di Salvo Barbagallo
Sulle cosiddette “bucce di banana” possono scivolare anche le persone che conoscono la “materia giuridica”. È il caso del premier Giuseppe Conte che si è “opposto” in maniera plateale all’ordinanza del Governatore della Sicilia, Nello Musumeci, sulla chiusura degli hotspot nell’isola. O forse non si tratta di una “buccia di banana”, ma di una presa di posizione consapevole: dimostrare che lo Statuto Speciale della Sicilia non vale un fico secco, che è solo carta straccia da non tenere in alcuna considerazione. Nell’uno e nell’altro caso, il risultato non cambia. Ora i Siciliani stessi dovrebbero incominciare a comprendere come sono stati e vengono considerati dal Governo nazionale: abitanti della “colonia” Sicilia. E ciò, purtroppo, grazie al coinvolgimento (o connivenza interessata?) di chi la Sicilia ha rappresentato nel Governo nazionale da quando l’Italia è diventata Repubblica.
È una storia lunga, quella della Sicilia “sottomessa”, una storia che parte dal lontano 1946 e i cui risvolti si manifestano anche oggi.
La storia… vale la pena ricordare al premier Conte qualche passaggio che gli è probabilmente sfuggito
Il 15 maggio del 1946, il Consiglio dei ministri, presieduto da Alcide De Gasperi, approva il decreto n. 455 con il quale viene istituita la Regione Siciliana. Il decreto viene prolungato all’indomani con la firma di Umberto di Savoia, e la controfirma del guardia sigilli Palmiro Togliatti, e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 10 giugno seguente. Lo Statuto Speciale dell’Autonomia Siciliana, confermato dalla Costituente, diventa parte integrante della Costituzione italiana. La concessione dell’Autonomia risultava essere il frutto di un compromesso politico: bloccare la forza del Movimento Indipendentista che metteva a rischio l’unità del Paese, e nel contempo anticipare gli orientamenti dell’Assemblea Costituente, che si era mostrata favorevole all’organizzazione dello Stato su basi regionalistiche. Alla Sicilia era stato concesso di più: un Parlamento che si agganciava alla storia dell’isola e alle tradizioni parlamentari risalenti all’epoca medioevale e uno Statuto Speciale che le avrebbe potuto garantire lo sviluppo. Compromessi e falsità perché, come gli stessi Governi regionali hanno dimostrato sin dall’inizio, lo Statuto Speciale è stato tenuto in naftalina: qualche accordo “segreto” ne ha impedito l’attuazione. Qualche “patto scellerato” (fra chi?) che viene “rispettato” fino ai giorni nostri, se – come si è visto – anche l’attuale Governo nazionale considera “non applicabili” le norme contenute nello Statuto Speciale.
È un “fascista” il Governatore Nello Musumeci, come lo definisce Gad Lerner? Ma finiamola: il “colore” politico del Governatore siciliano è noto fin da quando portava i pantaloni corti, così come è noto il suo rispetto per la nazione Italia, così come è nota la sua integrità.
Musumeci sta tentando di applicare le norme dello Statuto Speciale: sicuramente ne pagherà le conseguenze, ma diciamolo francamente: è il Governo attuale d’Italia che in questo momento si sta ponendo contro il Governo legittimo della Sicilia. Una “buccia di banana” quella sulla quale è scivolato il premier Conte? Non lo crediamo…