di Salvo Barbagallo
Del vecchio imperativo “Credere Obbedire Combattere” oggi è rimasto solo il centrale “Obbedire” e chi non lo applica, nella migliore delle ipotesi, viene multato.
Qualcosa non torna? Non solo “qualcosa”, ma “tante cose” non quadrano, tante cose che non vale la pena elencare, ma che ora anche il cosiddetto Uomo della strada incomincia a notare. È però quell’imperativo “Obbedire” che allarma maggiormente, al quale sembra seguire la logica (o la politica?) del “bastone” e della “carota”. Il tutto, ovviamente, ruota attorno alla necessaria tutela della salute pubblica, del preservare ad ogni costo l’incolumità fisica della collettività nazionale e sembra un paradosso quando si considera che le “linee-guida” vengono imposte da governanti che (nel tempo) hanno mostrato il (quasi) totale disinteresse nei confronti dei cittadini, che (quasi) sempre hanno sfruttato per portare benefici e privilegi ad élite che (in generale) il cosiddetto “popolo” non ha scelto.
Indubbiamente la pandemia non è una fantasia horror: è una realtà sotto gli occhi di tutti, è quella di un morbo che ha mietuto e continua a mietere vittime non soltanto in Italia ma ovunque ci sia vita “umana”. Numeri che ricordano quelle delle vittime delle guerre note, delle guerre nelle quale si riconoscevano i “buoni” e i “cattivi”, delle guerre concluse dove i “buoni” erano i “vincitori” e i “cattivi” i “perdenti”.
Circola a tuttoggi l’indovinello sull’origine del mortale morbo, c’è la (strumentale? falsa?) querelle se il virus sia “naturale” o nato in “laboratorio”, la querelle, comunque, non ha un seguito significativo in quanto diventerebbe incauto e pericoloso muovere accuse là dove non ci sono prove concrete (almeno apparentemente) in grado di accusare apertamente chicchesia. Gli Italiani hanno “obbedito” agli “ordini” provenienti dall’attuale Governo, si sono rinchiusi in casa rispettando le normative della Quarantena imposta. Quale voce qualificata incomincia a levarsi, a nostro avviso con visione in un certo senso “riduttiva”. E’ il caso della “voce” di Giuseppe De Rita (fondatore del Censis) che sostiene che la paura è stata usata volontariamente come meccanismo per accentrare il potere e far accettare alle persone ogni decisione, insomma che La comunicazione utilizzata durante l’epidemia di coronavirus ha alimentato un meccanismo di paura, un “clima sospeso” che ha determinato un “accentramento di potere”. (AGI, agenzia di stampa nazionale).
Afferma De Rita: …è un meccanismo non solo italiano, viene usato in Inghilterra e in altri Paesi. Una comunicazione che crea un tempo sospeso, in cui nessuno dice con precisione cosa avverrà. E questo non puo’ che accrescere la paura (…) finora, si è assistito a una verticalizzazione degli indirizzi da dare alle nostre relazioni sociali, dall’alto ci è stato indicato in che modo poterle avere. Chi incontrare, come farlo, in che spazio e così via (…). Da condividere l’analisi di Giuseppe De Rita, anche se appare teoricamente riduttiva: c’è da chiedersi, infatti, se si tratta solo di un volgare “accentramento di potere” (cioè, in termini banali, quel voler mantenere la poltrona che si occupa ad ogni costo), o se “l’accentramento di potere” vada “oltre”, essendo il Coronavirus un “problema” che tocca sia l’Italia che l’intero pianeta, coinvolgendo Potenze mondiali e Paesi emarginati. E si afferma ciò senza sostenere o ipotizzare presunti “progetti complottisti”.
Il giornalista Salvo Bella (su altri livelli che è opportuno non individuare…) scrive: “… a volte spunta la tentazione di raccontare qualcosa…”, e si risponde “… pensare fa iniziare, poi subentra l’autocensura…”. Si ha timore di quei numeri che fanno accapponare la pelle, sbattuti quotidianamente dai mass media, ed anche in questo versante De Rita vede correttamente: “…Comunicare un numero di morti o contagiati, non ci fa capire cosa c’è dietro quel dato. I numeri secchi, privi di analisi statistica e qualitativa, creano maggiori paure in una situazione di emergenza che ha concentrato il potere in comitati scientifici, commissari, task force…”.
In Italia prende il via la “Fase 2” e sono ancora ordini e disposizioni ai quali bisogna sottostare. Di “ordini e disposizioni” se ne avranno per molti mesi: la pandemia non ha concluso il suo ciclo, lo stesso Decreto sull’emergenza (varato quando ancora si “ignoravano” i pericoli del Coronavirus) prevede che le misure vengano adottate sino al prossimo luglio, gli scienziati prevedono una forte ripresa dei contagi in autunno, Borrelli chiede di prolungare l’emergenza sino a dicembre.
Confusione e incertezza predomineranno la vita dei prossimi mesi, mentre aumentano le “discriminazioni” punitive sugli “assembramenti” più o meno legittimi. Si vedono le forze dell’Ordine intervenire pesantemente per contenere la manifestazione delle “mascherine tricolori”, e dall’altra parte si ignorano gli assembramenti dei migranti (ora da ritenere “ex”) e poco viene fatto per gli spacciatori stranieri. In compenso in “Fase 2” viene data facoltà “ridotta” per la ripresa delle attività commerciali e produttive. Tutto sotto stretto controllo.
Allora c’è da chiedersi: “accentramento di potere” mirato a cosa?
Tante cose non tornano e la gente ormai incomincia a chiedersi il “perché”…
Fantapolitica supporre che, in un futuro non lontano, si potranno vedere per le strade urbane anche i carri armati? Forse quelli dei Carabinieri?