L’Assemblea del Pd c’è. Renzi no.

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[AdnKronos]

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Al via l’assemblea nazionale del Pd che apre il congresso dem. In platea candidati ‘ufficiali’ come Nicola Zingaretti e candidati in pectore, come Marco Minniti. Dopo l’apertura dei lavori da parte di Matteo Orfini, la parola a Frans Timmermans, candidato della famiglia dei Socialisti e Democratici alla presidenza della Commissione europea alle prossime elezioni del maggio 2019, e poi al segretario uscente Maurizio Martina. Assente Matteo Renzi.

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“Non dobbiamo chiudere la nostra discussione congressuale sulle nostre discussioni interne” ha detto Orfini aprendo i lavori e dopo aver ringraziato Martina, che ha confermato le dimissioni, “per come ha guidato questa fase”.

MARTINA – “Io penso di potere dire che in questi mesi difficili, in cui nulla era scontato, siamo riusciti a impostare un lavoro di ricostruzione, ne sono orgoglioso e sono consapevole che è solo l’inizio di un impegno più radicale e forte nella fase nuova che si è aperta il 4 marzo” dice poi Martina. “Passi cruciali sono ancora da compiere, questo percorso ha solo cercato di dare alcuni segnali di premessa per un lavoro di ricostruzione”; come è stato con la manifestazione di piazza del Popolo, “la prima che ha dato un segnale di reazione e che ha dimostrato come questo partito sia essenziale per l’alternativa alla destra”.

“Non dobbiamo avere paura di criticarci e di criticare i nostri errori, lo dobbiamo fare per cambiare. Perché avere paura? – aggiunge -. Un grande partito fa questo perché ha la cura del proprio destino e non vuole mettere la polvere sotto il tappeto perché fa male”.

STATUTO – “La nostra impalcatura organizzativa e statutaria è superata dagli eventi” e “va cambiata” prosegue Martina. “So che c’è bisogno che il Pd metta in campo sempre, con forza, la sua alternativa. Tutti avvertiamo l’insufficienza del lavoro fatto sino a qui” dice ancora il segretario uscente. “Non mi spaventa il fatto che sentiamo di non essere ancora compiutamente all’altezza della partita che si sta giocando con le forze distruttive per il Paese, vorrei il massimo dello sforzo per trasformare questa insufficienza in una proposta”.

Con l’assemblea si apre ufficialmente il congresso del Pd: non è escluso che il tema dei tempi possa essere uno degli argomenti di discussione. C’è chi vorrebbe accelerare. Ma l’orientamento sembra quello di confermare l’ipotesi diprimarie tra fine febbraio e primi di marzo. Di questa idea è anche Zingaretti, il candidato ‘forte’ al momento in campo. Ma anche l’area renziana è di questo avviso.

PRIMARIE – La data preferibile sarebbe quella dell’ultima domenica di febbraio; anche perché non è scontato che dai gazebo esca un vincitore e nel caso nessuno superi il 50% dovrà essere convocata l’assemblea e lì eleggere il segretario. Un’ipotesi che Zingaretti respinge: “Il congresso si fa per scegliere il segretario, io sono fiducioso e mi batterò perché sia cosi. Sono ottimista”.

In attesa della candidatura ufficiale di Minniti – si parla di un ticket con la ‘renzianissima’ Teresa Bellanova (un modo per tenere unita l’area, vista la freddezza da parte di alcuni esponenti dem molto vicini a Renzi sul nome di Minniti) – Antonello Giacomelli ironizza: “Non so se sarà davvero così, in quel caso immagino che almeno il coordinatore della campagna sarà una persona che proviene dalla sinistra. Così, giusto per una rappresentazione equilibrata della piattaforma congressuale…”.

Dalla prossima settimana inizia poi la raccolta firme tra i gruppi di Camera e Senato. Con Minniti-Bellanova dovrebbe schierarsi “oltre il 60%” dei parlamentari, è la previsione dei renziani. “Ci mancherebbe – dice Paola De Micheli, punto di riferimento in Parlamento per la candidatura di Zingaretti – le liste le ha fatte Renzi… noi stiamo seguendo un’altra impostazione, tutta sul territorio. Siamo ormai a 500 amministratori locali per Zingaretti” e di questi sono “oltre 230 i sindaci”.

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