di Salvo Zappulla
Leonardo Lodato, giornalista, è capo servizio Cultura e Spettacolo del quotidiano “La Sicilia” di Catania. Ha cominciato la sua carriera collaborando alle pagine del quotidiano del mattino di Palermo “L’Ora”, per poi trasferirsi a Catania dove ha prima collaborato all’emittente televisiva Antenna Sicilia e, poi, entrando a fare parte della redazione del quotidiano “La Sicilia”. La musica è la sua grande passione insieme al mare (è un subacqueo “profondo”) e al tè (possiede una sterminata collezione di tè provenienti da tutto il mondo). Ha ideato, per conto dell’azienda italiana Vulcan, un piatto per batteria denominato “Sonar”, esposto di recente al NAMM show, la più importante fiera di strumenti musicali degli Stati Uniti, nel quale, con la collaborazione degli artigiani turchi che lavorano per conto di Vulcan, è riuscito a riprodurre il tradizionale suono del sonar dei sottomarini.
“Cielo, la mia musica!” è il suo secondo libro dopo “Storie di Uomini e di Navi – Un’avventura chiamata Veniero” (Ed. La Mandragora), scritto a quattro mani con il collega di immersioni Guido Capraro.
Lodato è persona gentile, sarà perché ama la musica, sarà per il fatto che cura le pagine “nobili” del quotidiano “La Sicilia”, sembra aver fatto suo il pensiero di Dante: atti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”. La ricerca e il conseguimento delle virtù e della conoscenza, cioè del sapere trascendente, la vera ragione dell’esistenza umana. Questo del suo libro è un titolo quantomeno singolare, in tempi di porti chiusi, quarantene e paura di contagi, sembra volersi elevare verso spazi siderali. Quale migliore arte della musica per spazzare via confini e limitazioni linguistiche? La musica parla un linguaggio universale, è accessibile a tutti, non ci sono barriere che possano limitarne la diffusione, è lo strumento per eccellenza che unisce tutti i popoli. Leonardo Lodato questo lo sa bene, in quanto appassionato di musica, studioso e profondo conoscitore. Il volume contiene interviste inedite a dodici musicisti siciliani: da Bob Salmieri a Andrea Cantieri, da Caterina Anastasi alla Compagnia D’Encelado Superbo, da Giuseppina Torre a Lello Analfino, da Miriam Trapassi all’ex Denovo Mario Venuti, da Paolo Buonvino a i Pupi di Surfaro, da Roberta finocchiaro a Rosalba Bentivoglio. La prefazione del libro è firmata dal tastierista dei mitici Rockets, Fabrice Quagliotti. Insomma c’è tanto di quel materiale da costituire un manuale che valorizza e spinge verso il cielo artisti italiani e siciliani forse non abbastanza conosciuti nel panorama internazionale. E, anche per me, che sono rimasto fermo a Marcella Bella e quando sento parlare di musica jazz e rock penso siano marche di ottimo wischy scozzese, a leggere questo libro mi si è aperto un mondo, non immaginavo ci fosse tanto fermento attorno alla musica italiana. Allora meglio parlarne con l’autore.
Leonardo Lodato, un libro sulla musica, in un periodo piuttosto buio, dove si chiudono porti e aeroporti per limitare gli accessi. Sembra quasi una sfida, un andare controcorrente, a dimostrazione che l’arte, la meravigliosa proprietà dell’arte musicale, non può essere contenuta dentro confini e barriere, viaggia alta nel cielo sconfinato. È così?
Hai detto bene. La musica è sempre stato un simbolo di libertà. Penso a David Bowie e alla nascita di quella che, a mio avviso, è la sua canzone più bella e significativa: “Heroes”. Due ragazzi che si amano all’ombra del Muro di Berlino, infischiandosene di quell’ingombrante fardello creato dalla società moderna e dalla politica, da una guerra che mette tutti contro tutti.
Tre buoni motivi per leggere il tuo libro.
Ho citato Bowie, ma nel libro ci sono esempi meno eclatanti, ma sicuramente di grande valore, di come la cultura in tutte le sue manifestazioni, soprattutto in Sicilia, possa fare da cassa di risonanza ad una società più libera, tollerante e, soprattutto, più educata. Penso a Bob Salmieri la cui musica è un concentrato di tutto quello che il mediterraneo, nel corso della sua storia, ha raccolto e raccontato, alla commistione tra i popoli, a conquistati e conquistatori che hanno saputo stringere alleanze e mischiare il meglio di sé. La nostra cultura, e per nostra intendo tutti i paesi che si affacciano sul Mare Nostrum, è come il cous-cous, un concentrato di odori, di sapori, di emozioni. Altri due motivi per leggere questo libro? Il fatto che nessuno degli artisti coinvolti ha dato risposte banali, e perché si tratta di un libro dove dominano la sincerità e il rispetto per il lettore.
C’è una musica che possiamo definire siciliana?
Sì e no. Mi spiego meglio. La musica siciliana la intendo tale se parliamo di “scuola” come si fa per quella milanese o genovese. Ma se parliamo di artisti come Franco Battiato, Carmen Consoli, Levante, i Denovo, non possiamo più parlare di musica siciliana, sarebbe troppo riduttivo. Loro e tanti altri, penso anche agli Uzeda, a Cassandra Raffaele, a Roberta Maci, a Diego Spitaleri, hanno fatto fare un salto di qualità non indifferente alla musica proveniente dalla nostra Isola, hanno valorizzato un sound che non conosce confini.
Ritieni che emergano i veri talenti, o anche in questo campo intervengono fattori subordinati a interesse di mercato?
Come in ogni lavoro, anche nella musica non basta la passione. Oggi i dischi non si vendono più, comanda il web, vincono i “like”, le “condivisioni”. Così, capita che uno pseudoartista che ti azzecca la strofa giusta, riesca a conquistare un posto al sole con maggiore facilità rispetto a chi suda nelle cantine. Il messaggio che attraverso i dodici artisti intervistati nel libro viene fuori, è quello di non mollare mai, di non abbattersi, di andare avanti. Prima o poi, il talento vince.
Se invece di fare il giornalista avessi scelto di diventare un cantante, chi avresti voluto essere e perché?
Con la mia erre moscia avrei potuto aspirare a diventare Francesco Guccini. Scherzi a parte, il cantante no, ma ho provato a diventare batterista prima e sassofonista poi, anche se il mio punto di riferimento è sempre stato un cantante/bassista, Lemmy Kilmister dei Motorhead. Come vedi non ho mai avuto aspirazioni da grande rockstar…
Per concludere, una domanda d’obbligo: Qual è il tuo cielo?
Dicono gli inglesi: home is where the heart is, la casa è dove hai il cuore. Ecco, il mio cielo è dentro di me, dove c’è il mio cuore. È casa mia, la mia famiglia, la mia musica, i miei libri.