di Santi Randazzo
Nel numero 15 della rivista “ Incontri” del 2016 pubblicavo il contenuto di documenti depositati presso la Sovrintendenza ai Beni Culturali di Catania che dimostravano in modo inequivocabile come la cisterna esistente all’interno del Dongione di Motta Santa Anastasia (erroneamente ma usualmente indicato come Castello e visibile nella sottostante immagine) era stata costruita nel 1934; per cui rimando eventuali lettori interessati a consultare l’articolo, intitolato: “La presunta prigione di Bernardo Cabrera nel castello di Motta Santa Anastasia (CT)”.
Alla luce della documentazione rinvenuta presso la Sovrintendenza di Catania era, pertanto, impossibile poter identificare la cisterna attualmente esistente all’interno del Dongione e costruita solamente nel 1934, come il luogo in cui Bernardo Cabrera era stato tenuto prigioniero nella “Mota de Santa Anastasia” tra l’agosto del 1412 ed il 31 marzo del 1413. Che la cisterna esistente oggi all’interno del Dongione di Motta Santa Anastasia non esisteva prima del 1934 lo testimonia la richiesta avanzata dal podestà del comune di Motta Santa Anastasia (con nota protocollo n. 2223 del 7 luglio 1934) indirizzata alla Direzione Sovrintendenza ai Monumenti Nazionali Antichi di Siracusa che per competenza la trasmise alla Regia Soprintendenza all’Arte Medievale e Moderna di Palermo, con la quale si chiedeva l’autorizzazione per: “ … inserire nelle modifiche all’acquedotto un serbatoio da costruire in una stanza a pianterreno di questa torre medievale, monumento nazionale.”. Alla predetta richiesta la Regia Soprintendenza di Palermo ( con nota protocollo n. 2276 del 31 luglio 1934) rispondeva al podestà di Motta Santa Anastasia: “Dalla Consorella alle Antichità di Siracusa, è stata trasmessa, per competenza, la lettera sopra ricordata di V.S. Il.ma relativa alla costruzione di un serbatoio idrico nella stanza terrana del monumento in oggetto. La Soprintendenza scrivente, prima di pronunciarsi, prega V.S. Ill.ma di voler far avere qualche fotografia della torre in parola e dell’ambiente nel quale il serbatoio dovrebbe essere attuato. In uno con le fotografie suddette, V.S. Ill.ma vorrà inviare a quest’Ufficio il progetto in duplice copia dei lavori […].”. A conferma dell’inesistenza della cisterna oggi esistente nel Dongione di Motta Santa Anastasia alla data del 1934, vi è il contenuto della nota di riscontro alla lettera della Regia Soprintendenza di Palermo da parte del Podestà di Motta S.A. (nota protocollo n. 2365 del 16 agosto 1934) che, nell’inviare le fotografie richieste, testualmente recita: “ […]. Per come la S.V. rileverà, il piano terreno è composto da un vestibolo e da due camere laterali. Il vestibolo comunica con le camere a mezzo di due porticine. Inoltre nel vestibolo trovasi una scala di legno che porta ai piani superiori. Le camere laterali sono prive di pavimento e di intonaci e non presentano alcuna particolarità notevole dato che anche le volte sono di recente costruzione.”. La ricezione delle fotografie del Dongione viene comunicata al podestà di Motta S.A. con nota prot. n. 2572 del 24 agosto 1934 della Regia Soprintendenza di Palermo. Ulteriori notizie storiche contenute nei resoconti di due viaggiatori che hanno visitato Motta Santa Anastasia tra il 1902 ed il 1911 ed una serie di foto reperite presso la Sovrintendenza ai Beni Culturali di Catania permettono di appurare con certezza lo stato in cui si trovava l’interno del Dongione di Motta fino al 1934.
Testimonianze di visitatori
La prima testimonianza ci proviene dalla cronaca di una visita al Castello di Motta, fatta tra il 1902 e il 1903, da Giovanni Paternò Castello e riportata in un articolo pubblicato sulla rivista «Emporium» a Bergamo. Dice Giovanni Paternò Castello del Dongione di Motta Santa Anastasia: “La torre è alquanto più piccola di quelle di Adernò e Paternò. Dentro non v’è cappella né vestigio alcuno di quel lusso che s’ammira nelle prime due. Sembra con certezza esservi stato un posto di guerrieri e null’altro. Dalla base alla cima dei merli misura metri 26, con stretto giro. Non finestre gotiche, non bifore, adornano le quattro facciate esteriori, se ne togli una dal lato di mezzogiorno in parte murata. Abbondano invece le larghe feritorie e le difese ogivali. Forse vi sarà stato un ponte levatoio dal lato Nord con breve fosso; ora è tutto scomparso. L’interno era diviso in tre piani, ed il secondo fu adibito nel secolo scorso a carcere pei condannati. Anche oggi nelle buie celle riservate a costoro, si scorge, al lume d’una lanterna, qualche graffito mezzo distrutto su quegli umidi muri; in uno il condannato chiede perdono a Dio dei suoi peccati e attende rassegnato l’ora suprema. Con le volte cadute non sono rimasti che i soli muri maestri e poche travi alle basi lavorate, che prima eran di sostegno alle volte. Una scala posticcia, di legno, porta sulla terrazza merlata del castello, da dove si gode d’una vista incantevole. […] Prima di discendere da quel paradiso degli occhi, occorre osservare una pietra sulla quale è incisa una data indecifrabile Iɔɔɔ; che sarà? Forse uno e tre C, mille e trecento; ma che significa? A che attribuirla, se la torre risale al 1079? Forse a qualche restauro posteriore?” Come si può ben vedere dal resoconto di Giovanni Paternò Castello, pubblicato nel 1903, non si rileva l’esistenza di alcuna cisterna all’interno del Dongione; le due foto sottostanti forniscono un’immagine diretta della situazione dello stesso nel 1934.
Una seconda descrizione del Dongione e del Castello di Motta Santa Anastasia, ci proviene dal resoconto di una visita effettuata nel 1911 e pubblicata nel giornale periodico “ Il Monserrato” nel numero 11 del 1911 alle pagine 83-84. Così il resoconto: “L’automobile si fermò nella piazza, noi c’incamminammo su per le viottole strette che conducono alla rocca. Appena si sale, si vede un arco, a tutto sesto, fatto di pietra lava e di pietra bianca, a quadri alternati. Sul centro dell’arco è incisa la data 1802, però la nostra guida ci fa osservare in un angolo della porta, in basso, la data 1560; certo queste due date segnano delle restaurazioni. In cima alla salita, prima ci si presenta alla vista la chiesa parrocchiale forse di costruzione antica, ma ora completamente rimodernata secondo il pessimo gusto dei paesi siciliani; nella chiesa vi è un quadro discreto, a sinistra entrando. Poi andammo sulla torre: si entra per una porticina che mette in una stanza sterrata, a volta, e ingombra di pietre di frammenti di marmo; per una porta, a sinistra, si accede ad una stanza che ha le pareti e la volta completamente affumicate. La guida ce ne disse la ragione: fino a pochi anni or sono, il castello era aperto a tutti, e, nell’inverno, serviva di rifugio ai poveri, che vi accendevano il fuoco. Inoltre, quando non esisteva il carcere dei carabinieri, le guardie dei paesi vi mettevano gli arrestati. Dalla prima stanza, per una scala di legno, si accede al piano superiore, che consta di tre stanze: la prima è attraversata nella sua lunghezza da un immenso trave di legno; la seconda separata dalla prima mediante un muro rustico che sembra di recente costruzione. Nel centro della volta c’è una magnifica ogiva, e un poco più sotto diversi pali di legno assai bel lavorati. Da un lato, per una porta strettissima, si entra in una stanza quali perfettamente all’oscuro, nella quale sono come due grandi rialzi lunghi forse 2 metri ed altri 1,50. In ognuno di questi è praticato un foro appena sufficiente per passaggio di una persona stesa bocconi, e si accede in una minuscola cella, tanto piccola che tre di queste sono comprese nel detto rialzo. La guida ci disse che eran celle per i prigionieri più pericolosi. Per tre rampe di scale si giunge al terrazzo d’onde si gode un’ottima vista. Su di una pietra dell’apertura che da adito al terrazzo, si leggono queste cifre, 1377, da altri interpretate come 1577, data in cui si fecero alcune restaurazioni. “. Anche dal contenuto di questo resoconto del 1911 che descrive l’interno del Dongione, si evince chiaramente che a tale data non esisteva alcuna cisterna all’interno dello stesso.