di Valter Vecellio
Mattarella, guanto di velluto, pugno di ferro.
E’, insieme, un ‘ABC Player’ e un’Anna Kournikova. Ma, anche, un’ ‘A-Game’. Nel ‘linguaggio’ del poker, ‘ABC Player’ è uno stile di gioco prevedibile. Con AK (Anna Kournikova) si intende la cosiddetta ‘tennista’, ‘è bella da vedere, ma vince raramente’. L’’A-Game’ sta per partita di alto livello.
L’’ABC Player‘ è la partita che si è giocata (e si gioca) tra Quirinale e gli altri ‘Palazzi‘ di più o meno potere: con mosse, negli ultimi giorni, assolutamente prevedibili e scontate. L’ ‘AK‘ è l’Italia (e i suoi poveri abitanti): bella, appunto, ma destinata a quasi sempre perdere. L’’A-Game’ si giustifica perché la partita, al di là dei giocatori (ad esclusione del Presidente Sergio Mattarella), nella generalità inadeguati, è ad altissimo livello per le indubbie implicazioni ‘interne‘ e internazionali. Per riassumere quello che accade in queste ore, si può dire che il gioco si fa duro. Peccato solo che non ci siano duri (ad eccezione di Mattarella) che sappiano, possano, vogliano giocare.
Il lettore sa quello che è accaduto e accade, non c’è alcun sugo a tediarlo con un bla-bla che può agevolmente trovare un po’ ovunque, e che da giorni lo ammorba. Lo scontro istituzionale è durissimo e inusuale: da una parte il Quirinale; dall’altra due partiti, la Lega di Matteo Salvini, e il Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio, che hanno, insieme, i numeri per formare un Governo, ma che sono un centauro posticcio: cementato solo da un incontenibile desiderio di varcare la soglia di palazzo Chigi. Si è creata così una pericolosa e inquietante crisi istituzionale, che per poco non è sfociata in una vera e propria bancarotta istituzionale; e se non siamo per ora precipitati nel baratro, lo si deve alla barra tenuta saldamente, lo si ripete, da Mattarella. Da una parte il senso di responsabilità istituzionale e la lealtà ai valori costituzionali; dall’altra, una sorta di avventurismo frutto di un egoismo di parte.
Ma conviene cercare di comprendere quello che nelle prossime ore accadrà. La situazione ha raggiunto un livello che può solo portare ad elezioni anticipate che presumibilmente, e salvo colpi di scena difficili da immaginare, avranno luogo entro il 2018.
Sulla carta (i risultati veri, chissà), vincitore in ogni caso risulta Salvini: ha si scassato il centro-destra; ma si accinge a egemonizzarlo. Per questo la sua campagna anti-Europa, anti-immigrati, e una linea riassumibile in ‘chi sbaglia paghi con i dovuti interessi’, avrà un crescendo. Sarà infarcita di roboanti affermazioni, di promesse lunari, ma avranno presa. Sul ‘carroccio’ saliranno in tanti, assai di più di quanti già non ci si siano già aggrappati. Non avranno vita facile i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Anche lei sarà costretta a strillare, e già i primi acuti si odono distintamente. Silvio Berlusconi dovrà gioco forza indossare i panni del ‘moderato‘; ma lo farà unicamente per mettere da parte le sue ‘imprese’, la ‘roba’ intesa in senso verghiano.
Il Partito Democratico è quello che versa in acque più difficili da navigare. Un Matteo Renzi ingombrante e non domo, nonostante le sette sconfitte consecutive; e un gruppo dirigente inesistente, senza proposta politica, capacità di attrazione, privo di visione politica; orfano di strategia e di tattica la più elementare. Insomma: un partito in liquidazione.
Resta il Movimento 5 Stelle. Ecco, qui forse si registra uno sconfitto vero: Di Maio. Il suo disegno di entrare a palazzo Chigi non importa quale prezzo da pagare, è sostanzialmente fallito. Per ora Di Maio è sostenuto da Davide Casaleggio e dall’apparato Rosseau. Fino a quando? E’ noto il malumore e lo scontento di Beppe Grillo, di Alessandro Di Battista e degli altri ‘ortodossi’ del movimento grillino. Attendono Di Maio al varco, per disarcionarlo.
Questa è la scena, assai più appassionante, interessante (e anche deprimente, beninteso) di tutti i retroscena che in queste ore vengono offerti. C’è poi, come s’è detto all’inizio, il fattore AK: le cancellerie d’Europa, gli investitori, l’impresa, le Borse, hanno tutte le ragioni per essere preoccupati e inquieti. Possiamo protestare quanto ci pare per i giudizi impietosi della stampa straniera, e lamentarci per le offese. Ma andiamo alla carne della questione: le loro analisi, i loro ‘rimproveri’, la loro sfiducia, il loro scetticismo, sono davvero infondati? Chi scrive non si sente di dirlo e di affermarlo.