I paletti e i timori di Luigi Di Maio: o così o alle urne

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di Luigi Asero

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Un Luigi Di Maio coerente con sé stesso ma molto diverso dal capo politico pentastellato dei giorni scorsi: “O siamo d’accordo a realizzare i punti del nostro programma o non si va avanti“. L’ultimatum dopo l’incontro fra la delegazione 5 Stelle e il premier incaricato Giuseppe Conte cui, sottolinea Di Maio “Abbiamo rivolto gli auguri di buon lavoro” un presidente del Consiglio “che abbiamo sempre considerato super partes e che abbiamo fortemente voluto per l’eccellente lavoro svolto negli ultimi 14 mesi“. Poi avrebbe consegnato al premier incaricato un documento programmatico con 20 punti indispensabili per il Movimento Cinque Stelle.

Poi innesca la miccia che fa saltare i Dem, o almeno i loro nervi: “Oggi il presidente del Consiglio incaricato Giuseppe Conte potrebbe dar vita a un Conte bis. Uso il condizionale perché in qualità di capo politico del M5S sono stato e siamo stati molto chiari: o siamo d’accordo a realizzare i punti del nostro programma o non si va avanti. Non è questo l’approccio del Movimento, non è nei nostri valori guardare a un governo solo per vivacchiare“. Che poi continua “Tra le prime cose per noi fondamentali espresse al presidente c’è la nostra contrarietà a qualsiasi forma di patrimoniale. Non se ne è mai parlato ma è meglio essere chiari […] “sul Decreto Sicurezza non ha alcun senso parlare di modifiche. Vanno assolutamente tenute in considerazione le autorevoli osservazioni del Capo dello Stato a quei decreti, ma senza volerne rivedere la ratio, né tanto meno le linee di principio“. E poi il no all’aumento dell’Iva, l’abbassamento delle tasse alle imprese e ai cittadini.

In assenza di questi paletti, foss’anche soltanto uno è sembrato di capire “è il momento del coraggio. E ne servirà tanto per cambiare questo Paese. I nostri punti sono chiari: se entreranno nel programma di governo, allora si potrà partire. Altrimenti sarà “meglio tornare al voto e, aggiungo, il prima possibile”.

E ancora sull’immigrazione sottolinea Di Maio “crediamo che sia un problema serio, reale, concreto e che debba essere affrontato con grandi competenze e capacità, nel rispetto delle diverse sensibilità manifestate dall’opinione pubblica e puntando, con determinazione, verso una revisione totale del regolamento di Dublino e un’abrogazione del folle principio europeo di chi prima accoglie, poi gestisce”, infatti “il M5S è stato determinante nell’elezione della nuova presidenza della Commissione europea. Faremo valere i nostri voti per ottenere questo obiettivo. Subito dopo la nascita della nuova Commissione, chiederemo che si riconosca all’Italia una procedura d’emergenza per la redistribuzione dei migranti negli altri Paesi europei. Questo deve essere l’obiettivo dell’Italia sul tema immigrazione. Siamo stati lasciati soli in questi anni e abbiamo fatto da soli. Ora occorre che sia l’Europa ad occuparsene”.

E infine la lotta per gli incarichi. “Al presidente Conte abbiamo espresso il nostro sconcerto per questo surreale dibattito sugli incarichi. Era prevedibile che su tutti i media nazionali iniziasse a diffondersi il cosiddetto toto-ministri con nomi improbabili e di fantasia. Ma non troviamo sano che questo dibattito contagi anche le forze politiche, soprattutto quelle più rappresentative, le quali dovrebbero invece preoccuparsi di stilare un programma serio e omogeneo per i nostri concittadini. Non smetteremo mai di ripeterci che consideriamo la politica un servizio. A chi sta trascinando da giorni il Movimento 5 Stelle in questo surreale dibattito da manuale Cencelli su incarichi e ruoli, dico che i fatti parlano per noi. Come capo politico del Movimento 5 Stelle ho rinunciato due volte alla possibilità di fare il premier, sono 10 anni che tutti gli eletti 5 Stelle si tagliano gli stipendi. E mancano pochi giorni e taglieremo 345 poltrone da parlamentare con l’ultimo voto alla riforma costituzionale“.

Toni quindi molto decisi e duri quelli di Luigi Di Maio in conferenza stampa. Toni giudicati incomprensibili dal Partito Democratico con Andrea Orlando che si chiede se abbia cambiato idea e Maria Elena Boschi che parla di “minacce irricevibili”, sulla scia Graziano Delrio che definisce ciò “inaccettabile”.

Una nota del Movimento 5 Stelle appoggia in toto il discorso di Di Maio che ha così ricordato a tutti chi è il capo politico del Movimento e che forse si è sentito rafforzato dalla chiusura della telefonata col fondatore Beppe Grillo che a chiarimento del suo precedente post gli avrebbe detto “Il capo politico sei tu, a te tocca decidere”. E forse Di Maio ha capito che il premier incaricato, Conte, non è veramente super partes e forse neanche tanto convinto del Movimento di cui lui invece è capo e responsabile.

Forse ha capito il senso dell’avergli “bruciato” sia la candidatura come vicepremier che quella per il Viminale. Forse la telenovela è ancora in corso.

 

 

 

 

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