Simboli solari della Sicilia preellenica

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Un’ipotesi di  interpretazione delle sfere litiche e le croci come simboli solari  presenti in vari siti

di Saro Tizzone

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Scarabeo

A Malta, le sfere litiche, le troviamo nei templi di Tarxien, un complesso di quattro strutture megalitiche realizzate tra il 3600 e il 1500 a.C.
In Egitto, le troviamo associate alle divinità come simbolo solare, abbinate agli  scarabei che secondo la credenza spingevano il sole attraverso il cielo o lo facevano rotolare attraverso l’oltretomba, ogni notte; Khepri infatti per gli egizi rappresentava il sole del mattino, era rappresentato con l’astro solare. Una particolarità dello scarabeo è quella di trasportare la pallina di sterco verso la tana seguendo una linea retta, orientandosi attraverso la luce emessa dalla Via Lattea. È evidente che in Egitto, le sfere litiche sono proprio un simbolo solare.

In Sicilia è visibile lo scarabeo nel tetradramma di Aitna possibile cronologia 460-465 a.C.

Anche in Sardegna è presente una sfera litica nel complesso prenuragico di Monte d’Accoddi, attribuito alla Cultura di Abealzu-Filigosa, della Sardegna prenuragica.

In Sicilia il culto solare era complementare a quello della dea madre.
Un disco solare lo troviamo adiacente alla spirale  nel sito megalitico di Balze Soprane a Bronte, secondo le credenze  rappresentava la componente maschile, che con il suo sorgere e il suo tramontare fecondava la dea madre e dava già l’idea della risurrezione dell’anima simile a quella semitica, la datazione del sito è fine Neolitico, quindi antecedente sia ai templi di Tarxien (come caratteristica simile hanno anche la spirale) che a quelli Egizi.

«Se il Sole, secondo l’opinione degli antichi, regge e governa tutti gli altri astri, e presiede esso solo al movimento dei pianeti, e se è vero che le stelle con le loro orbite regolano, come taluni ritengono, l’ordine degli eventi umani, o, secondo la teoria di Plotino, lo preannunciano, dobbiamo necessariamente considerare il Sole, in quanto governa i governatori del nostro destino, come origine di tutto ciò che accade intorno a noi.»

 Macrobio, Saturnalia I, 17, 2-5

 

   

Nel mito, Elio visto con sembianze di pastore, possedeva sull’isola di Trinacria sette mandrie di buoi, il cui numero non aumentava né diminuiva mai, rappresentanti i sette giorni di una settimana, e sette greggi di pecore, rappresentanti le sette notti di una settimana. Ogni mandria e ogni gregge era composto da cinquanta capi, ovvero il numero, secondo il computo antico, delle settimane dell’anno solare.
Si spiegò questo armento come l’immagine dell’anno primitivo di trecentocinquanta giorni e altrettante notti, divisi in cinquanta settimane. Era proprio in Sicilia che i sacerdoti avevano conoscenze tali da determinare vari aspetti astronomici dell’anno, infatti i compagni di Odisseo rubarono il bestiame a lui sacro. Questi buoi del Sole, che furono mangiati dai compagni di Odisseo, erano animali d’un candore immacolato, dalle corna dorate, ed erano custodite dalle figlie del Sole. Gli Argonauti, invece, veleggiando lungo le coste orientali della Sicilia, videro i bianchi greggi di Elio pascolare presso la riva, ma resistettero alla tentazione di rubare qualche capo.

Un toponimo che ricorda queste leggende antiche è monte Tauro dove sorse successivamente Tauromenion.

 

Diverse sfere litiche le troviamo nel sito a carattere astronomico di Motta Camastra (dal sanscrito “amanti delle stelle”), in Sicilia, il luogo ideale per lo studio degli astri.

Anche la patera in oro del VII sec. a.C. di Sant’Angelo Muxaro doveva essere utilizzata per il culto solare, dallo stesso luogo di provenienza in un bronzetto raffigurante un bue è visibile una croce interpretabile come simbolo solare.

Le croci pre-cristiane come simbolo solare le troviamo fin dal neolitico incise in diverse grotte,e siti preistorici, ritrovate incise anche in alcune monete d’oro del re celtico Bodvoc  del 94-15 a.C. Al fine di mantenere buone relazioni con la dività del sole e i suoi rapperentanti sulla terra (i druidi) Bodvoc diplomaticamente mise un grande anello di sole sopra al cavallo dalla tripla coda e al centro dell’anello del sole, mise una piccola croce, come per dire: “Io riconosco il potere dell’onnipotente dio del sole e riconosco che il suo dominio si estende in tutti i quattro punti cardinali – est, ovest, nord e sud.”

 

 

Molte croci si trovano anche nel territorio di Tripi (Me), antica Abakainon.
Continuando, a Eraclea Minoa, una sfera è posta su una stele proprio per il culto solare, infatti alla fondazione della città possiamo ipotizzare che erano presenti anche Siculi o Sicani, i primi abitanti non erano di una sola etnia.

“Ibi non solum iste ut apud ceteros pecuniam accepit, sed etiam genera veterum ac novorum numerumque permiscuit.”

«Qui Verre non solo prese denaro, come negli altri luoghi, ma anche mescolò categorie e numero di cittadini vecchi e nuovi
(Marco Tullio Cicerone, In Verrem, II, 2,125.)

 

Il maggior numero di sfere litiche le troviamo in Sicilia nei siti preistorici della Valdemona abitata prevalentemente prima dai Sicani e successivamente dai Siculi.

Ne troviamo diverse a Castiglione di Sicilia, all’interno e all’esterno di alcune tombe a grotticella artificiali e nella contrada di Santa Maria la Scala adiacenti a dei pozzi sacri.

Ne troviamo alcune a Rocca Pizzicata soprastante un altare e vicino ad un antico palmento litico;

Nel complesso dell’Argimusco, secondo gli indizi era presente una scuola pitagorica infatti loro per le sfere avevano una profonda venerazione. Questo solido era la rappresentazione materiale della teoria “dell’armonia delle sfere”.

Ne troviamo diverse anche nel sito preistorico di Rocca S.Marco, Ucria (ME), dall’esame del materiale raccolto, il Prof. Luigi Bernabò Brea ha potuto stabilire che durante il periodo paleolitico superiore fu frequentata dall’uomo, dove creò una fabbrica di selce.

Tra i numerosissimi reperti pervenuti dagli scavi archeologici di Francavilla (ME) e conservati all’antiquarium, ci sono tre amuleti catalogati come oscille, sono amuleti a forma di disco solare, dal diametro di 6-8cm, che venivano indossati dai guerrieri siculi, come si evince dalle raffigurazioni del tempio di Medinet Habu che mostrano una specifica iconografia di guerrieri i quali vengono così descritti: “I ŠEKELES hanno i capelli raccolti al di sotto di un panno, in alcuni casi rigonfio, fermato sul capo da un nastrino; indossano un medaglione sul petto e hanno in dotazione due lance e uno scudo rotondo.”

 

Dal punto di vista geologico i siti della Valdemona sono caratterizzati da una formazione sedimentaria nota in letteratura col nome di flysch di Capo d’Orlando, formazione a carattere pressochè torbiditico, con giacitura da mediamente acclivi ad acclivi. I pareri dei geologi riguardo alle sfere litiche della Valdemona sono discordanti, per qualcuno sono formazioni naturali, per altri le sfere sono lavorate per sottrazione, in ogni caso è inconfutabile che i luoghi erano scelti dagli indigeni prima dai Sicani e Siculi dopo.

“Passato lo stretto, tennero e occuparono la parte migliore del paese, per circa trecento anni fino alla venuta degli Elleni in Sicilia; e ancor oggi occupano la regione centrale e settentrionale dell’isola.”

(Tucidide, Storie IV,2 (Trad. Sgroi)

 

 

 

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