Due casi, differenti, entrambi preoccupanti però. Soprattutto quello accaduto in Calabria dove un uomo 67 enne cardiopatico, che era stato dimesso nel lodigiano dopo che il tampone aveva dato esito negativo è morto in ospedale ieri a Cosenza. L’uomo, calabrese, dopo esser stato dimesso era rientrato nella sua terra con appunto esito negativo di due tamponi effettuati (quindi assolutamente in regola sembrerebbe). Giunto in Calabria però si è sentito male ed è stato ricoverato nuovamente per problematiche cardiache. Qui però si è improvvisamente aggravato presentando nuovamente sintomi di polmonite interstiziale e a un nuovo tampone effettuato è risultato essere nuovamente positivo. Poco dopo è stato intubato e poi dalla terapia intensiva trasferito in rianimazione per l’ulteriore aggravamento delle sue condizioni. Questo però non gli ha consentito di salvargli la vita e nella giornata di ieri è deceduto. Adesso si vive apprensione tra il personale della cardiologia e i pazienti ivi ricoverati.
A Caltanissetta è invece giunto all’ospedale Sant’Elia, sempre nella giornata di ieri un anziano originario di Serradifalco il cui tampone, appena una settimana fa, aveva dato esito negativo. Nella serata le condizioni si sono aggravate e l’uomo è stato trasferito in rianimazione.
A questo punto è lecito chiedersi: quando un paziente si può considerare realmente guarito? La negativizzazione del soggetto dà certezza che non si possa nuovamente contrarre il virus? O in una fase di remissione dalla malattia è possibile che il virus riesca ad annidarsi in qualche organo che sfugge al controllo del tampone? Domande che speriamo non rimarranno senza risposta da parte della comunità scientifica, impegnata come non mai in una sorta di lotta contro il tempo.