostre “immediate” radici culturali. Nelle porzioni di cultura greca obliata si incontrano tre nomi o meglio tre definizioni del tempo: chronos, aiòn, kairòs. I Greci vedevano lo scorre lineare del tempo ma non si fermavano al fatto puramente fisico. Andavano oltre l’apparenza, ne specularono anche la trascendenza e ne concepirono l’eterno divenire. Insomma quello che non ha ben recepito il nostro occidente è il tempo universale dai molteplici volti e “comportamenti” conseguenti alla coesistenza e sovrapposizione di passato, presente e futuro in una eterna ciclicità. Anche per i Romani “essere” (presente) diventa (o genera) futuro quando anch’esso è diventato futuro, futuro che può essere una riedizione del passato.
Ricordiamo l’antico detto, attribuito a Salomone ma a lui anteriore, che recita: “Quello che è stato fatto è quello che sarà fatto; quello che è stato è quello che sarà: non c’è niente di nuovo sotto il sole” .
Questa è (pur se tradita) l’essenza della nostra cultura “mediterranea”.
Complice una scienza senza coscienza tutto l’occidente si è lanciato in una folle corsa verso un futuro sempre più aleatorio, fondato su un presente “arido, fatuo ed evanescente”, dannato dalla manipolazione e/o incenerimento del passato. E’ stato squassato un ”continuum” inarrestabile e noi ci troviamo ora proiettati nel peggiore dei passati, dei più grandi crimini “sminuiti e sottostimati”: crociate e inquisizioni.
Sono quotidiani gli anatemi: il dissenso dal pensiero unico è eresia in ogni tempo, oggi come ieri o peggio; i dissenzienti sono malvagi e disumani; i dissenzienti vanno contenuti, arrestati, denunciati, castigati; i dissenzienti sono “tarati” e quindi (dissentiamo civilmente) vanno cacciati nelle fogne e , se possibile, esiliati o eliminati!
Intanto in attesa dei roghi e delle esecuzioni sommarie si cerca di “ridurli al silenzio” con le macchine (o algoritmi) della verità e con le piogge di querele.
Non parliamo di medio evo perché la caccia alle streghe in occidente si protrasse ufficialmente fino al 18° secolo; ma in effetti non è mai finita perché l’occidente è incline a creare e demonizzare sempre nuove streghe: perché l’occidente per influssi d’oltre mare e oltre oceano sta bruciando le sue radici culturali, trascinando “obtorto collo” anche noi Siciliani. Parliamo di tutti i lunghi scellerati periodi che hanno portato devastazioni alla Sicilia per volontà dei poteri “terreni e celesti” , periodi definibili “momenti di incontro” nel perseguire e “spoliare” la “colonia degli isolani” in una sodale comunione di intenti e dii profitti.
Ogni tanto qualche “traccia” sopravvive per rimembrare ai posteri, a noi posteri i fasti e le miserie del passato.
Ecco a voi le foto di due dipinti, dono per noi e per voi di sensibili giovani Siciliani di Randazzo: 1) iniquo processo e la paranoica condanna di un alto prelato (senz’altro dissenziente), opera tenuta sapientemente occultato all’interno della stessa chiesa da qualche prelato “umano”; 2) san Michele arcangelo, con la sua immancabile spada (non fiammeggiante però).
In entrambi noi ravvisiamo “tratti” comuni e (forse) non proprio misericordiosi oltre alle evidenti scelte “visibili” o “intravedibili” che sembrano accomunarli e invitano a uno studio “parallelo”.
Si fronteggiano quasi dovessero insieme trasmettere un unico grande messaggio che travalica il tempo e lo spazio. Noi siamo agitati da congetture e sensazioni tumultuose osservandoli. Cerchiamo di essere freddi e razionali ma ansia e tormenti non ci abbandonano. Chissà magari un giorno persone più competenti, con l’ausilio di attrezzature e documenti più confacenti, innamorati delle nostre divine lande, innamorati della memoria, della verità, della vita riusciranno a decifrare il messaggio e ci restituiranno la luce e l’orgoglio sottrattici ripetutamente.