Pandemia e misure restrittive: dove si intende parare?

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di Salvo Barbagallo

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Di cose strane al seguito della tragica vicenda (ancora non conclusa) del Coronavirus ne abbiamo notato diverse e altre se ne affacciano all’orizzonte. Inutile elencarle o ripeterle perché le abbiamo segnalate in nostri precedenti articoli, che si sono chiusi con poche parole: “Qualcosa non torna”.

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Gli italiani – così come dopo sono stati costretti fare le collettività dei Paesi europei, d’Oltre Oceano e di altri nei vari angoli del pianeta –  per arginare i crescenti contagi del pericoloso morbo, si sono adattati alle misure restrittive che il Governo ha posto in atto: i risultati positivi si incominciano a intravedere e il Paese fra qualche settimana, sebbene gradualmente e in evidente confusione, prenderà la via della “ripresa”. Una “ripresa” difficile perché sono al collasso imprese commerciali che non avranno la forza di recuperare la loro attività, l’industria e l’agricoltura che necessitano di aiuti immediati. Una condizione drammatica all’interno della quale si muovono i responsabili della Cosa pubblica che adottano “misure” (seppur considerate giuste) che nessuno (a quanto risulta) mette in discussione, anche se vengono animate polemiche che, alla fine, risultano sterili e distraggono l’attenzione dai veri problemi.

Fra qualche giorno si dovrebbe discutere (il condizionale è d’obbligo) in Parlamento sull’adozione della poco chiara “app Immuni” che dovrebbe tracciare il percorso clinico di ogni cittadino in riferimento al divulgarsi del Coronavirus: una misura intesa come “salvaguardia” e “prevenzione” per tracciare e quindi contrastare i contagi. Questa “app” in ogni modo deve contenere i propri dati personali e indicare non solo gli spostamenti quotidiani, ma anche le persone con cui si entra in contatto, a condizione che anche queste usino l’app. In teoria, si sostiene, verrà rispettata la privacy delle singole persone anonimizzando tutte le informazioni. Non è tutto. Per avere una significativa valenza di controllo, questa “app” – in teoria “volontaria” e non “obbligatoria” –  dovrebbe essere usata “almeno” dal sessanta per cento della popolazione, e pertanto chi non la utilizzerà si vedrebbe applicata  una “limitazione” negli spostamenti. Non è tutto. Presupponendo che gli “anziani” non posseggano o non sappiano usare uno smartphone, verrebbe applicato un “braccialetto elettronico” in modo tale che i loro spostamenti possano essere individuati con la “app”.

Come si apprende da un servizio pubblicato su “Fatti e Avvenimenti” a firma di Sean Golino, la “app Immuni” è stata creata dalla software house milanese guidata da Luca Ferrari “Bending Spoons”. Lo scorso giovedì 16 aprile i vertici della società e il commissario all’emergenza coronavirus Domenico Arcuri hanno firmato il contratto per fare diventare “Immuni” la app ufficiale del governo italiano. Come dire: ancor prima che il Parlamento possa decidere in merito, già è stato firmato un “contratto”. Come dire: la decisione sulla “app Immuni” è stata già adottata?

Da parte dei mass media nazionali (e non) è stata data e viene data minima rilevanza alla delicata questione, nonostante che qualche “poco efficace” reazione si sia avuta anche da parte del Presidente del Copasir, Raffaele Volpi, che ha dichiarato Il Comitato per la sicurezza della Repubblica intende approfondire la questione dell’App “IMMUNI” sia per gli aspetti di architettura societaria sia per quanto riguarda le forme scelte dal Commissario Arcuri per l’affidamento e la conseguente gestione dell’applicazione non escludendo l’audizione dello stesso Arcuri ritenendo che si tratti di materia afferente alla sicurezza nazionale, mentre il Presidente della Commissione Telecomunicazioni alla Camera, Alessandro Morelli, ha affermato Sulla app per il tracciamento del virus del governo non c’è nessuna garanzia per la privacy degli italiani e sulla sicurezza sui server. Crea grande allarmismo il fatto che lo stesso Garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro, dichiari a mezzo stampa di non essere stato coinvolto nella valutazione dell’applicazione su cui è ricaduta la scelta del governo (..).

“Qualcosa non torna? Fin “troppe cose” non tornano.

Dallo svilupparsi degli “eventi” che riguardano la collettività nazionale si delinea uno scenario da fantapolitica, che porterebbe a giustificare le teorie del complottismo: facile innamorarsene, di certo non utili al Paese. Superata la soglia delle 24 mila vittime del Coronavirus, mentre crescono i contrasti sull’applicazione delle modalità della “ripresa” e con l’avvicinarsi della stagione estiva, scienziati e tecnici prevedono una seconda fase oscura della pandemia in Italia, in autunno. Il Governo procede a “carro armato” sulle decisioni da adottare, debole e non incisiva la voce delle opposizioni (?), sulla collettività nazionale è stata fatta cadere l’incertezza del quotidiano e dell’immediato futuro: si punta sulla responsabilità individuale (tutti chiusi a casa per il bene comune), controlli delle forze dell’ordine opportuni, a volte “eccessivi”, i militari armati in posti di blocco rassicurano e inquietano, i droni e gli elicotteri adoperati a tutto spiano (anche per inseguire una singola persona su una spiaggia deserta), sono dati di fatto e non fiction televisive, così come fiction non è l’eclatante numero dei morti fra gli anziani, che suscita sgomento e perplessità.

Più che legittime le domande: Dove si intende andar a parare? Chi sta manovrando realmente il “pandemonio” derivato dal Coronavirus?

 

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