di Monica Romano
Avevo 14 anni. Frequentavo il primo anno di liceo. Ero un’adolescente in cerca di indipendenza. Sai cosa facevo? Andavo a piedi. La mia più grande indipendenza, nonché la mia più grande felicità, era quella di mettermi le scarpe e dire “io vado”. Andavo anche a danza. La scuola di danza era per la strada della scuola: facevo quella stessa strada 4 volte al giorno. 4 Volte al giorno passavo da quella Piazza Santa Maria di Gesù.
Quel giorno, tornavo da danza, era dunque la quarta volta della giornata che percorrevo quella strada. Erano le 17, anzi “le cinque e cinque” per l’esattezza. Già da qualche minuto avevo notato un uomo che faceva la mia stessa strada, mi camminava sempre più vicino. Non ne capivo il senso. Avevo cominciato a insospettirmi. Non avrei dovuto averne motivo… ma avevo uno strano presentimento. Ad un tratto “che ore sono?”. Iniziai a camminare un po’ più velocemente. Attraversai, volevo accertarmi di non essermi sbagliata, che le mie impressioni non fossero semplici supposizioni. Mi girai: stava camminando verso di me… a quel punto continuai per quella strada. Mi stavo allontanando un po’ da casa mia, stavo facendo un giro più largo, una strada più isolata… ma non me ne ero resa conto. Volevo confonderlo, volevo che la smettesse di seguirmi: non avrei mai pensato che avrebbe continuato. Ma non aveva nessuna intenzione di smettere. Svoltai l’angolo. Speravo che lui cambiasse strada. Sentii una presenza molto vicina a me, camminai più velocemente. Poi, ad un tratto “scusi”, mi voltai impaurita, lo vidi chinarsi alzare la mano e toccarmi il sedere. Gettai un urlo e iniziai a correre. Basta far finta che nulla fosse. Cercare ancora di capire… non c’era proprio più nulla da capire, solo correre via. E corsi via.
Mi chiamò un quarto d’ora dopo la mia migliore amica, anche lei faceva la strada per la stessa scuola di danza, la stessa Piazza, ma per lei erano “le 17.15”. Lei ebbe più prontezza di me, andò subito ad avvicinarsi a un vigilantes, così che l’uomo se ne andò con una scusa.
Ero sconvolta. Avevo solo bisogno di piangere, chiudermi in casa e non uscirne più. Inutile dire che l’indipendenza che mi ero conquistata se ne andò via veloce con quel “scusi”. Non uscii più a piedi, non più sola. L’unica cosa che potevo accettare era fare la strada con la stessa migliore amica di cui sopra. Ormai non ci spostavamo più che insieme: non eravamo libere nemmeno di tornare a casa.
Cosa feci subito dopo l’accaduto? Mi rintanai a casa per i successivi giorni?! No. Il giorno dopo andai a scuola.
Subito dopo? Andai alla caserma dei carabinieri. Non era uno stupro, non avevo subito una violenza fisica, psicologica forse, ma nemmeno troppo grave. Ci volle del tempo prima che riuscissi ad andare a piedi da sola. Del tempo e delle cuffie alle orecchie per non sentire i passi di coloro che mi stavano vicino. Tremavo ogni qual volta sentivo qualcuno avvicinarmi. Entravo prontamente in un negozio, la persona in questione poteva essere donna, uomo, italiano o migrante: la mia paura non aveva alcuna distinzione.
Vuoi più informazioni? La persona in questione era italiana. La strada che facevo era quella che facevo ormai da mesi. “Scusa” l’ho sentito a 2 minuti da casa. Come fossi vestita? Non avevo di certo una minigonna. Avevo una tuta, un lungo giubbotto. La mia amica? Lo stesso, in più occhiali e cappuccio. Non si dica dunque: sono sempre gli immigrati, chissà dove eri andata, chissà come eri vestita. Non c’è nessuna scusante! Qualunque persona fosse, in qualunque luogo fossi andata, in qualunque modo fossi acconciata… non esiste giustificazione!
Non è successo niente di grave… è vero! Ma ha avuto un forte impatto sulla mia vita. Ormai esco, vado da qualunque parte, non mi faccio scrupoli a fare km e km a piedi, ma la paura quando qualcuno mi si avvicina, quella rimane!
Avrei potuto tenerla per me, una cosa da così poca importanza. Ma io non ho avuto dubbi: sono subito andata dai carabinieri! Quel che a me non era successo, sarebbe potuto succedere a qualche altra ragazza. Sarebbe potuto accadere alla mia migliore amica, pochi minuti dopo.
Non perdere tempo, non minimizzare, non avere il timore di esser sottovalutata, o peggio derisa, ritenuta esagerata: non avere paura di parlare. Abbi paura di quel che potrebbe succedere se non lo facessi, non il contrario. Non c’è niente di peggio che possa accadere se dirai basta, piuttosto che nasconderti e lasciare che tutto resti com’è!