“Il violino di Dio” è il miracolo dell’arte

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di Aurelio Caliri

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Inizialmente mi è sembrato di essere investito come da un raggio di luce, vivida, che oltre a illuminare la scena della mia fantasia, dove a volte delle ombre s’insinuano mio malgrado, mi ha dato anche, come conseguenza, un impulso di vitalità e di calore che ha scosso piacevolmente il tran tran di ogni giorno. Miracolo dell’arte, in questo caso della poesia che Salvo Zappulla riesce a trasfondere nella sua scrittura, coinvolgendo e commuovendo il lettore.

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Ma qual è il segreto di questa sua capacità travolgente? Secondo me, il desiderio incontenibile di scrollarsi di dosso la cappa di noia che spesso ci sovrasta e incontrare quindi il mondo, abbracciarlo, l’unico modo per sentirsi in armonia con esso e lenire le ambasce che la vita, senza esclusioni, finisce per infliggere a tutti. C’è, forse, anche l’impulso di esorcizzare la paura della morte, sempre in agguato lungo il nostro cammino. E sulla morte verte appunto il racconto di Zappulla, in particolare su un trapasso sorprendente e quanto di più divertente, leggero, si possa immaginare.

Il protagonista, Alfredo Morelli, a causa di un incidente stradale, improvvisamente muore, giusto in un momento particolarmente felice della sua vita. Ma si scopre che si è trattato di uno sbaglio, raro per la verità, di Dio che non si era accorto che il lumino, riposto in un angolo nascosto del Paradiso e che indicava la durata del  soggiorno di Morelli sulla terra, era ancora acceso, per cui sarebbero dovuti trascorrere ancora molti anni prima che si spegnesse definitivamente, e così la sua vita. Di conseguenza, il suo angelo custode, imbarazzato, ha l’ordine di dissotterrarlo, mentre le sue funzioni vitali sono ancora intatte. Con un trenino speciale Alfredo Morelli va in Paradiso dinanzi  a San Pietro: unico essere vivente nell’al di là.

Nel regno celeste egli protesta con tutte le sue forze contro l’ingiustizia subita e assolutamente pretende di poter tornare sulla terra e riabbracciare la famiglia affranta per la prematura dipartita. I suoi incontri, prima con San Pietro, poi con lo stesso Dio, e infine con Cristo perché giustizia gli sia fatta, sono esilaranti, ma sorprendentemente consequenziali, direi addirittura “verosimili”, se questo termine si può utilizzare in un racconto surreale come “Il violino di Dio” edito da “Scritturapura”.

Dopo, proseguendo nella narrazione, quando al Morelli dopo tante insistenze viene concesso di rientrare sulla Terra, l’atmosfera cambia radicalmente, diventa problematica, e il protagonista scopre quanto amara e drammatica sia diventata la sorte dell’uomo, e anche la sua. Sono infatti trascorsi settant’anni dal suo decesso, poiché il tempo trascorso in Paradiso è molto diverso da quello sulla terra, ed egli scopre che tutto è cambiato e non trova più quasi alcun riferimento con la sua esistenza passata. Non può non constatare allora anche il declino dell’umanità e della natura, che finisce per angosciarlo e sconvolgerlo, tanto da inveire contro i propri simili i quali, con una tecnologia esasperata e un cieco cinismo, hanno portato il mondo allo sfacelo e a una disumanità assoluta.

Zappulla non è nuovo nel formulare denunce sincere e accorate.

Ma un’opera così originale, semplice e insieme complessa, non si può raccontare, ed è necessario piuttosto farla propria, leggendo e riflettendo.

Per finire, voglio solo aggiungere che l’Autore, formatosi a Sortino, un paesino sugli Iblei, dove in solitudine è pervenuto a una visione filosofica della vita quanto mai moderna e interessante, secondo me è un caso unico nel panorama della narrativa italiana, nel quale si colloca in una dimensione che è esclusivamente sua. Direi che egli dà di sé un’impronta singolare che non si può confondere con nessun’altra. Già avevo rilevato questa sua caratteristica ne “I ladri di sogni”, un altro suo romanzo, e sono felice che egli continui a creare su questa scia meravigliosa, senza tradire minimamente se stesso.

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