È stato presentato a Pedara nella Sala Culturale Area Expò il libro dello storico Claudio D’Angelo “La storia dei Siculi fin dalle loro origini”. L’incontro, patrocinato dal Comune di Pedara, curato dal Centro Studi Ducezio ha suscitato interesse nel folto pubblico presente, che ha seguito con attenzione gli interventi dell’autore e dei relatori.
Ecco, di seguito, l’introduzione all’evento da parte dei relatori.
Salvatore Ginaprelli: Oggi si fa un salto nel tempo e parleremo dei Siculi. Per me è importante la riscoperta delle radici di un popolo – quale può essere il popolo siciliano – perché tante volte si limitano solo a delle nozioni. I miei ricordi scolastici si limitavano a dire che prima dei Greci in Sicilia c’erano i Siculi, i Sicani e gli Elimi; come se queste popolazioni pre-esistenti non avessero una loro cultura, degli usi e costumi. La riscoperta delle proprie radici è importante, se a una pianta si recidono le radici è destinata a appassire e a morire. È mia convinzione che riscoprire la nostra identità ci rende anche cittadini migliori, ci si innamora della propria terra e questo contribuisce al suo rispetto. Stasera siamo sopra un’ideale macchina del tempo il cui conduttore è Claudio D’Angelo, che ci farà rivivere il percorso fatto dai Siculi.
Leone Venticinque: Salvatore Ginaprelli è stato il punto di riferimento locale per organizzare questo incontro, al quale tenevamo particolarmente essendo il primo nella provincia di Catania dopo che l’amico D’Angelo già da varie settimane ha cominciato un lungo tour per coste e montagne, borghi e città compresa la capitale Palermo con tanto di pubblico molto altolocato. Si può dire che non ha trascurato nessuno in questa sua ecumenica volontà di non lasciare che la storia dei Siculi sia né di proprietà di pochi e né a esclusione di tanti, ma un patrimonio comune. Il lavoro di Claudio D’Angelo va ricollegato ad altre esperienze di studi delle origini delle nazioni e dei popoli. Ogni popolo ha avuto i suoi storiografi e forse noi in Sicilia abbiamo qualche ritardo; cosa si cerca, quale sarebbe il punto fondamentale? Un essere umano diverso da un altro, in che senso? Per tratti somatici, per dna, per altezza, per bellezza? Nulla di tutto ciò. Quello che forse abbiamo capito nel corso degli ultimi decenni di studi etnografici e via di seguito è che esiste una dimensione dai confini non molto distinti tra l’individuo in quanto persona con le sue caratteristiche assolutamente particolari, che non può essere compresso in nessuno schema, e la generalità degli esseri umani, distribuiti ai quattro angoli del mondo. Si è cercata una dimensione intermedia – la comunità – laddove l’individuo preso da solo non è una società e si troverebbe in grande difficoltà a relazionarsi con gli altri; ma gli altri considerati come gli abitanti dell’intera terra diventano un concetto un po’ astratto, generico e irraggiungibile, tanto ampio da non poter essere effettivamente gestito nella vita di tutti i giorni. In mezzo c’è la comunità, un elemento che ha fatto parte da sempre del genere umano in quanto assolutamente necessario. Se non definiamo un perimetro che include il cosiddetto “altro significativo”, non riusciremo a relazionarci neanche con le altre culture, nel dovuto rispetto e insieme nella distinzione che di fatto esiste. Il lavoro di Claudio D’Angelo, molto specialistico e approfondito, si ricollega quindi a una dimensione che può spaziare in una vasta area, con reciproco arricchimento. Noi stessi in questa contemporaneità siamo chiamati a definire qual è il nostro senso di comunità; avrei potuto anche citare la famiglia, che però sappiamo essere un’entità di sangue che tra l’altro ultimamente vive un sostanziale declino per cui rischia di non poter essere per noi e in futuro un punto di riferimento solido. La comunità è altro, e nella sua dimensione più completa va a intersecare il campo della politica nazionale e della democrazia. Come Centro Studi Ducezio siamo particolarmente orgogliosi di questa iniziativa, con la quale – dopo un primo anno di rodaggio – iniziamo nel migliore dei modi le attività esterne che consistono in incontri pubblici. Passo la parola all’amico Agrippino Todaro per un saluto e l’annuncio di un prossimo appuntamento dalla comunità di Mineo, un piccolo borgo particolarmente significativo per la vicenda che ci racconterà D’Angelo.
Agrippino Todaro: Sono molto contento per i vari appuntamenti in tutta la Sicilia per presentare questo prezioso libro e giorno 11 lo presentiamo finalmente nel luogo di Ducezio, il paese di Mineo dove tanti storici antichi – mentre qualcuno parlava di Noto – hanno collocato la sua patria.
Leone Venticinque: L’appuntamento di Mineo – coordinato da Giovanni Cuddé – sarà una bella occasione per conoscere il territorio, con i suoi pregi paesaggistici che però richiedono la buona volontà di chi li conosce e possa farli conoscere e promuovere presso gli altri; molti gruppi escursionistici sono stati coinvolti da varie parti dell’Isola, una bella iniziativa che lascia il segno. Ecco come dalle parole si passa ai fatti, spesso per mano non delle Istituzioni ma di persone animate da buona volontà. Prima di passare la parola a D’Angelo, mi ricollego a ciò che diceva poc’anzi l’amico Todaro su Ducezio e la sua patria; avanzo qui una piccola proposta, sulla quale si potrebbe lavorare tutti insieme: se è vero che la storia dei Siculi è patrimonio di tutta la nostra terra, e così anche Ducezio, quindi anche per “diluire” anche l’antichissima contesa ricordata adesso tra Mineo e Noto, servirebbe un punto d’osservazione sui trecentonovanta Comuni di Sicilia; in alcuni di questi – Noto primo tra tutti – il nome di Ducezio è ovunque, in agenzie immobiliari, pizzerie, tabacchini. A Mineo c’è una via, tanti altri Comuni – la stragrande maggioranza – non hanno nessun riferimento. Mi piacerebbe che si desse attenzione a questo aspetto per fare in modo che la figura di Ducezio fosse più presente nei paesi e nelle città siciliane. Inoltre, grazie al lavoro di D’Angelo si viene a determinare un vasto repertorio di luoghi, momenti storici ecc. dal quale sarebbe importante attingere per far diventare l’epopea dei Siculi un patrimonio comune da ritrovarsi in strade, piazze, parchi pubblici, ecc. C’è chi di recente ha dato nomi nuovi a strade togliendo quello di un generale del Risorgimento e cose del genere, non mi addentro nel discorso ma noto solo che a volte anche per parlare male di qualcuno per ciò che ha fatto nella storia, il nome andrebbe lasciato dove sta. In ogni caso speriamo che da parte delle varie comunità si cerchi finalmente di autoprodurre questa dimensione di consapevolezza fatta anche di nomi importanti per i luoghi pubblici che siano patrimonio condiviso dei Siculi di oggi e di domani.