di Luigi Asero
La Sicilia da sempre è fulcro dell’area Euro-Mediterranea. La sua posizione geografica unita alla cultura millenaria derivante dalla fusione di tante “dominazioni” o per meglio dire di tante popolazioni ospitate, fa di quest’Isola un fulcro di energie.
Di questo sono ben coscienti gli “amici” d’oltre Oceano che ne hanno fatto presidio stabile con le loro basi militari qui installate proprio a presidio dell’area Euro Mediterranea. Spesso ci siamo lamentati di ciò, e in qualche modo continuiamo a farlo, ritenendo la presenza di queste basi militari (da Sigonella al Muos di Niscemi) una sorta di “occupazione militare” con l’aggravante del placet romano (e non solo). Occupazione avvenuta a seguito di indicibili “patti” alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Patti che furono stabiliti con una durata pari a settant’anni. Patti quindi ormai scaduti e dai quali si deve oggi ripartire.
Ripartire come? Ecco, questo diventa il sogno, il nostro sogno, per il 2018.
La Sicilia può oggi, con la sua cultura, con le sue menti, con la sua voglia di affermare pacificamente la sua centralità nell’area Euro Mediterranea, farsi promotrice di un “tavolo di discussione” attraverso il quale lanciare proposte concrete per raggiungere nuovi equilibri affinché la drammatica crisi (identitaria innanzitutto) che tutta l’area sta vivendo possa ridimensionarsi trovando il giusto compromesso capace di soddisfare la sete di giustizia dei popoli e la necessaria nuova Identità (che non deve, per nessuno, significare abbandono delle proprie radici).
Farlo non è certo facile, ma è necessario affinché il Mediterraneo, il Mare Nostrum, non diventi la polveriera “finale” di questo mondo che sembra avviarsi verso l’Apocalisse.
No, non stiamo parlando di ipotetiche “profezie” di tipo fanatico-religioso, ma di concreti rischi per un’area che da troppi decenni ormai soffre un periodo di gravissime “turbolenze”. La Sicilia, riteniamo, ha le carte in regola per porsi quale interlocutore serio e affidabile tanto verso il nord Africa quanto verso l’Europa. E, “utopia nell’utopia”, a farlo dev’essere quella parte di società che non si occupa di politica, ma che ha l’intelligenza e la volontà di impegnarsi in questa battaglia. Coinvolgendo soltanto dopo la politica attiva.
Farlo è forse una scommessa, riuscirci è forse un’utopia. Rinunciarci però sarebbe soltanto follia.