di Nello Cristaudo
Nelle acque del fiume Alcantara, trasformate nell’Acheronte, in uno scenario naturale mozzafiato dato dalle parete basaltiche di lava delle suggestive gole, va in scena l’Inferno di Dante, regia di Giovanni Anfuso. Un palcoscenico naturale, di una rara bellezza dove il regista, in un gioco di luci e suoni, fa rimbalzare tra una parete e l’altra, le liriche del sommo poeta. Si rimane incantati sia per la superba recitazione degli attori sia per le emozioni che si provano suscitate da quel contesto unico nel suo genere.
Le terzine scelte e recitate, s’incastonano bene con la location e indicano emozioni, suggestioni e ricordi impressi nella mente di chi ascolta, facendo ritornare sui banchi di scuola, l’attento spettatore che, in un religioso silenzio, si immerge nuovamente nei meandri dell’Inferno dantesco, magari ritenuto astruso e superfluo mentre lo si studiava.
Passeggiando tra le acque del fiume si vede, così, arrivare Francesca da Rimini, interpretata dalla bravissima e leggiadra Giovanna Mangiù, che narra la sua storia con Paolo finita nel sangue, mentre più in là si scorge, nel gioco dei basalti lavici, il conte Ugolino, Davide Sbrogiò, dannato e demone allo stesso tempo tormentato dai suoi pensieri, condannato per l’eternità a rodere la testa dell’arcivescovo Ruggero. Sullo sfondo, inoltre, sovrastano la scena i suggestivi e coinvolgenti sei ballerini del fuoco che vivacizzano uno spettacolare inferno.
Virgilio, Angelo Dagosta, e Dante, Giovanni Santangelo, Luciano Fioretto è Caronte che in un groviglio di dialoghi con il coinvolgimento di tutti gli altri attori: Camillo Sanguedolci, Vittoria Vaccaro e Martina Magliano, danno una particolare enfasi all’opera dantesca.
Una menzione particolare va all’impareggiabile narratrice Liliana Randi che costituisce il trait d’union di tutta l’opera facendo da collante tra le varie scene conducendo, passo dopo passo, lo spettatore alla stregua di Virgilio con Dante.
Questa rappresentazione ci conduce a riflettere sulla condizione della storia: per Dante essa è vista in termini provvidenziali, come il realizzarsi di un disegno divino. Ciò fa sì che tutti i fatti storici vengano interpretati alla luce della concezione cristiana e inseriti all’interno di esso. A ciò si ricollega il sincretismo di Dante, che concepì la classicità come una prefigurazione del Cristianesimo.
Per Dante, la commedia è una critica del presente, della società a lui contemporanea. Nell’Inferno, la caduta è anzitutto quella di Firenze e della vita comunale, fondata su profitto e avidità. All’avidità pubblica fa riscontro una avidità psicologica, nei vizi comportamentali (gola, lussuria) e intellettuali (l’adesione a forme di disimpegno o impegno estraneo alla prospettiva cristiana).Come dire…corsi e ricorsi storici che ben si addicono a ciò che si vive attualmente nella società italiana. Sono previste diverse repliche, rese necessarie per il forte gradimento del pubblico, nei fine settimana di tutto il mese di agosto ed è bene prenotarsi per tempo in quanto i posti sono contingentati per non più di 200 persone a spettacolo.