di Salvo Barbagallo
Chissà perché in tempo di campagna elettorale, prima o poi, ci si rivolge ai giovani. Lo ha fatto il Capo dello Stato Sergio Mattarella nel suo discorso di fine anno, lo fa ora anche Emma Bonino (in un’intervista su Vanity Fair, riportata da Huffinghton Post) con una frase che, sicuramente, lascerà il segno: “Cari ragazzi italiani, voi non siete stati bravi a nascere in Italia. Non siete stati talentuosi a vivere in una famiglia che vi compra i vestiti e vi manda a scuola. Avete avuto solo fortuna. Il minimo che possiate fare è assumervi qualche responsabilità, compresa quella di votare (…)”.
Il Capo dello Stato Sergio Mattarella era stato più che incisivo in merito ai giovani: ” (…) In questi mesi di un secolo fa i diciottenni di allora – i ragazzi del ’99 – vennero mandati in guerra, nelle trincee. “Molti vi morirono. Oggi i nostri diciottenni vanno al voto, protagonisti della vita democratica. Propongo questa riflessione perché, talvolta, corriamo il rischio di dimenticare che, a differenza delle generazioni che ci hanno preceduto, viviamo nel più lungo periodo di pace del nostro Paese e dell’Europa. Non avviene lo stesso in tanti luoghi del mondo (…)”.
Di certo non si può non riconoscere ai due illustri protagonisti di tante vicende politiche del nostro Paese il senso del “dovere” nel “richiamo” ai giovani, ma la nostra opinione (che ovviamente e come sempre quando esprimiamo “opinioni”, può essere errata) è che questi “richiami” non solo arrivano tardivi, ma che possano ottenere reazioni opposte agli intendimenti delle “frasi” citate.
Emma Bonino, infatti, fa riferimento (indirettamente, di certo…) ai “doveri” che una famiglia ha nei confronti dei “figli” che può avere a carico, ignorando (in buona fede, di certo) che se le famiglie non ottemperassero a quei “doveri” lascerebbero i propri figli non soltanto in preda alla disperazione, ma probabilmente a “delinquere” nella necessità di sbarcare il lunario. Se manca il lavoro – e il lavoro come (in difetto) dimostrano le statistiche non c’è – cosa dovrebbero fare quei “ragazzi fortunati” esclusivamente perché sono “nati in Italia”? Forse sarebbe più opportuno dire che l’Italia è fortunata avendo genitori che suppliscono alle carenze di uno Stato che normalmente ai giovani volge lo sguardo con tanta, tanta superficialità, e avendo politici e governanti che si ricordano dei giovani (quasi) sempre in prossimità di una competizione elettorale.
I nostri diciottenni vanno al voto e non alla guerra come cento anni fa? Beh, troppo facile affermare che questo non è proprio merito dell’Italia e di chi l’ha governata dalla seconda guerra mondiale ad oggi. Si dimentica, fra l’altro, come l’Italia partecipi con suoi soldati (anche questi giovani e. ovviamente, in nome della “pace”) a missioni militari all’estero, che produce armi utilizzate in molti attuali conflitti, e che permette una sorta di occupazione del territorio da parte di forze belliche straniere in nome di alleanze che non tutta la collettività nazionale condivide.
Caspita, che fortuna (!) essere nati in Italia! E quanti sono nati in Sicilia e nelle altre regioni del profondo Sud? In quel profondo Sud dove i genitori di quei giovani che dipendono da loro, sono sicuramente in condizioni meno privilegiate di quelli del nord? Anche quei giovani sono da considerare “fortunati”?
Beh, se si scambiano i “sacrifici” per “fortuna”, non c’è che dire e da aggiungere altro… Forse chi sta in alto dovrebbe riflettere, prima di parlare e, magari, farsi un bell’esame di coscienza.