“Quella stagione limpida”. Dagherrotipi Messinesi di Pinella Venuti

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di Pina D’Alatri

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Fresco sincero e molto coinvolgente questo breve ma intenso memoriale di Pinella Venuti BonannoQuella stagione limpida”( Edarc Edizioni Firenze 2011 pag 91).

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Attraverso gli occhi di una bambina, scorrono immagini di un periodo travagliato per molti stati ma soprattutto disastroso per l’Italia: la seconda guerra mondiale. La bimba rievoca, con grande limpidezza, gli eventi salienti che hanno coinvolto la sua famiglia e non tralascia il piccolo mondo circostante che  costituisce una ragnatela molto spessa e tentacolare. Le citazioni dotte che precedono la narrazione, sono già indicative della linearità e dell’onestà intellettuale dell’autrice. La scrittura deriva da un minuzioso  scavo interiore e deve fare emergere la profonda verità del narrato, mettendo da parte qualunque tipo di protagonismo (Flaubert) e le persone non debbono esser giudicate dalle loro amicizie ma dal loro comportamento (Hemingway).

Il tema di fondo del testo è la constatazione che i cambiamenti, seppur prodotti da eventi disastrosi con terribili ricadute sull’uomo e sul territorio, devono essere visti come elementi di crescita e di maturazione.   Proprio nei momenti cruciali della propria esistenza, l’uomo è capace di generosi atti d’altruismo e di valore. La seconda guerra mondiale determina un mutamento sostanzia del popolo messinese che, pur mantenendo la propria innata dignità, deve adattarsi a repentini stravolgimenti ed a molte e dolorose  espoliazioni. Lo sbarco degli Americani è come una scossa tellurica che scuote dalle fondamenta un mondo stereotipato, fermo al passato e legato a formule ormai desuete. La bimba, pur in un marasma che la turba profondamente, riesce a cogliere in “nuce”queste spinte innovative ma, soprattutto, percepisce gli stimoli vitali delle classi subalterne. La città dello stretto, nella sua storia atavica, è sempre stata crocevia di sbarchi e d’incroci ma la seconda guerra mondiale, proprio per la sua alta tecnologia di morte, la conduce nel cuore di una modernità “svalutata” e spesso perdente.

La bimba coglie tutto questo e si muove, in questo mondo dicotomico e contraddittorio, con la maturità di un adulto che ha conservato, tuttavia, il piacere della scoperta e l’afflato universale. In tutta la narrazione si accavallano due piani temporali: quello  della bimba di ieri e quello della donna di oggi, ma senza contaminazioni. Nell’affresco doloroso di una città bombardata, questa ragazzina attenta coglie ogni stimolo e lo tesaurizza nell’archivio della memoria a cui in un tempo più maturo la scrittrice attingerà. Le bombe che squassano la città non fanno crollare solo i muri di cemento ma anche le barriere sociali e i pregiudizi atavici. La bimba coglie gli stimoli che provengono dagli altri, senza le ostruzioni create da una società bigotta, e si apre ad un mondo che è vorace e crudele ma, in certe figure conserva un ampio margine di umanità. Così la ragazzina comprende la verità dell’essenza umana con le sue  contraddizioni e le  sue ambiguità ma, soprattutto, si rende conto della sofferenza e della povertà del popolo minuto. Riesce a capire che i comportamenti devianti derivano spesso da bisogno  e ne ha pena. È, quindi, un romanzo di formazione che non si compiace di virtuosismi scrittori ma è netto, essenziale, talvolta scabro. Tra tutti, emblematico e percorso da una forte ieraticità  è l’episodio della morte di Serafina, a’ babbicedda, che rappresenta per la protagonista narratrice un momento doloroso di crescita e di iniziazione al mondo degli adulti.

Commovente affresco di un mondo scomparso, il romanzo di Pinella Venuti, scava profondamente nell’animo del lettore ma lo fa con la levità di una prosa “limpida”.

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