Appena 24 ore addietro sulle pagine di questo giornale veniva scritto “Mediterraneo dimenticato….”, sottolineando l’immagine di una Italia dalla memoria labile, di una Italia che dimentica o, più semplicemente, che è indifferente ai problemi che si conoscono in riferimento a quanto accade d’importante nell’area nella quale si trova, cioè in quell’ex Mare Nostrum che resta scenario di eventi importanti. In altri articoli, per esempio in quello pubblicato il 16 gennaio scorso, in un altro articolo dal titolo “Quella strana Italia nel Mediterraneo dove naviga la Sicilia”, si faceva notare che è Una strana Italia, questa che vuol navigare nel Mediterraneo e, nello stesso tempo, vuol primeggiare in Europa, aspirando a sedersi al tavolo dei “potenti” per negoziare su interessi che la collettività non conosce. E poi ancora (ma sempre come “esempio” perché l’elenco degli articoli è fin troppo lungo) già un anno prima (il 31 agosto 2017) scrivevamo, titolando “Putin, Trump, il Mediterraneo: squilibri del terrore”, Siamo abituati a leggere o a discutere di ciò che accade nel Mediterraneo quasi sempre in riferimento all’annosa e critica questione dei migranti e del loro ininterrotto flusso verso la Sicilia, flusso più o meno favorito e alimentato per inconfessabili e sconosciuti interessi di diversi Paesi. Altri interessi gravitano nell’area del bacino del Mediterraneo, tanti da far stazionare in forma stabile potenti Flotte militari dei principali cosiddetti Paesi leader del mondo, Stati Uniti d’America e Russia, con un dispendio economico sicuramente elevatissimo. Ed ancora, ancora (eccetera, eccetera) un anno prima, il 13 giugno del 2016, in un servizio dal titolo “Replay: la Sicilia nel Mediterraneo mare affollato”, mettevamo in evidenza che Sono almeno cinquanta le navi militari degli Stati Uniti che in queste ore navigano nel Mar Mediterraneo. Fra queste la portaerei classe Nimitz USS Dwight D. Eisenhower (CVN-69) che trasporta i nove squadroni del Carrier Air Wing 3 e del Destroyer Squadron 26, il sottomarino d’attacco classe Los Angeles, gli incrociatori classe Ticonderoga, USS San Jacinto ed USS Monterey e le cacciatorpediniere classe Arleigh Burke, USS Mason, USS Nitze, USS Stout e USS Roosevelt e il supporto logistico (circa venti unità). A questa micidiale forza navale bisogna aggiungere lo schieramento in rotazione delle cacciatorpediniere classe Arleigh A. Burke, stanziate in Spagna, per lo scudo antimissile. Infine la “permanente” forza navale della Sesta Flotta con base a Gaeta. Va ricordato che ogni unità della U.S. Navy che entra nel Mediterraneo entra a far parte della Sesta Flotta dal punto di vista operativo. Già nel 2003 la Sesta Flotta comprendeva 40 navi, 175 velivoli (aerei ed elicotteri) e circa 21.000 militari e civili (ufficiali, sottufficiali, marinai, aviatori, personale tecnico e amministrativo). In quell’anno erano presenti due superportaerei con i relativi gruppi navali di supporto, ma normalmente ne è presente solo una. Nel 2013 è assegnata alla Sesta flotta la portaerei USS John C. Stennis (CVN-74) della classe Nimitz. Non è nota l’attuale forza della Sesta Flotta (…) In “contrapposizione” la forza navale russa: un’unica task force operativa originariamente composta da undici navi, scortate sempre da due sottomarini classe Akula, alla quale va aggiunta la flotta sottomarina classe Varshavyanka che opera nel Mar nero. Si è appreso che la settimana scorsa il cacciatorpediniere lanciamissili classe Kashin-Mod “Smetlivy”, ha lasciato il quartier generale di Sebastopoli destinazione nel Mediterraneo. Secondo gli ultimi aggiornamenti, la Task Force del Mediterraneo ora comprenderebbe unità in rotazione provenienti dalle flotte del Mar Nero, del Mar Baltico, del Pacifico e del Nord. Con la Smetlivy, per un numero complessivo di 15 navi da guerra e cinque di supporto logistico (oltre ai sottomarini d’attacco di scorta). Giorni addietro il Cremlino ha comunicato che il Gruppo da Battaglia della portaerei Admiral Kuznetsov, equipaggiata con i MiG-29K, arriverà entro l’estate nel Mediterraneo. Con la Admiral Kuznetsov e relativo Carrier Strike Group, la task Force del Mediterraneo potrebbe raggiungere il picco di 25 unità. Attualmente, l’ammiraglia della Flotta russa del Mediterraneo è l’incrociatore lanciamissili classe Slava, la carrier-killer “Varyag”.
E più recentemente, il 24 marzo scorso, con il significativo titolo “Acque di Sicilia: esercitazioni navali no-stop”, ponevamo in evidenza Appena conclusa la “Dynamic Manta 2018”, la più importante esercitazione aeronavale della NATO, che ecco, nelle acque della Sicilia Orientale, è in corso un’altra manovra, la “Eunavfor Med Sophia”. Anche questa è una esercitazione periodica, ma mentre la prima citata, alla quale hanno preso parte mezzi aeronavali e terrestri di dieci Paesi alleati, aveva finalità addestrative “belliche” (guerra antisom), quest’ultima (come riporta il sito del Ministero della Difesa) è ufficialmente “finalizzata al contrasto delle reti dei trafficanti di esseri umani e a contribuire agli sforzi dell’Ue per il ritorno della stabilità e della sicurezza in Libia e nella regione”.
Ebbene, per non andare oltre, per non fare come suol dirsi “dietrologia”, ecco la notizia che ieri ha preso il via l’esercitazione interforze e internazionale “Mare aperto 2018” nelle acque del Mediterraneo centrale, nelle acque del Mar Tirreno, Ionio, Canale di Sicilia e Canale di Sardegna, che vede impegnati otto Paesi con mezzi per un totale di 45 unità navali, tre sottomarini, 13 elicotteri, 10 velivoli AV8B e 5.766 persone. Per essere più specifici, come si apprende dai siti ufficiali, in mare opereranno la portaerei Cavour, con i velivoli AV8B imbarcati, navi e sommergibili della Marina Militare e 11 navi provenienti da Canada, Francia, Polonia, Portogallo, Spagna e Turchia, inquadrate nei Gruppi marittimi permanenti della NATO e nella Forza Marittima Europea. La Marina, inoltre, schiererà la Brigata Marina San Marco. Prenderanno parte all’esercitazione anche velivoli Tornado, AMX, CAEW, Predator, KC 767 dell’Aeronautica Militare nonché il reggimento Lagunari, elicotteri AW-129, un posto comando di artiglieria terrestre ed un posto comando di artiglieria antiaerea dell’Esercito Italiano. Per dieci giorni gli uomini e le donne imbarcati sulle navi, sui sommergibili e gli equipaggi di volo, si addestreranno nelle principali forme di lotta sul mare e dal mare, quali la difesa delle navi nella lotta antiaerea, antisommergibile ed antinave, il contrasto alle attività illegali sul mare, la gestione di situazioni di crisi in ambienti con presenza di minaccia convenzionale e asimmetrica e la proiezione di una forza anfibia dal mare su terra. La “Mare Aperto” integra anche l’esercitazione di contromisure mine IT MINEX, coinvolgendo il comando delle Forze di Contromisure Mine della Marina e la forza permanente di contromisure mine della NATO.
Ogni commento può apparire superfluo: il Mediterraneo, da un capo all’altro, resta il “laboratorio” più utilizzato nella prospettiva di nuovi scenari di guerra?