In un Paese, l’Italia, dove ogni giorno si commemora, si ricorda, si condanna, si esalta (a seconda dei punti di vista) qualsiasi “tipo” di ricorrenza, l’anniversario (il settantesimo) della “nascita” dello Stato di Israele è passato ignorato o quasi: l’antisemitismo è un veleno che scorre ancora (purtroppo) nelle vene di una moltitudine (quella Italiana) che gradualmente sta perdendo la sua identità e, di converso, non ama riconoscere quanti difendono la loro identità, attribuendole un grande valore. Un valore inestimabile.
Lo Stato d’Israele venne proclamato dal leader David Ben Gurion il 14 maggio 1948 ed è ufficialmente entrato nelle sue funzioni l’indomani, il 15, quando, alla mezzanotte, le truppe britanniche si ritirarono definitivamente dal territorio a conclusione del precedente mandato. Lo stesso giorno gli eserciti di Egitto, Siria, Libano, Iraq e Transgiordania, attaccarono Israele: l’offensiva venne respinta dal neonato esercito israeliano e le forze arabe vennero costrette ad arretrare. La guerra terminò con la sconfitta araba nel maggio del 1949, dando origine a quella che resterà la causa degli scontri successivi: più di 600.000 profughi palestinesi. Israele è stato costretto a scontrarsi con gli Arabi, nel 1956, 1967 e 1973. Dopo l’ultima guerra una fase di trattative fra Israele e l’Egitto, che ottenne la restituzione del Sinai, conquistato da Israele nel 1967. Non è mai cessato il conflitto tra Israele e il mondo arabo, che ha continuato a non riconoscerlo come Stato, così come sono continuate le trattative alla ricerca di un modus vivendi tra israeliani e palestinesi, interrotte periodicamente da atti di violenza contro il giovane Paese.
La prima cosa che fecero i Paesi arabi confinanti quando Israele dichiarò l’indipendenza fu attaccarlo. Da allora prosegue una condizione di conflittualità permanente che ha vissuto un momento cruciale nel 1967, con la guerra al termine della quale Israele allargò i propri confini su territori strappati alla Siria, alla Giordania e all’Egitto. Negli ultimi 50 anni più volte sono state immaginate “road map” verso una soluzione del conflitto mediorientale e il cosiddetto processo di pace è stato più volte intrapreso e altrettante volte interrotto, dopo l’accordo di pace del 1979 con l’Egitto – il primo di Israele con un paese arabo – e quello con la Giordania nel 1994. Un accordo raggiunto dopo la storica stretta di mano tra Yasser Arafat e Yitzhak Rabin nel settembre del 1993 che sembrava aprire la strada alla pace ma che si rivelò effimera e illusoria. Oggi il primo ministro israeliano Netanyahu vanta legami rafforzati con paesi come l’India, la Cina e la Russia oltre che con Paesi arabi cosiddetti moderati come l’Arabia Saudita e altre nazioni del Golfo che condividono le preoccupazioni di Israele sul vero nemico giurato che è l’Iran sciita degli Ayatollah. L’Arabia Saudita ora consente voli tra Israele e India per utilizzare il suo spazio aereo. Ma senza una soluzione della questione palestinese, queste buone relazioni formali rimangono assai fragili.
Oggi una delle caratteristiche principali d’Israele è l’esser una democrazia in continua evoluzione, fondata da leader che democrazia non conoscevano e affermatasi come tale senza passare per fasi di rivoluzione o colpi di Stato. Una democrazia che deve affrontare quotidianamente prove cruciali: la minaccia iraniana ai confini del nord, la guerriglia terroristica di Hamas e un nuovo Medio Oriente del quale si sconosce quasi tutto. Così anche la grande prova dell’integrazione delle minoranze che sono cresciute ai margini della società, rivendicando autonomia (come gli ortodossi haredi, i musulmani e i cristiani), le cui giovani generazioni chiedono nuove politiche di inserimento sociale.
È in un clima apparentemente surreale che Israele ha festeggiato i suoi primi 70 anni.
Il Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello, alla vigilia dell’anniversario ha dichiarato: “Stiamo organizzando una vera e propria festa per ricordare la fondazione dello Stato d’Israele. Sono cambiate tante cose e a settant’anni di distanza questa è un’occasione per riflettere, per ricordare ovviamente le nostre radici, le nostre tradizioni, ma soprattutto condividere con la cittadinanza i valori, il modello e l’esempio di Israele”.
Ecco. I 70 anni di Israele dovrebbero costituire un monito e una “vera” occasione per riflettere. Riflettere su ciò che Israele rappresenta oggi, e ciò che ha rappresentato ieri: un’occasione per non dimenticare.