di Salvo Barbagallo
Sinceramente non vorremmo essere nei panni di chi in questo momento ha in mano le sorti del Paese con le decisioni che dovrà prendere per “riaprire” al quotidiano le “normali” attività dell’essere umano: in Italia il Coronavirus ha già superato la soglia delle ventimila vittime e ancora la sua virulenza non è stata bloccata. Dopo gli errori iniziali fatti dal Governo all’apparire del morbo, ora che la situazione sembrerebbe tendere alla stabilità con presumibile calo dei contagi, c’è la necessità di riprendere il cammino produttivo forzatamente interrotto. La questione è delicata perché scegliere un percorso di ripresa anziché un altro, e in modo o in un altro, comporta incorrere in rischi rilevanti che è difficile prevedere sia nella natura che nella rilevanza.
E pur tuttavia in queste visibili condizioni di difficoltà, nel complesso articolato delle difficoltà, qualcosa sembra sfuggire all’attenzione, qualcosa sembra non tornare, qualcosa non appare al posto giusto. Questo “qualcosa” dà adito a tante e tante teorie complottiste che – a noi – appaiono molto fuor di luogo essendo costretti ad affrontare una realtà che ha pochi riscontri, una realtà che necessita di soluzioni e non di più o meno stravaganti ipotesi che, alla fine, non portano a nulla. È la certezza, insomma, che se ci sono presunte verità nascoste, queste verità non verranno mai svelate.
Dunque, la realtà dei fatti.
Il Consiglio dei ministri ha deliberato il 31 gennaio 2020, per sei mesi, lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili; e il decreto conseguente è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 55 il 4 marzo successivo. Immediatamente dopo, con lo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 sono state adottate, sull’intero territorio nazionale, le note misure restrittive che hanno provocato anche (ben note) polemiche con diversi governatori di Regioni.
Conosciamo cosa è accaduto e accade nelle regioni del nord, conosciamo (purtroppo) quanto elevato sia il numero delle vittime del Coronavirus (già superata la soglia dei ventimila morti), conosciamo le disfunzioni che si sono registrate in materia di Sanità (ospedali non preventivamente attrezzati, cliniche per anziani lasciate a sé stesse, eccetera), ora l’ultimo decreto governativo ha aperto una serie di attività lavorative. Indispensabili decisioni onde evitare un blocco mortale dell’economia, e non solo.
Un interrogativo. Vista – dopo la traumatica esperienza della Cina, in particolare – la pericolosità del virus, con quale criterio scientifico (o politico?) è stata ipotizzata in sei mesi la chiusura dell’emergenza, considerando che allora non si conosceva neanche il modo di come sconfiggere il Coronavirus? Si era appreso, invece, che il morbo colpiva le fasce elevate in età degli individui, circostanza che in molti hanno considerato marginale e altri (spregiudicatamente) addirittura utile. Ricordiamo, in riferimento a questo “dettaglio”, che qualche Paese nordico non ha preso e non prende in assistenza i vecchi!
Da oggi sono riaperte numerose categorie commerciali e professionali, la gente poco comprende se si è ancora in “quarantena” o se la “quarantena” se non conclusa è stata allentata come pre-fase di fine emergenza.
Confusione mista ad incertezza che, per esempio (e come scritto in precedenza) non tocca l’èlite del Gruppo Bilderberg che, incurante della normativa che vieta gli “assembramenti”, lancia la sua “sfida” e si programma il suo summit a Torino per il prossimo giugno, prima ancora che “ufficialmente” si chiuda il periodo d’emergenza stabilito dal Governo.
Qualcosa non torna? Boh!
E infine, per non aggiungere ulteriori interrogativi, la “questione migranti” che –come scrive Gianluca Gaiani su “Analisi Difesa – L’epidemia di Coronavirus in Italia non ferma gli sbarchi di migranti illegali nella Penisola e se i numeri non sono certo quelli fuori controllo registrati tra il 2013 e il 2017 dall’inizio dell’anno a oggi sono sestuplicati rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso: 3.050 contro 551. E ciò, per non aggiungere i migranti che da tempo si trovano sul nostro territorio che la fanno franca a qualsiasi normativa, bivaccando indisturbati e rendendosi (volontari o involontari) portatori di contagio.
Convivere con il Coronavirus? Si tratta soltanto di deambulare con il volto coperto da mascherina e tirare avanti in una normalità che, comunque, sarà diversa? Oppure c’è da aspettarsi altro? Oppure ci sarà da adattarsi all’antico Carpe diem? Le acrobazie televisive dell’attuale Premier non rassicurano, come non rassicurano i terribili dati che quotidianamente giungono dalla Lombardia o quelli complessivi forniti dalla Protezione Civile. Rigettiamo le idee complottiste, ma sosteniamo che qualcosa non torna: non sono solo sensazioni a pelle, ma è la realtà che è sotto gli occhi di tutti.