Sicilia che commemora ma non rivela le verità

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Il giudice Chinnici

di Salvo Barbagallo

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Non passano molti giorni tra una commemorazione e l’altra di personaggi illustri la cui fine resta avvolta nel mistero, nonostante il trascorrere di anni e anni. Di tanto in tanto affiorano spezzoni di verità, ma la “verità” nella sua completezza, nella sua “ragion d’essere” resta avvolta dall’oscurità. L’ultima commemorazione quella del giudice Rocco Chinnici caduto a Palermo in via Pipitone Federico assieme ai carabinieri della scorta Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta e al portiere dello stabile dove abitava il magistrato Stefano Li Sacchi. Commenta il comandante generale dell’Arma dei carabinieri Giovanni Nistri: “Il consigliere Rocco Chinnici e tutte le altre vittime della criminalità di tipo mafioso, di tipo terroristico e di tipo comune sono degli esempi per tutti. Non devono rappresentare il ricordo di qualcosa che sta lì ma un modello per perseguire la ricerca della verità, come senso del dovere e soprattutto nel sentimento del dovere”. Ed è quella “ricerca della verità” che sembra non avere mai fine per il giudice Rocco Chinnici, così come per le altre vittime (illustri o meno) di poteri criminali, di poteri occulti che continuano a tutt’oggi a spadroneggiare, nonostante processi non stop, nonostante sentenze, nonostante il duro e proficuo lavoro delle forze inquirenti. Il termine “piovra”, ora come ora, può apparire superato: la dimensione degli “apparati” criminali si è ingigantita, si sono “evolute” le forme trasversali dei poteri che da tempo hanno superato le barriere territoriali, l’internazionalità di patti scellerati (anche con connivenze politiche) rende difficile ogni tipo d’indagine. Ma è sempre al passato che occorre fare riferimento se si vuol delineare un quadro abbastanza chiaro del presente.

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29 luglio 1983: un’autobomba comandata a distanza esplode in via Pipitone Federico a Palermo, provocando una strage. Fra le contorte lamiere delle vetture colpite dall’esplosione c’è il giudice Rocco Chinnici, capo dell’ufficio istruttorie, due carabinieri della locale scorta e il portiere dello stabile dove abitava il magistrato. La tesi che viene prospettata nel primo rapporto degli investigatori, destinato al procuratore capo della Repubblica di Caltanissetta, Sebastiano Patanè, titolare dell’indagine per designazione della Cassazione, è che l’attentato dinamitardo si inquadra come una intimidazione centrata sul capo dell’ufficio istruzione, ma che intendeva colpire e condizionare l’operato di tutti i giudici degli uffici di istruzione della Procura generale impegnati nei grandi processi di mafia. La strage, insomma, non avrebbe avuto come obbiettivo quello di intralciare una singola inchiesta — ad esempio le connessioni tra mafia e centrali della droga thailandesi e dell’Estremo Oriente — ma di bloccare, o quanto meno rallentare e condizionare tutto il cospicuo lavoro impostato a vari livelli dai magistrati di Palermo. Una indagine destinata a saldarsi con i casi Dalla Chiesa, Mattarella, La Torre. Rocco Chinnici era in attesa di un rapporto, che aveva già discusso con gli investigatori, sulla scorta del quale intendeva procedere alla unificazione dell’inchiesta La Torre-Dalla Chiesa. Compiendo quella scelta, Chinnici intendeva consacrare processualmente l’esistenza di una superstruttura mafiosa, insospettabile, incensurata, vigile e presente ad ogni livello, soprattutto a quello economico della società isolana. Una teoria che il magistrato aveva espresso pubblicamente, in più circostanze, in occasione di dibattiti o seminari di studio sul fenomeno mafioso.

Anche attorno a quest’ultimo eclatante atto di criminalità organizzata, pronta a colpire nel mucchio, senza tenere in alcun conto la vita, crescono le polemiche, seguito naturale di una impotenza ad affrontare e risolvere un problema, quello della mafia, che si trascina da decenni senza possibilità di soluzioni. Dall’Assemblea regionale siciliana partono richieste al governo nazionale affinché si intervenga in maniera radicale, e si esprime «l’insoddisfazione delle misure fino ad ora adottate dallo stato in riferimento alla quantità ed alla qualità di uomini e mezzi impiegati nella lotta alla mafia in Sicilia». Polemiche suscitano pure le pubblicazioni sulla stampa di appunti contenuti nel diario di Rocco Chinnici, ma gli autori delle fughe delle notizie restano ignoti.

A distanza di anni dalla tragica fine del magistrato, vale la pena rileggere quegli appunti con maggiore attenzione, alla luce degli avvenimenti che si sono susseguiti ed accavallati in sequenze sempre più equivoche nel corso dei decenni:

La trascrizione che riproponiamo è fedele all’originale, anche dove figurano puntini di sospensione, che sono di pugno dello stesso Chinnici:


Foglio d’agenda bianco senza data: “296 / B PM Reg. Gen. 1583/77 – Reg. C.A. 206/77. ignoti Omicidio in persona di Zummardo Salvatore commesso in Monreale il 15-6-‘975. Formalizzato dal P.M. Scozzar! il 3-6-77. Foglio d’agenda in bianco senza data: “N.B. Nel processo a carico di ignoti dell’omicidio Di Cristina, nel quale sono imputati numerosi individui per ricettazione di assegni. Scozzari mi ha chiesto espressamente di non istruire personalmente il processo e di non assegnarlo a Molisi, (ritengo che così gli sia stato imposto!). Il processo è stato assegnato a un giudice da me ritenuto severo (S. Rizzo). A distanza di mesi — mi sono sbagliato!

Foglio d’agenda bianco senza data: N.B. — Processo n. 255/76 sez. 9 C Verzotto Graziano +3 II processo viene assegnato a Molisi il 17-11-1976. Nessuna attività istruttoria sino al 1980. Appunto del 15-12-81 “Ciccio Scozzari è l’essere più immondo che esista, vigliacco, servo dei mafiosi (il suo comportamento al processo di Viale Lazio ne è la riprova). Per invidia o per imposizione della mafia mi ha combattuto da quando sono a Palermo, mise in giro la notizia — e l’avvocato Paolo Seminara la diffuse — che ero il servo del capitano dei CC Russo; e ciò solo perché valorizzavo — nel giusto — i rapporti dell’uffìciale; quindi, che io ed il povero Pippo De Blasi avevamo costituito “centro di potere” in quanto io, e solo io, istruivo i processi “importanti”. Per tutto il periodo, in cui nella corrente di Unità per la Costituzione ha avuto un certo peso, si è opposto decisamente a che io ricoprissi cariche in seno all’Associazione e che fossi eletto al Consiglio Giudiziario. Egli tuttavia ha dimostrato tutta la sua forza malefica in occasione della nomina a Consigliere Istruttore. Tre grosse canagliate egli commise; e se prima nutrivo qualche dubbio ora, dopo quello che ho appreso ieri, ogni dubbio è svanito. 1) Cercò di mettermi contro Magistratura Democratica agendo, però, com’è costume dei vigliacchi dietro le quinte. 2) Scrisse un anonimo al Consigliere superiore, dicendo che ero amico dei Salvo, gente che non conosco (tranne, casualmente, Ignazio e che detesto. 3) Mise in giro la voce che io “fottevo” i processi. La più grossa infamia è questa: mesi fa il dottor Mignosi, ispettore regionale, in tutta riservatezza mi disse che il giornalista Panzica gli aveva confidato che la morte di Giuliano era da addebitare a me in quanto io solo ero a conoscenza del rapporto di Giuliano riguardante il traffico di droga. La notizia mi sconvolse per il motivo che il rapporto in questione pervenne nel mio ufficio tre mesi dopo l’uccisione del funzionario. Ora da Tessitore ho saputo che Panzica è suo intimo amico “che è cresciuto a casa sua”. Tessitore me lo ha detto in quanto il Panzica, giornalista alla Rai, gli aveva chiesto il mio numero di telefono per invitarmi ad una trasmissione Rai. Tutto mi è stato chiaro. L’essere immondo, servo della mafia, continua a volermi colpire alle spalle.

Foglio d’agenda dell’ l gennaio — Appunto “in data 30-3-1979” Ho prosciolto dal delitto di truffa aggravata Imburgia Giuseppe, proc. 409-78 C.A. Al processo si è interessato in modo pressante S. Ecc. Pizzillo.

Foglio d’agenda 20 maggio — Appunto senza data. Nel mio ufficio si verifica un fatto di gravita eccezionale. L’avvocato Paolo Seminara, “amico fraterno” di Scozzari mi muove l’accusa di volere a tutti i costi le emissioni di mandati di cattura nei processi pendenti contro associati a delinquere nei quali il procuratore Costa ha convalidato gli arresti ed indurre i magistrati Falcone e Calabrese ad emetterli. Il suo atteggiamento è minaccioso, scorretto, e degno di lui. All’agitata discussione prende parte Motisi. Nel corso della discussione il Seminara si lascia sfuggire una circostanza che sicuramente gli è stata riferita da Scozzar!: resistenza, nel processo contro Sollena Salvatore e Bontade Giovanni, del rapporto della squadra mobile del 30-4-1980, redatto su mia richiesta.

Foglio d’agenda del 29 maggio – Continua l’appunto precedente. Chiedo a Calabrese perché ha scarcerato i detenuti del suo processo. Confessa che erano intervenuti a dirgli che noi “non ci possiamo fare strumentalizzare dalla polizia”, Sciacchitano e Lo Forte della Procura (emissari del grande vigliacco e servo della mafia Scozzari).

Altro appunto stesso foglio. Circola insistente la voce che i mandati di cattura nel processo di Falcone li ho fatti emettere io. L’avvocato Campo mi dice testualmente: “Come, dopo che a seguito del processo dei 114 c’era stato promesso che non si sarebbero fatti processi per associazione a delinquere, si ritorna di nuovo alle associazioni?” Se mi succederà qualche cosa di grave i responsabili sono due: 1 — II grande vigliacco Ciccio Scozzari. 2 — L’avvocato Paolo Seminara.

Foglio d’agenda del 3 luglio — appunto del 3-7-1980. Ore 11 — Viene in visita il (illegibile) dice di un “pezzo grosso” latitante che vorrebbe incontrarsi con lui (è don Tanino B.?). Mi dice che molti personaggi di grande levatura gli hanno parlato del figlio di don Paolino — (Bontade).

Foglio d’agenda del 18 settembre – Appunto del 18 set* 1980. 1) II procuratore generale dott. Viola mi raccomanda caldamente il proc. contro Cuccio Giuseppe imputato di frode valutaria. Lo stesso mi ha raccomandato il processo contro il di lui genero imputato di falsità in titolo di credito (i due processi sono stati istruiti in sommaria e sono pervenuti all’ufficio con richiesta di proscioglimento).

Foglio d’agenda del 4 novembre – Appunto 4 nov. 1980. Ore 11 — Viene Michele Mezzatesta — vuoi sapere se contro Vitale Giacomo, figlioccio dell’onorevole Jocolano, esiste mandato di cattura del giudice Falcone. Rispondo che non è mia abitudine interferire, in alcun modo, nei processi dei colleghi. Ore 12 — Mi telefona Guido Cucco, mi segnala il processo contro M. che si trova alla sezione D. Si manifesta possibilità per Paino.

Foglio d’agenda bianco senza data: Foglio del 6 novembre — Appunto senza data. Ore 12 — Mi telefona da Messina il professore Giuliano fratello del compianto vice questore. Mi chiede se sono disposto ad accettare l’incarico di componente il comitato scientifico d! un convegno sulla criminalità mafìosa e organizzata da tenersi a Messina presso l’Università. Accetto.

Foglio del 12 novembre — Appunto senza data. Ore 11 — L’avvocato Nino Mormino molto riservatamente mi dice — e si dimostra preoccupato — che l’eccellenza Pizzillo ha dichiarato che presso l’uffìcio istruzione io interferisco nei processi più gravi nel senso che condiziono i giudici ad un rigore esagerato. (Pizzillo sa di mentire nella maniera più irresponsabile).

Foglio del 13 novembre — Appunto del 27-1-1981. Ore 11,30. – Viene a trovarmi il dottore della questura. Mi confida in tutta riservatezza a proposito dell’omicidio Mattarella: a) che il presidente ucciso ritornando da Roma dopo un colloquio con il ministro Rognoni disse alla segreteria dottoressa Trizzino: “Se si sapesse quello che ho detto a Rognoni, mi ucciderebbero certamente”. Il documento però non è stato allegato al rapporto per il veto dei superiori. Ore 12,30 — Vado da S. Ecc. Viola, lo informo della canagliata ordinata da Calabrese il quale, d’accordo con quell’altro vigliacco che è il sost. Gatto, si è fatta fare la richiesta di interrogare gli imputati al processo di mafia a lui affidato con mandato di comparizione: gli chiedo di intervenire presso Paino, per fare modificare la richiesta. Insisto presso Viola perché intervenga per fare allontanare dall’ufficio istruzione il Calabrese. Mi promette di intervenire.

Foglio del 14 novembre — Appunto relativo al 27 gennaio ’81. Ore 18. Assumo in esame il dott. Mignosi ispettore regionale. Riservatamente mi dice — mi prega di non verbalizzare — che dopo tre o quattro giorni dall’uccisione del presidente Mattarella andò a trovare il Procuratore generale Viola e decise di riferire tutto quanto sapeva; il Procuratore Generale gli disse (testuale): “Come amico gli consiglio di aspettare gli eventi. Se poi vuole essere sentito chiamo il segretario e verbalizzo”. Evidentemente non fu verbalizzato nulla! (Paura?).

Foglio del 15 novembre — Appunto relativo al 10 aprile ’81. Ore 9,30. Assumo in esame nel processo per l’omicidio Mattarella la signora Trizzino. Il contenuto della conversazione è nel verbale redatto in data di oggi. Mi confida pregandomi di non verbalizzare di avere fornito S. E. Pizzillo di quanto ebbe a dirle il presidente ucciso dopo essere rientrato da Roma e avere avuto un colloquio riservato “sui problemi siciliani” col ministro Rognoni. Presente il segretario Di Bartolo.

Foglio del 17 novembre — Appunto relativo all’8 giugno ’81. Ore 18. Si svolge nel mio ufficio una discussione. Siamo io Paino, Falcone, Sciacchitano. Io e Falcone sosteniamo che al seguito dell’interrogatorio reso da Miceli Grimi (costui ha ammesso di avere esploso il colpo d’arma da fuoco contro Sindona ed altro) s’impone la necessità di contestare a Sindona, ed altre persone, con mandato di cattura il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso. Il Paino è alquanto preoccupato. Dice che vuole vederci chiaro, che non vuole dare in pasto alla stampa provvedimenti che fanno scalpore. Io e Giovanni Falcone rimaniamo stupiti di tanta… prudenza. E’ importante il fatto che Paino altri non è che “il portavoce di Viola”, che è forse vero che questi è alla P2 o di altra consorteria simile?

Foglio del giorno 18 — Appunto relativo al 14-7-81. Ore 13. G. Falcone mi comunica che il Primo presidente della Corte gli ha caldamente raccomandato il cavaliere del Lavoro Graci implicato nella faccenda Sindona; dopo averlo convocato nel suo ufficio. La circostanza può costituire conferma indiretta alla notizia riferitami da Rabico (Lillo) secondo il quale alla fine di ottobre 1979, si riuniranno a Taormina il Graci, l’Ecc. Ugo Viola, l’ecc. Pizzillo, il sen. Cuco e Paino per appoggiare massicciamente quest’ultimo a consigliere istruttore. Il Graci, come ha riferito Giuliano Turone a G. Falcone e come mi ha confermato Rabito, il quale ha appreso la circostanza dal cugino ingegnere Corrao, ha tra i suoi consulenti Ugo Zilleti.

Foglio del 19 novembre — Appunto relativo al 14 luglio 81. Ore 18 — Viene a trovarmi il marchese De Seta; dopo avermi raccontato delle sue vicende con l’avv. Guarrasi, mi fa presente che costui è intimo amico del sen. Emanuele Macaluso. Mi riferisce che alla Galleria d’arte “La Tavolozza” (il cui proprietario effettivo è Renato Guttuso) si recava spesso il dott. Boris Giuliano, il quale in quella sede parlando con Leonardo Sciascia e qualche altro, si riteneva certo che responsabile del sequestro De Mauro era proprio Guarrasi.

Foglio del giorno 20 novembre. Appunto relativo al 10 dicembre 81. Ore 12,30. Mi telefona Pizzillo, ha letto della mia relazione su “Mafia oggi” a Monreale organizzata dall’Arci di Monreale di ieri sera. Mi consiglia prudenza essendo io troppo esposto. Aggiunge di aver raccolto voci secondo le quali io mi appresti ad entrare nel Pci per seguire l’esempio di Rizzo. Insiste perché io non intervenga più in convegni, come quello di Messina nel mese di ottobre di quest’anno su “Mafia e potere”. Il tono è molto cordiale. Si dimostra alquanto preoccupato per il fatto che io sono “troppo esposto”. Qualche giorno fa mi aveva per la terza volta chiesto di sollecitare Barrile ed archiviare gli atti relativi contro i Salvo (e però non ha mai pronunziato il cognome Salvo).

Foglio del 21 novembre 1981 — Appunto relativo al 10 dicembre 1981. Ore 17 — L’appuntato Barletta agente di tutela mentre con l’autovettura di servizio guidata da Purpura ci rechiamo in ufficio, mi racconta che anni addietro trasse in arresto Messina, il capomafia della zona di Partanna Mondello (guardiano della Facup). Mi fa presente che il mandato era stato “smarrito” alla squadra mobile in quanto tutti i funzionari e sottufficiali, “si vestivano gratis” alla Facup (il mandato di cattura era stato emesso da me) e non avrebbero mai eseguito il mandato.

Foglio del 22 novembre 1981 — Appunto relativo al 26 marzo 82. Ore 17 — Viene a trovarmi Pio La Torre. Mi segnala l’ing… della società Alco (Asse del Belice); mi dice che si tratta di persona onesta e che se coinvolto in qualcosa di illecito sarà stato tratto in inganno.

Foglio del 24 novembre 1981 — Appunto relativo al 18 maggio 1982. Ore 12 — Vado da Pizzillo per chiedere di applicare un pretore in sostituzione a La Gommare dal momento che il Csm ha deciso che la competenza è del presidente della Corte. Mi investe in malo modo dicendomi che all’ufficio istruzione stiamo rovinando l’economia palermitana disponendo indagini ed accertamenti a mezzo della Guardia di finanza. Mi dice chiaramente che devo caricare di processi semplici Falcone in maniera che “cerchi di scoprire nulla perché i giudici istruttori non hanno mai scoperto nulla”. Osservo che ciò non è esatto in quanto sono stati proprio i giudici istruttori di Palermo che hanno — inconfutabilmente — scoperto i canali della droga tra Palermo e gli Usa e tanti altri fatti di notevole gravità. Cerca di dominare la sua ira ma non ci riesce. Mi dice che verrà ad ispezionare l’uffìcio (ed io lo invito a farlo); è indignato perché ancora Barrile non ha archiviato la sporca faccenda dei contributi (miliardi per la elettrificazione delle loro aziende agricole); l’uomo che a Palermo non ha mai fatto nulla per colpire la mafia che anzi con i suoi rapporti, con i grossi mafiosi l’ha incrementata, Pizzillo con il complice Scozzari ha “insabbiato” tutti i processi nei quali è implicata la mafia, non sa più nascondere le sue reazioni e il suo vero volto. Mi dice che la dobbiamo finire, che non dobbiamo più disporre accertamenti nelle banche.

Foglio del 26 novembre 1981 — Appunto relativo al 15 maggio 1982. Ore 11,30 — Viene a trovarmi Giovanni Falcone. Mi riferisce di essere stato convocato da Viola il quale mi richiede spiegazioni del perché alle notizie di stampa circa le telefonate intercorse tra familiari e parenti di Salvo (Nino) e “Roberto” (Buscetta?) Falcone risponde che le telefonate sono state riportate nella sua sentenza. L’episodio è indicativo del rapporto di amicizia di Nino Salvo oltre con Pizzillo, anche con Viola e Pino. Quest’ultimo infatti l’altro ieri sempre nella forma gesuitica che gli è congeniale mi ha telefonato per dirmi che era andato a trovarlo Nino Salvo per il fatto delle notizie riportate dalla stampa sulle telefonate di cui Viola parlò con Pizzillo. Ma perché Nino Salvo non viene all’ufficio istruzione? Foglio del 27 novembre 1981 — Appunto relativo al 2-6-82. Mi chiama Viola, mi chiede reiterando la richiesta del giorno prima la richiesta di prosciogliere l’ing. Tedesco imputato di gravi reati nel processo contro Maligno + 13 (scandalo del Belice). Faccio presente che l’ing. Tedesco è tra i più gravemente responsabili; ciò malgrado Viola insiste. Contrariamente al suo stile la richiesta è quasi perentoria. E’ ovvio che l’ing. Tedesco sarà rinviato a giudizio. Faccio una riflessione: Pizzzillo è quello che è, stupido, prepotente, bifronte, notoriamente invadente; non c’è giudice civile o penale, non solo di Palermo presso il quale egli non sia intervenuto per raccomandare gente che gli sta a cuore. Certo, Viola non è Pizzillo ma… si avvicina pur se in maniera, quasi sempre elegante.

Foglio del 28 novembre — Appunto relativo all’8 giugno ’82. Alle ore 11 avrebbe dovuto restituirmi la visita il gen. Dalla Chiesa venuto a palazzo di Giustizia per restituire la visita a Viola, a Spadaro, a Paino (e Pizzillo?). Alle 10,45 dal maresciallo Bellantonio mi ha fatto dire che era stato chiamato d’urgenza alla Regione. Che gli avranno detto che il Consigliere istruttore non è titolare di ufficio direttivo? O che sono comunista? Dalla Chiesa (il fatto mi fu riferito dal maresciallo Chiofalo) appoggiava Paino per la nomina a consigliere istruttore. Paino è rimasto offeso con me perché all’incontro di studi sulla mafia a Castelgandolfo, non ho parlato di lui e del suo ufficio.

Foglio del 29 novembre — Appunto relativo al 14 luglio 1982. Ore 18. Sono all’Hotel La Torre per delega del presidente Spadaro che mi ha incaricato di andare in sua vece. Al ricevimento offerto dal console francese. Il procuratore generale Viola si presenta all’avv. Curdo, il proprietario della spiaggia di Mondello, personaggio alquanto discusso. Con Ugo Viola si danno del tu.

Foglio dell’l dicembre — Appunto relativo al 7 dicembre 1982. Ieri, domenica, verso le ore 20 è venuto a casa mia l’ing. Eduardo Romano. Sono a letto perché influenzato. Chiede di parlare con me, entra nella mia stanza terrorizzato. Davanti l’ingresso di casa mia si era incontrato con Nino Madonia, da me rinviato a giudizio in stato di arresto per le bombe di Capodanno. Mi riferisce che il Madonia dopo avergli insistentemente richiesto chi andava a cercare nello stabile (alla domanda l’ingegnere rispose che andava da un suo zio signor Romano) ad analoga domanda rispose che andava trovare il suo amico che aveva l’abitazione nella scala B. L’ingegnere Romano ebbe la sensazione che non è niente vero. In serata, il Madonia non viene trovato. Oggi a casa nel primo pomeriggio mi portano un espresso. E’ diretto: Giudice Istruttore capo Rocco Chinnici Tribunale di Palermo, figura impostato e recapito lo stesso giorno il 6-12-82. La lettera è del tenore seguente: “Non si muove foglia che Giovanni Falcone non voglia”. Il “di non voglia” è sottolineato due volte. E’ minaccia? Mi vuole mettere contro anche Giovanni Falcone?

Foglio del 3 dicembre — Appunto relativo al 17 giugno 1983. Ore 16,50 in ufficio. Sono sei mesi che non faccio più annotazioni, ho sbagliato perché di fatti che continuano a maturare ce ne sono stati parecchi. Riguardano principalmente G. Falcone. In occasione della venuta della Commissione antimafia, tramite il colonnello dei CC Castellano si è incontrato nell’uffìcio di quest’ultimo con l’on. Pistorio (Dc). Quando è andato all’incontro mi disse che mi avrebbe informato di quello che avrebbero detto; nulla ho saputo. Soltanto qualche giorno dopo, parlando del commercialista tributarista della mafia mi disse che tutto sommato questi era soltanto un professionista! E le scarcerazioni per mancanza di indizi di Silvio Badalamenti, del costruttore prestanome dei Vernengo, Amato? E la libertà provvisoria ai cosiddetti pentiti del nord che hanno detto ben poco? E perché tiene a casa le carte processuali in copia e in originale? E perché si incontra con personaggi (magistrati, poliziotti?) in stretto riserbo? Ho appreso che oggi alle 15,30 dovrà recarsi dall’Alto commissario.

Foglio del 4 dicembre. Appunto relativo al 21 giugno 1983. Mandalari tributarista e consulente della mafia è stato scarcerato per mancanza di indizi. Ho voluto leggere la motivazione dell’ordinanza. Insufficienza di indizi. Dice Falcone: in uno stato di diritto prima le prove e poi la cattura. Ma non ha fatto così con decine di altri imputati. L’intervento dell’on. Pastorino o di altre forze occulte. Stesso foglio appunto del 22-6 83. Giovanni Falcone è preoccupatissimo, alle ore 13 viene da me mi dice che domani m elicottero andrà a Caltanissetta per incontrarsi con il sostituto Favi di Siracusa. Un detenuto a fatto sapere a Favi che si prepara un attentato contro Falcone, ad organizzarlo sarebbero gli industriali e le cosche catanesi. Il Cavaliere del lavoro Rendo, secondo il detenuto, viene informato dall’Alto commissario De Francesco di tutta l’attività di Falcone. Incredibile. Forse Falcone negherà di avermi fatto simili confìdenze. Ma me le ha fatte!


Per concludere, ripetiamo le parole del generale comandante dell’Arma dei carabinieri Giovanni Nistri a margine della commemorazione per ricordare l’eccidio di via Pipitone Federico: Il consigliere Rocco Chinnici e tutte le altre vittime della criminalità di tipo mafioso, di tipo terroristico e di tipo comune sono degli esempi per tutti. Non devono rappresentare il ricordo di qualcosa che sta lì ma un modello per perseguire la ricerca della verità, come senso del dovere e soprattutto nel sentimento del dovere”.

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