di Salvo Barbagallo
Agosto/Ferragosto: dubbi e perplessità al pari della calura.
Gernano Dottori, riferendosi alle strategie della Turchia nei confronti dell’Occidente, nell’agosto del 2015 scriveva su “Limes” di una “possibilità inquietante”: “(…) che l’attuale leadership turca stia usando i migranti come armi o strumenti di segnalazione volti a condizionare le nostre scelte (…)”. L’articolo di Gernano Dottori, dall’emblematico titolo “Migranti come armi”, faceva riferimento ad una situazione politica/militare che nel corso di quattro anni ha mutato aspetto, considerando anche l’attuale posizione di Erdogan, non tanto stabile nel suo Paese, così come ambigua è rimasta nei confronti degli alleati NATO.
In realtà, al di là delle condivisibili riflessioni del docente del Dipartimento di Scienze Politiche della Louis-Guido Carli, di quell’articolo su “Limes” c’è rimasto nel tempo quel (forse involontario) titolo, “Migranti come armi” che, se preso alla lettera, dovrebbe far preoccupare.
Qui non è in discussione la tematica della “solidarietà”, alla quale non dovrebbe sottrarsi nessuno: si vorrebbe porre l’accento sul “vero” significato dei cosiddetti “flussi migratori”, su ciò che questi “flussi”, fra le tante problematiche, stanno provocando a livello politico e a livello sociale in Italia.
Germano Dottori nell’articolo citato faceva notare che “(…) se li osserva da vicino, i profughi che stanno adesso giungendo in Ungheria, Austria e Germania sono in larga misura borghesi istruiti, tra i quali non mancano coloro in grado di esprimersi in inglese: si tratta quindi di famiglie appartenenti a classi privilegiate (…). Dottori si riferiva a individui provenienti dalla Siria, legati al regime di Damasco. Condizione diversa quella degli ultimi anni dove i migranti vengano indicati come “fuggitivi” dalle guerre in terra africana, dalla fame o dai presunti lager della Libia.
È osservando le foto che vengono divulgate dai mass media e dai social che sorgono spontanei gli interrogativi: questi migranti raccolti dalle navi delle organizzazioni umanitarie non appaiono come “esseri” disperati e denutriti. Al contrario: sono bene in carne, vestono alla moda, sono provvisti di cellulari, sfoggiano anche oggetti preziosi. Di fronte a che “tipo” di fuggitivo ci troviamo, allora?
Forse ad affogare nelle acque del Mediterraneo sono solo i “veri” fuggitivi e non quelli che si fanno le foto con Richard Gere? Chissà perché vedendo questi “naufraghi” così disinvolti si ha l’impressione di trovarsi di fronte a… militari in tenuta balneare. Che stia sbarcando una “quinta colonna”?
Chissà che ne pensa (se ancora è in funzione…) l’intelligence di casa nostra…