La camorra senza onore e senza regole che spara ai bambini

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di Luciana Esposito

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Meno di un mese fa, il 9 aprile, l’immagine di uno zainetto di Spiderman accanto al cadavere di un uomo coperto da un lenzuolo bianco, nei pressi dell’ingresso di un asilo nido, ha sconvolto ed indignato l’Italia intera. E non solo.

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Quel fotogramma racconta uno degli agguati di camorra più cinici ed agghiaccianti della storia della città di Napoli, perché vede i killer entrare in azione all’esterno di una scuola, sprezzanti del fatto che potessero compiere una mattanza di piccole vite innocenti.

Quella mattina, il 57enne Luigi Mignano, ritenuto vicino al clan Rinaldi di San Giovanni a Teduccio, intorno alle 8,30, insieme a suo figlio Pasquale, accompagna il nipote all’asilo che si trova in via Ravello, a pochi passi dalla sua abitazione, nel cuore del Rione Villa, la roccaforte di “MyWay“. I sicari lo hanno stanato proprio li, mimetizzato tra le scene di ordinaria normalità di molte altre persone estranee alle dinamiche camorristiche. Tanti civili e soprattutto i bambini, un tempo, al cospetto della “leggendaria camorra che non uccideva donne e bambini”, avrebbero fermato quei colpi di pistola. E, invece, quella mattina, il boss del clan che ha decretato la morte di Luigi Mignano, seguiva i killer a distanza, in auto, per godersi lo spettacolo dell’omicidio in diretta.

Il nipotino di Mignano è scampato miracolosamente alla morte e l’unica traccia della sua presenza in quei momenti di concitata violenza è quello zainetto, accanto al cadavere dl nonno.

Un sussulto allarmante che risuona come una duplice dichiarazione di guerra: al clan rivale e al rivale di tutti i clan, lo Stato.

Un messaggio recepito dallo Stato, così come dimostra la fugace visita del Presidente Mattarella sul luogo dell’agguato, all’indomani di quella strage di innocenti fortunatamente sventata.

Un messaggio che lo Stato ha recepito, senza però riuscire a partorire una replica efficace ed eloquente, almeno quanto quei colpi di pistola.

Si giunge così al ferimento della piccola Noemi, una bambina di appena 4 anni. Lo scorso venerdì 3 maggio la piccola si trovava in Piazza Nazionale a Napoli in compagnia della nonna – anche lei rimasta ferita – quando i killer sono entrati in azione per far fuoco contro il 32enne pregiudicato Salvatore Nurcaro, anche lui di San Giovanni a Teduccio, anche lui ritenuto vicino al clan Rinaldi, proprio come Mignano.

Entrambi sono stati raggiunti dai proiettili mentre erano circondati da bambini, tra i quali Noemi, trovatasi sulla traiettoria di un proiettile vagante che le ha perforato la scapola destra e non è uscito, restando incastrato tra le costole. Trasportata all’ospedale Santobono, la piccola ha avuto un collasso polmonare. Operata d’urgenza per asportare il proiettile, Noemi è finita in terapia intensiva in coma farmacologico indotto. Le condizioni della piccola restano gravi.

Salvatore Nurcaro, il 32enne unico e reale obiettivo dell’agguato è rimasto ferito in modo grave. Questo mancato omicidio – che potrebbe tradursi esclusivamente nella morte di una vittima innocente di quattro anni – si collocherebbe nell’ambito della faida tra i Rinaldi e i Mazzarella per il controllo camorristico di San Giovanni a Teduccio.

Una faida che si protrae da tempo immemore e che ha fatto registrare molteplici fibrillazioni: stese, raid armati, omicidi, non solo tra le strade del quartiere oggetto della contesa, proprio come comprova quanto accaduto lo scorso venerdì a piazza Nazionale, poche ore prima della messa in onda delle ultime due puntate della quarta stagione di “Gomorra“, la celeberrima serie tv che ha sancito “la consacrazione mediatica della camorra.”

Un agguato finalizzato a rendere ancor più perentorio ed eloquente il messaggio destinato al clan rivale e al rivale di tutti i clan: lo Stato.

Killer pronti a tutto ed incapaci di applicare quella cinica forma di buon senso che – in barba ai sentimentalismi tutt’altro che confacenti allo status di camorrista – impone di tenere lontani “rogne e sbirri” per evitare quel genere di pubblicità che minaccia gli affari del clan, la camorra  ha mostrato per ben due volte in meno di un mese, il suo volto più spietato e temibile.

A differenza delle altre organizzazioni criminali, la Camorra ha un’anima rude e un assetto confusionario. Non ha una Cupola, non esiste un capo che troneggia sui comuni o sulle province, meno che mai sull’intera regione; non ha alcuna struttura verticale di comando, di coordinamento o di condizionamento sui singoli Clan; non ha una Commissione che funga da arbitro al cospetto di controversie tra Clan o in grado di coordinare azioni corali a salvaguardia di interessi comuni.

La frammentazione della Camorra e la sua distribuzione sul territorio rappresenta la fedele riproduzione “caotica e incattivita” della configurazione urbanistica di Napoli e della sua periferia.


Ringraziamo “Napolitan” per la gentile concessione. Link articolo originale

 

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