di Salvo Barbagallo
In questi giorni, e chissà per quanto tempo ancora, in Sicilia (ma anche al di là dello Stretto) si parla e si parlerà del “Caso Montante”. Di diversa natura le reazioni di coloro che hanno seguito e seguono la “squallida” vicenda: inquietudine, preoccupazione, curiosità, allarmismo, indifferenza, eccetera eccetera. Al di sopra delle reazioni, una quasi certezza: che (purtroppo o per fortuna, a seconda dei punta di vista) poco o nulla cambierà, se non (eventualmente e in attesa di inevitabili altri “scandali”) i nomi dei personaggi/protagonisti delle storie in corso o in quelle che potranno venire alla ribalta. Constatazioni di fatto e non supposizioni per chi, da anni e anni, ha seguito gli avvenimenti che hanno caratterizzato la vita della Sicilia dal dopoguerra ai giorni nostri. Ovviamente ci sono anche le ipocrisie, le meraviglie sul “rivelato” come se fosse una “cosa nuova”, inedita.
Nulla da stupire, insomma: è la Sicilia di sempre con le sue contraddizioni, le sue falsità, le sue “omertà” che di “mafioso” conservano soltanto l’etichetta, ma che celano perfettamente il “perbenismo” di chi vuole ignorare perché tanto, nel marasma generale, ci si può stare. Purché non si viene “toccati”.
Il “sistema Montante”? Uno dei tanti che giocano la partita del potere sulla pelle degli ignari e degli ignavi. In America si direbbe che si tratta costantemente di “business question”, cioè questione di affari. Fin troppo semplice: si tratta costantemente di “questione di potere” che poi alimenta che poi può alimentare anche gli “affari”, ma principalmente il condizionamento di quanti “potere” non hanno.
Che lo si voglia ammetere oppure no, i “sistemi” che comandano sono tanti e, spesso, diversi fra loro. La mafia è uno di questi sistemi, non il “solo” sistema: la ragnatela dei sistemi è estesa, i fili che la compongono si intersecano, le prede vengono intrappolate con estrema metodicità.
Nell’agosto dello scorso anno illustravamo “La Sicilia delle connivenze e delle complicità”: parole che ritornano in mente e che vale la pena riproporre.
Per tante, tante cose, le castagne dal fuoco le tira fuori la Sicilia.
Sicilia (da sempre) “laboratorio politico” (e non solo) per le strategie da applicare, poi, sul piano nazionale e internazionale.
Sicilia “banco di prova” per accordi (politici, economici, militari) palesi e sotterranei che, in un modo o in altro, possono influire sugli assetti nazionali e internazionali.
Sicilia “porta d’Europa” programmata (?) per il passaggio (?) e la residenza stabile (più o meno) occulta dei migranti.
Sicilia “punto d’origine” di scandali che difficilmente raggiungono la Capitale (Roma NO Mafia-Capitale!).
Sicilia “porto franco” non “riconosciuto” ma “praticato” di interessi variegati (?) spesso (sempre!) non confessabili.
Sicilia “location ideale” per le “trattative” Stato (?)/criminalità (?) organizzata (e non).
Sicilia “culla” di magistrati coraggiosi da (prima o poi) eliminare necessariamente (in un modo o in un altro).
Sicilia dalle “grandi risorse” rapinate dagli altri.
Sicilia….quante altre “cose” possono aggiungersi? Tante, tante altre, tante da poterne fare “voci” di una enciclopedia a più volumi.
Il Vaso di Pandora racchiude e custodisce gelosamente i sistemi del potere in Sicilia, forse è errato ipotizzare una “mente” che possa dirigerli, ma tante che (anche su opposte posizioni) che convergono su comuni interessi. E, magari, quando gli “interessi” contrastano, questi “poteri” finiscono con lo scontrarsi e “qualcuno” perde qualche partita. Ecco, allora, che in queste condizioni qualche filo della ragnatela viene fuori per essere eliminato. Fantasie o teoremi? Chi lo può dire?… Di certo si potrebbe affermare che i “sistemi di potere” che condizionano la Sicilia (e oltre) sono tanti e (sicuramente) trasversali. Talmente “trasversali” che è difficile venirne a capo…