di Marco Di Salvo
“Verum et factum reciprocantur seu convertuntur” Giambattista Vico*
Fa benissimo il nostro direttore Salvo Barbagallo ad iniziare il suo commento sulle vicende di ieri sera così: “Chi ritiene di applicare ancora le metodologie tradizionali di “raziocinio” nella vita pratica dei giorni nostri dovrà darsi una “riassestata”: non funzionano ora e, probabilmente, non funzioneranno nel futuro.”
Fa benissimo, coglie in pieno le caratteristiche del caos degli ultimi tre mesi (a voler essere minimalisti, perchè di questo caos la politica e soprattutto la finanza si nutrono da almeno un decennio, spartendosene i profitti).
Fa benissimo ma io, purtroppo, essendo uomo formato nel secolo scorso e a conoscenza dei cicli delle cose umane non posso non interpretare le cose con gli strumenti che ho, per cui mi perdonerà (e spero lo farete anche voi lettori) se mi ostinerò ad interpretare la realtà odierna con la cassetta degli attrezzi che ho a disposizione e a definire le cose per come le vedo, al di là degli entusiasmi, delle furie o delle ubriacature da social, che a volte rischiano di trascinare anche i commentatori che dovrebbero essere più avvertiti a mettersi sugli spalti da una parte o dall’altra a tifare, più o meno inconsapevolmente. Cosa che un piccolo giornale come il nostro non può e non deve permettersi, pena il venire meno di quello spirito di indipendenza che ne ha contraddistinto tutti questi anni.
Ed è in omaggio a questo spirito che non mi sotraggo al dovere di descrivere quest’ultima giornata (finora) di crisi di governo con quello che ritengo di aver visto.
Io ritengo di aver visto che le mosse definite via via avventate, perdenti, eversive del Presidente della Repubblica siano state alla fine quelle che hanno permesso che si giungesse alla formazione di un governo con una maggioranza politica, depurato e sterilizzato da elementi di disturbo rispetto agli equilibri più o meno stabili del “sistema”.
Ritengo di aver visto coloro che si gonfiavano il petto all’urlo di “no pasaran!!” rivolto verso il Quirinale, ritornare mansueti, da minacciosi com’erano, e accettare le modifiche all’impianto della squadra di Governo richieste dal Capo dello Stato, rendendo quello che si appresta a ricevere la fiducia dalle Camere un esecutivo gialloverde pallido, smunto e con abbondanti iniezioni di Kasta al suo interno. E con un guinzaglio di quelli estensibili, la cui impugnatura è saldamente in mano a Mattarella.
Ritengo di aver visto, nel corso di tutta questa vicenda, la formazione di una maggioranza parlamentare, distante e di diversa da quelle proposte in campagna elettorale, e proprio per questo figlia di un COMPROMESSO (parolaccia, di questi tempi) di idee, di obiettivi e di progetti sulla cui validità e sulla cui efficacia ci potrà dire solo il tempo. Non certo la firma di un sedicente contratto che, al momento opportuno, varrà meno della carta sui cui è stato stampato.
Questi i fatti, almeno come ritengo di averli visti. Poi, chi narrerà le nuove verità condirà di certo questi fatti di cose mirabolanti, ne più ne meno come ha fatto con i suoi (più o meno prossimi) predecessori, scoprendo geni dove aveva visto fessi (e viceversa) in un coro da gazzettieri che è tipico della stampa di casa nostra, prona a qualunque potere purchè sia. A maggior ragione in questi tempi dovremo tenere la barra dritta, quando la barca ondeggia e il mare intorno pare tempestoso. Proprio per questo noi non dovremo spegnere la fiammella della nostra attenzione, pena essere sempre meno utili. A noi stessi come a chi ci legge.
* dall’enciclopedia Treccani: Vico rifiuta il cogito come fondamento di scienza, perché esso non esce dal piano della certezza soggettiva; criterio di verità e fondamento di una vera scienza è invece per Vico la “conversione” del vero con il fatto (verum et factum reciprocantur seu convertuntur), nel senso che il principio e la regola di verità sta nel conoscere la genesi delle cose e quindi nella capacità di produrle.