di Anna Studiale
Quella di Franco Indovina oggi è una storia che meriterebbe un racconto diverso fatto di meritati successi, premi, una carriera luminosa e, magari, qualche meritato riconoscimento alla carriera. Ciò, di norma, succede a tutti quei registi e, più in generale, agli artisti che hanno saputo donare alla loro arte un proprio linguaggio capace di distinguerla tra migliaia di produzioni differenti e, molto spesso, scarse di originalità.
Purtroppo ci troviamo a raccontare la sfortunata vita di un uomo che con altre 114 persone è stato vittima dell’incidente aereo di Montagna Longa, nei pressi dell’aeroporto palermitano di Punta Raisi, il 5 maggio del 1972, passeggero del volo dell’Alitalia 112. Una strage della quale ancora oggi si percepisce il dolore e anche il triste ricordo.
Una memoria ancora più triste per tutti coloro i quali hanno apprezzato e lo fanno ancora oggi la creatività ed anche la genialità di Indovina; nato a Palermo nel 1932 ma subito proiettatosi nel panorama artistico della mitteleuropea Milano che lo vide assistente del Maestro Luchino Visconti presso il Piccolo Teatro. Una breve parentesi che gli aprì presto le porte alla settima arte e a maestri del calibro di Michelangelo Antonioni del quale fu aiuto regista in tre film, L’avventura (1960), La notte (1961) e L’eclisse (1962); fu assistente alla regia di Francesco Rosi in Salvatore Giuliano (1962) per poi collaborare con Vittorio De Sica in Matrimonio all’italiana (1964).
Un apprendistato di grande prestigio che gli permise esordire con dei suoi film in cui traspare sin da subito l’originalità del suo sguardo sul mondo.
Sono sei i film a soggetto che Franco Indovina diresse: l’episodio I tre volti in Latin Lover (1964), Menage all’italiana (1965), Lo scatenato (1967), l’episodio L’era preistorica nel film L’amore attraverso i secoli (1967) e Giuochi particolari (1970). Inoltre, fu il regista della serie TV Tre nel mille che diresse per la RAI nel 1971, oltreché il documentario Michelangelo Antonioni, storia di un autore nel 1965.
Una carriera cinematografica che lo portò anche ad incontrare Soraya Esfandiary Bakhtiari, ex regina di Persia ripudiata nel 1968 perché non poteva dare una discendenza allo Scià dell’antico impero, Mohammad Reza Pahlavi, e che aveva trovato nel cinema e nell’Europa cosmopolita ed evoluta la sua nuova casa.
Era il 1964 ed Indovina stava lavorando all’episodio suddetto per Latin Lover quando i due s’incontrarono e s’innamorarono; della loro unione si parlò in tutta Europa e finì solo a causa della morte prematura del regista.
Dopo l’incidente aereo di Indovina fu scritto e fatto ben poco che lo riguardasse fino a relegarlo nel più completo oblio. Le sue opere, tuttavia, continuarono ad affascinare giovani amanti del cinema, lo fecero fino ai nostri giorni ispirando, in particolare, il regista palermitano Gaetano Di Lorenzo; costui è riuscito non solo a ridare nuova luce alla sua memoria ma è stato anche l’artefice nel 2015 di un film documentario, A proposito di Franco, prodotto dall’Associazione Arknoah con il sostegno di Sicilia Film Commission.
Si tratta di un film che è nato da un lato dalla passione di De Lorenzo per il cinema e, dall’altro lato, dalla volontà di strappare al più completo oblio l’opera di un cineasta siciliano che ancora oggi rappresenta uno dei più preziosi tesori del cinema dell’Isola. Di grande importanza per la sua realizzazione sono state le testimonianze raccolte tra alcuni tra grandi del cinema italiano che conobbero Indovina, il regista Francesco Rosi, il Maestro Ennio Morricone, il regista Roberto Andò oltre che dell’importante testimonianza della figlia Lorenza che ha sin da subito sostenuto il progetto di De Lorenzo e non ha esitato a tracciare uno quadro intenso ed anche commovente del padre.
«Franco era un uomo del quale io rispettavo questo suo desiderio di fare cinema, tra noi si era stabilito un rapporto amichevole», lo ricorda così Francesco Rosi all’interno del film e alla sua voce si unisce quella di Ennio Morricone per il quale «Indovina è stato un regista importante che voleva comunicare col pubblico ma era anche ad un livello più alto, cioè anche quello con una calligrafia particolare».
Per la figlia Lorenza suo padre «poteva essere capito di più, forse poteva avere dei riconoscimenti maggiori rispetto a quelli che ha avuto e comunque chi fa il regista, chi cerca di dare corpo alla propria creatività, alla propria espressione artistica, un pochino ha bisogno di riconoscimenti».
Con la realizzazione del film Di Lorenzo cerca di puntare un timido raggio di luce su quella che era la visione del mondo di un uomo per le cui opere, come affermano taluni critici, è difficile fare una catalogazione di genere, forse perché era ancora in divenire il suo sguardo sul mondo e sugli uomini ma che, senza dubbio, ciò che ha realizzato lo ha fatto con arte e singolare originalità.
Ma ecco cosa racconta Gaetano Di Lorenzo a proposito del suo film documentario ed anche su Franco Indovina:
«L’idea di realizzare questo documentario mi è venuta durante la visione di un suo film, Lo Scatenato; ho subito iniziato a raccogliere materiale ed informazioni e mi sono reso conto che ben poco era stato realizzato su questo regista. Non mi sono arreso ed ho contattato i suoi familiari, in particolare la figlia Lorenza la quale non solo mi ha fornito delle importanti notizie sul padre ma ha dato importante sostegno nella realizzazione del documentario. Sono molto contento di aver avuto l’opportunità di raccontare la figura di un regista sconosciuto alle nuove generazioni ma che in pochi anni di attività prima della sua prematura scomparsa aveva realizzato diversi film e tutti dotati di un certo spessore artistico. Era un regista originale che aveva realizzato bei progetti e sono certo che ne avrebbe fatti tanti altri ancora se non fosse morto prematuramente».
L’opera di Di Lorenzo è stata proiettata in diversi festival ricevendo diversi riconoscimenti tra i quali l’Efebo d’Oro e la candidatura nel 2016 ai Nastri d’Argento; un successo meritato per un’opera che ha donato come una seconda vita ad un uomo che con la sua arte ha comunque lasciato una bella eredità al cinema italiano e non solo.
Non secondario l’amore del giovane regista palermitano per il cinema coltivato da autodidatta sin dalla sua infanzia e, sul solco “tracciatogli” da Indovina, la passione per i film di Michelangelo Antonioni, considerato il maestro fonte d’ispirazione alla voglia di raccontare storie con una piccola videocamera.
A seguito del successo di A proposito di Franco, Gaetano Di Lorenzo si cimenta con un grande della commedia italiana, Totò, con il film documentario. A prescindere… Antonio De Curtis, uscito nel 2019, ed ancora con la produzione dell’Associazione Arknoah ed il sostegno di Sicilia Film Commission.
In quest’opera il regista fa un ritratto particolare del grande Totò dal suo debutto in teatro per arrivare al suo abbandono del palcoscenico proprio a Palermo per via dei suoi problemi di vista. Ciò che rende unico il film di De Lorenzo è la ricerca anche in questo caso di materiale inedito, aneddoti e dettagli poco noti al grande pubblico che contribuiscono a donare qualcosa di nuovo su un uomo che con la sua arte e personalità ha segnato buona parte del Novecento italiano.
Una passione per la settima arte vissuta da Gaetano Di Lorenzo in modo genuino ed con collaborazioni fondamentali come quella con Francesco Torre e, benché le esigue risorse economiche, desiste dal proseguire per il sentiero che si è già tracciato nell’universo cinematografico palermitano. Ci anticipa, a tal proposito, il prossimo film su cui sta già lavorando: i protagonisti saranno le voci dei parenti dei desaparecidos argentini di origine siciliana nel corso della dittatura militare in Argentina dal 1976 al 1983. Indubbiamente un lavoro spinoso e delicato che potrebbe dare una luce inedita ai tanti volti di uomini e donne scomparsi nel buio di quella tirannia sudamericana.