di Salvo Barbagallo
A volte le parole pesano più di una pietra in testa lanciata da distanza ravvicinata, e il “danno” che possono provocare può essere anche mortale se non si corre subito agli interventi dei sanitari. E forse irrecuperabile il “danno” che le parole dell’esponente siciliano dell’M5S Giampiero Trizzino poteva determinare nell’immediato e nel futuro dei rapporti Itlia-USA. Cosa ha osato affermare Trizzino? Semplicemente: “Smantelleremo il MUOS e Di Maio lo dirà”!… E Di Maio è entrato immediatamente in fibrillazione e le smentite (più o meno sotterranee) si sono fatte sentire.
Nell’attuale momento, estremamente delicato per la sopravvivenza di questo Governo, schierarsi “apertamente” contro gli Stati Uniti d’America, senza valutarne le conseguenze e le ripercussioni negative, puà essere sicuramente fatale. Indubbiamente il M5S non ha mai nascosto la sua avversione per l’impianto militare del MUOS, impiantato nella riserva naturale della Sughereta di Niscemi a suon di milioni di dollari: manifestare la propria “avversione” è un conto, ma sicuramente azzardato passare alle vie di fatto, cioè “proporre” di smantellare la struttura satellitare, parte essenziale ed integrante di un sistema mondiale, strategico per il controllo dell’area Mediterranea e del Medio Oriente.
Gabriella Cerami su HuffPost informa e sottolinea alcuni nebulosi aspetti della questione: Luigi Di Maio la settimana scorsa, ospite in Sicilia, precisamente a Scordia, sull’onda dell’entusiasmo aveva annunciato importanti novità sul Muos. A distanza di pochi giorni le parole del consigliere Trizzino lasciano intendere che il Governo si metterà di traverso, ma il dicastero della Difesa chiarisce che “in questi giorni il Governo è al lavoro sul dossier” e che “l’unica voce ufficiale sul tema è e sarà quella del governo”. E dal Governo l’annuncio che Di Maio dovrà dare, se mai lo darà, non porta allo smantellamento del Muos. Affinché ciò avvenga bisogna prima di tutto che il premier Giuseppe Conte ne parli con Donald Trump e nell’incontro che a luglio c’è stato tra i due non sembra sia stato affrontato l’argomento. Ed è evidente che si stia cercando di allontanare più possibile l’argomento con l’amico Donald – che non sta facendo mancare il suo sostegno al Governo di Roma in questi giorni, anche via Twitter – dal momento che tra dieci giorni ci sarà a Palermo la conferenza sulla Libia e l’Italia conta moltissimo sul sostegno americano per la sua diplomazia nel Mediterraneo. Aprire un conflitto diplomatico con l’America non è mai una buona idea, tanto meno lo sarebbe adesso per il Governo. (Sottolineatura di chi redige).
In realtà si deve andare ben oltre la situazione contingente dell’attuale Governo che (né a merito, né a demerito) non ha sottoscritto accordi e Protocolli con gli USA, come hanno invece fatto i precedenti Governi, che hanno consentito la progressiva occupazione di buona parte del territorio nazionale da parte delle forze (fortemente) armate statunitensi, tutto sommato “straniere”, se pur “alleate”. E per quanto riguarda la Sicilia, non c’è soltanto il MUOS che dovrebbe essere “smantellato”, ma anche le numerose basi USA (soprattutto quelle di Sigonella ed Augusta) sparse nei punti strategici dell’Isola/Sicilia.
L’attuale Governo, probabilmente molto più dei precedenti, ha bisogno dell’appoggio degli USA, e certamente non solo per l’imminente Conferenza sulla Libia che si terra a Palermo: qualsiasi “negoziato” che potrà essere portato avanti nel capoluogo regionale risulterà “viziato” a causa di una “sudditanza” dell’Italia che viene da lontano, nel tempo e nello spazio, consolidata sin dai primi anni del dopoguerra, una “sudditanza” che ha dello “scellerato”, tutta a discapito delle collettività regionali e nazionali, che non hanno mai avuto “voce” in capitolo. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in merito, di certo, è più informato di chi scrive…
A conclusione: l’attuale Governo, più dei precedenti, è veramente “prigioniero” degli USA: Conte, Di Maio e Salvini (e tutti gli altri ministri) dovrebbero averne piena consapevolezza.