Anziani: con il Coronavirus categoria da cancellare?

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di Salvo Barbagallo

 

Vengono chiamati “anziani”, con delicatezza, per non definirli “vecchi”: sono le persone donne e uomini) che hanno superato i settant’anni. Questi “anziani” (lo dicono i numeri registrati in poche settimane) sono stati le vittime privilegiate del Coronavirus, soggetti anche con altre patologie che il mortale morbo ha esasperato sino a un finale accelerato. Da qualche giorno si è messa in moto la macchina investigativa per scoprire i “perché” e i “per come” nelle Case di riposo (dal nord al sud) si siano avuti centinaia e centinaia di decessi: si cercano le responsabilità, si troverà qualche capro espiatorio che (magari) finirà sotto processo, ma a chi è passato a miglior vita poco importerà e importerà poco ai loro familiari di chi sono state le colpe. Forse ha agio più “civilmente” qualche Paese del nord Europa che ha apertamente dichiarato, al diffondersi della pandemia, che nelle cure gli “anziani” dovevano cedere il passo ai più “giovani”? Cioè, niente assistenza intensiva per loro?

Ben poco di “civile”, in verità, in questa enorme crisi sanitaria c’è stato da un capo all’altro del mondo e pure, ovviamente, in Italia: ritardi e disfunzioni negli apparati d’emergenza, ritardi e confusione in chi ha cercato di “governare” una emergenza annunciata, prevista e “decretata” con normative temporali.

C’è più di un dubbio, almeno in Italia. Gli “anziani” da più parti sono stati e sono considerati un “peso”: danno fastidio per le pensioni, danno fastidio perché ancora sono in grado di esprimere un voto elettorale poco “controllabile”. E in merito a quest’ultimo aspetto, basterebbe ricordare “chi”, non tanto tempo addietro, propose di “togliere” il voto agli anziani. Sprofondati a questo livello, perché non aggiungere “togliamo loro anche la vita?”. Se si dovesse credere alle teorie complottiste, dovremmo affermare che il Coronavirus è stato (ed è) uno strumento ideale di “eliminazione soft” di una categoria considerata “vuoto a perdere”. Non si può arrivare a tanto e rifuggiamo dal ritenere che la pandemia è “qualcosa” di “pilotato” e “voluto”.

In realtà c’è da chiedersi perché il “pubblico” mostra più interesse alla tutela dei migranti (che sono pur sempre, e volente o nolente, dei “clandestini”) che non ai suoi cittadini più avanti in età: forse chi governa ritiene che trattandosi soltanto di un “fatto anagrafico”, l’Italia che è un Paese di “vecchi” deve trovare il modo di rigenerarsi, di trovare una soluzione alternativa e in tempi brevi.

Purtroppo per presunti e ipotetici malvagi che vedono nell’estinzione di una categoria umana un dato positivo, di “soluzioni finali” si mantiene memoria e oggi quella non sarebbe di certo una strada percorribile.

È normale che nei momenti di grande crisi il cittadino comune si ponga dubbi e interrogativi: il problema è che nessuna rassicurazione in questi frangenti possa essere veramente convincente. Ai dubbi e agli interrogativi si aggiunge, a conclusione una “naturale” incertezza su un domani che presenta uno scenario oscuro. Una volta c’era la lotta di classe, ora si deve immaginare la “lotta anagrafica”?

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