Il premier Giuseppe Conte ha firmato la revoca dell’incarico come sottosegretario ad Armando Siri, indagato per corruzione dalla Procura di Roma. La decisione finale al termine di un Consiglio dei Ministri durato oltre due ore e mezza. Ferma la posizione della Lega che comunque, come confermato da Matteo Salvini, mantiene la sua fiducia al premier.
La vicenda Siri prende spunto da un’inchiesta della Procura romana. I magistrati romani stanno passando al setaccio i documenti acquisiti durante le perquisizioni a casa e negli uffici dell’imprenditore Franco Paolo Arata, accusato di avere “dato o promesso” 30 mila euro al sottosegretario indagato per corruzione. In particolare gli inquirenti, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal pm Mario Palazzi, sono al lavoro sui bilanci di alcune società e sui file contenuti nei computer e nei telefonini sequestrati: l’attenzione è concentrata sui flussi bancari per cercare di far luce sui rapporti che l’imprenditore ha avuto non solo con l’esponente della Lega, ma anche con altri personaggi della politica. In merito il quotidiano La Repubblica aveva pubblicato una presunta intercettazione virgolettata, poi però quelle parole sono state smentite dagli stessi magistrati e il quotidiano non ne ha più fatto menzione pubblicandole come “sunto”. Una vicenda tutta da chiarire insomma.
Di fatto la vicenda Siri ha assunto il ruolo di una decisione politica come lo stesso Conte aveva chiarito, cioè che la valutazione non è sulla fondatezza o meno delle accuse quanto piuttosto una scelta politica sull’opportunità che una persona indagata per corruzione possa o meno mantenere un ruolo istituzionale di rilievo in seno al governo, fermo restando che tutto il governo si augura che le accuse possano rivelarsi un flop e Siri essere assolto in via definitiva.