di Valter Vecellio
“Venga, direttore; si accomodi pure…Penso che immagini perché l’ho convocata…”. “Lo immagino, dottore; ma preferisco che me lo dica lei…”. “Direttore, il mio giornale sotto la sua direzione ha assunto una linea politica che non è più opportuna con i nuovi tempi. Dobbiamo, deve prenderne atto”. “Dottore, io la capisco: lei ha una quantità di interessi diffusi, e per quanto ricco e potente, deve tener presente chi sono i nuovi inquilini di palazzo Chigi e degli altri “palazzi” del potere. Ma io sono un giornalista, e rispondo alla mia coscienza e ai lettori…”. “Caro direttore: ammiro molto la sua fermezza. Al tempo stesso lei non mi lascia molta scelta”. “Caro dottore, lei è un imprenditore di successo, e posso capire la sua posizione. Ma neppure lei, caro dottore, mi lascia molta scelta”. “A questo punto credo che ci siamo detti tutto. Non resta che passare in amministrazione per le sue competenze…Le auguro buona fortuna”. “Anch’io, dottore, le auguro buona fortuna. E auguro soprattutto buona fortuna anche al direttore che prenderà il mio posto e alla redazione che lascio con rammarico”.
Chissà se il “dialogo” tra l’ormai ex direttore de “Il Mattino” Alessandro Barbano e la proprietà, l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone, si è svolto in questi termini di gelido fair play; se tutto è stato invece perfino più brutale: un rapido e burocratico scambio di mail; o se invece c’è stato un logorante tira-e-molla concluso con una resa da parte del direttore: che da contratto può essere licenziato nel giro di 24 secondi; e soprattutto perché notoriamente Caltagirone non parla molto, è sempre molto discreto; ma le sue decisioni non sono discutibili.
Come siano andate le cose, fatto è che Barbano rassegna le dimissioni e abbandona, dopo sei anni, la direzione de “Il Mattino”, il più importante quotidiano del meridione. “Una scelta legittima dell’editore”, dice Barbano; ospite di Gaia Tortora alla trasmissione “Omnibus”; che poi ha cura di sillabare: “Non è avvenuta per mia volontà”. Una brutale rimozione, consumata in un assordante silenzio.
Fate una prova, andate su Google e digitate: “Licenziamento Barbano reazioni”. Troverete un comunicato del Partito Radicale e alcune prese di posizione di illustri collaboratori del giornale (Biagio De Giovanni, Paolo Macry, Aldo Masullo). Nient’altro.
Proviamo ora a immaginare: la Fiat, o i De Benedetti chiedono a Maurizio Molinari o a Mario Calabresi di attenuare i toni dei loro editoriali e di quelli dei collaboratori de “La Stampa” o di “Repubblica”; Molinari e Calabresi rispondono picche e vengono rimossi. Sarebbe scoppiato un inferno di polemiche e di prese di posizione: da parte degli organismi della corporazione giornalistica, dei sindacati, di politici che si occupano di questioni di informazione.
Con significativa e non casuale tempistica Barbano viene defenestrato: indubbiamente è “colpevole”: ha fatto de “Il Mattino” un quotidiano autorevole per contenuti e collaboratori, attento ai problemi e alle questioni della città, della Regione, del Mezzogiorno d’Italia. E’ “colpevole” di aver diretto un giornale che ha saputo affrontare tematiche scomode, come quelle relative alla crisi gravissima della giustizia e dell’ambiente. E’ “colpevole” di essere stato un direttore che ha saputo tenere la schiena dritta e opporre una resistenza civile alle ondate di demagogia in questi giorni prevalente, poco o nulla gli piacciono Lega e M5S. In sintesi: è “colpevole” di non essersi piegato agli interessati diktat di una proprietà che evidentemente già si adegua ai “gradimenti” di quelli che oggi sembrano essere i nuovi “potenti”, e null’altro sono se non le controfigure di chi li ha preceduti: due facce di una identica medaglia.
Ciliegina finale: una quantità di frequentatori di social, evidentemente di simpatie leghiste o grilline, in queste ore si sono prodotti in volgarità e insulti nei confronti di Gaia Tortora, anche lei “colpevole”: di aver invitato nella sua trasmissione “Omnibus” Barbano. Gaia non si è lasciata intimidire e ha lasciato che i per lo più anonimi detrattori ragliassero in libertà. Si prenda atto che tanti “giornalisti” neo-filogovernativi non hanno difeso né Barbano né Gaia.
Il coraggio si ha oppure nessuno te lo può dare, ricorda Manzoni; e Flaiano ci ammonisce che non mancano mai i soccorritori dei vincitori. Con amarezza, ma senza stupore, prendiamone atto ancora una volta.