A sette giorni dal voto, in piazza cortei senza violenza

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di Salvo Barbagallo

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Chi temeva o “sperava” il peggio per le manifestazioni di opposte “colore” politico programmate nella Capitale e in diverse città d’Italia, probabilmente si è meravigliato nel constatare che nulla di grave sia accaduto. Certo, qualche tafferuglio a Milano c’è stato, ma tutto in una “contenuta”  norma “goliardica” di scontri, forse per salvare la faccia. Eppure la situazione alla vigilia della domenica (24 febbraio 2018 Anno Domini) non si presentava sicuramente facile e l’ampio dispiegamento di forze dell’ordine dimostrava che la tensione era veramente alta. I facinorosi (da una parte e dall’altra) sono stati presi da un raptus di “buon senso”? È prevalsa la “ragione” sull’intolleranza? Gli (pseudo?) neofascisti sono “tornati nelle fogne” intimoriti dagli slogan urlati dai militanti dei Centri sociali? La grande partecipazione (oltre centomila persone?) alla manifestazione romana antifascista ha dimostrato incontrovertibilmente che l’Italia è un Paese dove la “democrazia” non si tocca e guai a chi la tocca? Lo confessiamo: non sappiamo valutare pienamente  le condizioni che il nostro Paese sta vivendo a sette giorni dalla consultazione elettorale per il rinnovo del Parlamento e del Governo nazionali.

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Indubbiamente ha suscitato perplessità la decisione del gip del Tribunale di Palermo Roberto Riggio di rimettere in libertà due degli aggressori arrestati per l’aggressione del segretario provinciale di Forza Nuova, Massimo Ursino, dopo che la Procura aveva contestato il reato di tentativo d’omicidio: il giudice Riggio ha derubricato il reato in lesioni gravissime e ha disposto il divieto di dimora a Palermo e in provincia e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e non la custodia cautelare in carcere, come chiesto dall’accusa. Forse un voler buttare acqua sul fuoco per non far divampare un incendio di proporzioni incontrollate. Ecco, forse il “buon senso”, in quest’ottica, sta prevalendo fra tutte le parti che, da “protagoniste”, si sono affacciate sulla scena delle ultime settimane pre-voto.

O forse c’è una “regia” molto sofisticata che sa bene quando dare un colpo all’acceleratore o un colpo al freno. No, non siamo “amanti” delle teorie del complottismo, ma gli avvenimenti che si sono susseguiti nell’ultimo periodo di questa attuale “storia” italiana ci hanno ricordato (e lo abbiamo scritto a chiare lettere) le strategie adottate in un non lontano passato, molto simili al “preludio” degli Anni di piombo. E se c’è stata (o c’è ancora) una “regia” (“sofisticata” e “adeguata” ai tempi”) probabilmente si è resa conto che l’accelerazione degli atti criminali di piazza poteva essere controproducente alle finalità programmate. Solo ipotesi campate in aria, le nostre; solo voli di fantasia che mostrano la preoccupazione del cittadino comune, quello non impegnato a cantare “soffia il vento” o “faccetta nera”, del cittadino comune che non comprende i presunti rigurgiti neofascisti, né le reali violenze opposte.

La partita pre-elettorale, comunque, non si è ancora conclusa. Siamo convinti, fra l’altro, che appena concluso  questo gioco se ne aprirà un altro subito dopo che dipenderà dal risultato della consultazione del prossimo 4 marzo.

Dunque un “gioco” ne alimenterà un altro, e così via. Questa è l’Italia di oggi dove il “cittadino comune” ha poca voce in capitolo e il “tutto” è nelle mani di pochi.

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