di Salvo Barbagallo
Si è sempre in trincea, fino all’ultimo atto: ma che significa, quando ogni cosa cade nell’indifferenza generale?
Le beghe di basso profilo sul piano nazionale ed europeo fanno perdere di vista le problematiche che investono sul piano generale decine di Paesi. Passano quasi in secondo piano anche le questioni che riguardano il flusso di migranti in attesa di potersi indirizzare verso le coste isolane e nazionali, mentre eventi che sfuggono (volontariamente, oppure no) all’attenzione dei mass media si verificano con metodica periodicità, senza che si riesca a comprendere pienamente le ragioni di fondo. È come se organismi istituzionali nazionali e internazionali si volessero preparare ad affrontare situazioni drammatiche, probabilmente avendo più chiaro del cittadino comune uno scenario imminente.
Ci riferiamo, dopo questo giro di parole (magari tortuoso e apparentemente criptico) alle continue esercitazioni aeronavali multi nazioni che si tengono, a distanza di tempo ravvicinato, nelle acque del Mediterraneo.
Non molti giorni addietro (il 26 aprile scorso) scrivevamo su La Voce del’Isola, riprendendo una notizia apparsa su Il Giornale, che “In queste ore nel Mediterraneo centrale stanno incrociando due portaerei americane: la Uss Abraham Lincoln (Cvn-72) e la Uss John Stennis (Cvn-74). Le due unità, insieme alle loro reciproche scorte che vanno a formare quello che si chiama Csg acronimo di Carrier Strike Group, sono impegnate in esercitazioni congiunte che vedono la partecipazione anche di asset degli alleati regionali degli Usa (…) Vedere due portaerei contemporaneamente nel Mediterraneo era un fatto che non succedeva dal 2016, quando la Uss Eisenhower e la Uss Truman erano state schierate simultaneamente in questo particolare e ormai delicato teatro (…) le operazioni in quella porzione di Mediterraneo prospiciente la Libia sono un chiaro segnale alla Russia (…). Questa esercitazione congiunta non è però solo un segnale verso Mosca – o Pechino – ma anche un messaggio agli alleati della Nato e partner locali che indicano che Washington non intende dimenticarsi di un teatro così importante come il Mediterraneo sempre più esposto a penetrazioni da parte di altri attori globali o regionali (…). Ebbene, dopo qualche giorno (il 29 aprile scorso) si apprende che una nuova esercitazione aeronavale, condotta dall’Italia, ha preso il via, come riporta il quotidiano online Analisi Difesa (fonte comunicato Marina Militare) la più significativa esercitazione aeronavale condotta dalla Marina Militare da bordo della portaeromobili Giuseppe Garibaldi nelle acque del Mediterraneo Centrale e Meridionale (…) l’esercitazione coinvolge gli equipaggi imbarcati di oltre 40 navi, 5 sommergibili, oltre 30 aeromobili imbarcati, ivi inclusi gli aerei dell’aviazione navale della Marina Militare e unità navali fornite da Canada, Francia, Inghilterra, Olanda, Portogallo, Spagna e Stati Uniti (…) L’addestramento in mare è fondamentale per la Marina Militare poiché costituisce il sistema più efficace per preparare, nella maniera più realistica possibile, il personale ad assolvere in sicurezza i propri compiti istituzionali, fornendo al Paese una forza navale in grado di affrontare le moderne sfide alla sicurezza marittima. L’esercitazione terminerà il prossimo 10 maggio(…).
Ci chiediamo: cosa “preoccupa” veramente l’Italia e i (cosiddetti) alleati per mettere in campo sistematicamente queste operazioni aeronavali nel Mediterraneo, per mettere in moto meccanismi altamente costosi? Come in più circostanze abbiamo sottolineato, il Mediterraneo è un mare conteso dalle grandi Potenze per le quali il suo “controllo” è di vitale importanza per potere (ovviamente) “controllare” tutti i territori dei Paesi che lo circondano. E continua (e continuerà) ad essere attuale l’osservazione di Lorenzo Vita: “(…): Il Mediterraneo e il Medio Oriente sono due mondi legati indissolubilmente. L’uno incide sull’altro. E i destini sono intrecciati fra loro tanto che oggi si fa sempre più spazio il concetto di Mediterraneo allargato, che unisce i due elementi non solo da un punto di vista geografico, ma anche politico. Non esiste più il solo bacino del Mediterraneo: tutto è unito in un unico grande gioco strategico. E chi pensava che il Mediterraneo fosse costretto a essere relegato a un ruolo secondario rispetto alle nuove sfide globali, in questi anni non ha potuto fare altro che ricredersi (…).(…) Nel Mediterraneo si giocano interessi contrapposti. Gli Stati Uniti, presenti nel bacino marittimo grazie alle loro basi ma anche grazie alla creazione della Nato, hanno unito i destini del Mare Nostrum a quelli dell’Atlantico, rendendo il nostro mare parte integrante della loro strategia (…)”.
Cosa aggiungere d’altro?
No