Sicilia elezioni: cosa accadrà il prossimo 10 giugno?

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Di Salvo Barbagallo

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Il prossimo dieci giugno, cioè fra appena un mese, si voterà in Sicilia in cinque capoluoghi – Catania, Messina, Siracusa, Ragusa, Trapani – e in una miriade di Comuni (137, per l’esattezza). Si voterà col sistema maggioritario a doppio turno in 18 comuni con popolazione superiore a 15mila abitanti, il resto sotto soglia 15mila. Sotto i riflettori, ovviamente, i capoluoghi e, in particolare, Trapani dove si ritorna a votare a distanza di un anno quando al ballottaggio non fu raggiunto il quorum dei votanti necessario per eleggere l’unico rimasto candidato in competizione dopo il ritiro dell’avversario politico, Girolamo Fazio, travolto dall’inchiesta di corruzione “Mare Monstrum”.

In Sicilia si andrà al voto in una situazione di malessere complessivo, viste le condizioni politiche sul piano nazionale che, dopo due mesi, non hanno registrato la possibilità di formare un governo da parte delle forze (centrodestra e M5S) che sono risultate “vittoriose”. Condizioni politiche che, in un modo o in un altro, finiranno con il pesare tenuto conto che l’ipotesi delle elezioni anticipate si stanno trasformando in una amara realtà.

Tante le riflessioni che, inevitabilmente, il cittadino/elettore è costretto a porsi venendo sempre meno la fiducia anche verso i candidati che ha portato al Parlamento nazionale, e notando che non c’è “sistema politico” che esca immune da una crisi che diventa sempre più generalizzata.

Riflessioni che cadono nel quarantesimo anniversario del delitto Moro: diversi storici sostengono che Moro venne assassinato per impedire che il Partito comunista si sganciasse dall’Unione Sovietica, come tutto l’Occidente sperava: oggi il Partito comunista non c’è più, quello che avrebbe dovuto essere il suo erede, il PD, è stato frazionato dalla rottamazione di Matteo Renzi, e l’Occidente appare in via di estinzione. Come detto, condizioni politiche che in un modo o in un altro, finiranno con il pesare sulla volontà degli elettori soprattutto nelle cosiddette “periferie” del Paese, periferie come la Sicilia che è stata considerata nel tempo un “laboratorio” per sperimentare nuove formule di aggregazione politica.

A poche ore dalla scadenza delle presentazioni delle liste nei cinque Capoluoghi e nei 137 Comuni dell’Isola, a fare da padrone è l’incertezza, un’incognita che presenta tante sfaccettature e il cui segno più visibile è quello dei manifesti dei candidati che si propongono al voto senza un simbolo partitico di appartenenza. Un rebus la cui soluzione/interpretazione è imminente, e che mostra come sul tavolo tutte le partite siano ancora aperte in merito alle alleanze che si andranno a costituire.

Per parlare delle prossime elezioni in Sicilia basti prendere ad esempio Catania, che presenta cinque candidati a sindaco: l’uscente Enzo Bianco (Pd), l’eurodeputato Salvo Pogliese (Fi), il presidente regionale della comunità di Sant’Egidio Emiliano Abramo (lista civica “E’ Catania”), il consigliere comunale Riccardo Pellegrino di Fi, ma con la lista civica “Catania nel cuore”, per il M5S  il 60enne Giovanni Grasso, maestro d’orchestra e insegnante all’istituto musicale Bellini. Non navigherebbe in acque tranquille l’uscente Enzo Bianco, che non si dovrebbe presentare sotto l’egida simbolica del PD, mentre in appoggio a Salvo Pogliese  dovrebbero esserci nove o dieci liste, fra le quali i partiti di Forza Italia, Fratelli d’Italia, Udc, Diventerà Bellissima e Lega. A mettere KO sia Bianco che Pogliese potrebbe essere Emiliano Abramo, presidente della comunità di Sant’Egidio, che godrebbe di un largo seguito nell’establishment catanese.

Tutto da attendere, pertanto, il risultato della competizione del 10 giugno che, con molta probabilità, potrà mostrare il suo scenario propedeutico appena si prospetterà il quadro nazionale in termini concreto nelle prossime giornate.

I candidati Sindaco di Catania

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