“Bisogna adattarsi”: parola d’ordine corrente

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di Salvo Barbagallo

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Si riparte, in Italia: la Scuola riapre i battenti, le imprese “devono” riprendere le loro attività, il meccanismo sociale “deve” rimettersi in moto: il Coronavirus non è stato sconfitto, le vittime ci sono ancora e le piangono solo i congiunti, il Governo tira avanti per la “sua” strada, quale che sia, di certo “ignota” alla collettività. La parola d’ordine corrente, “imposta” dalla necessità di un lungo momento drammatico, è “bisogna adattarsi”. Adattarsi, in caso contrario si è destinati a scomparire.

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La Scuola è ripartita”, il Governo è “soddisfatto”. Ci si chiede: “soddisfatto” di cosa? Che i ragazzi siano tornati a Scuola? Era più che giusto e inevitabile, ma “quale” Scuola ha fatto trovare il Governo agli studenti? Quella dove i bambini devono stare il ginocchio per mancanza di sedie, banchi e insegnanti? O quella della “speranza” (irraggiungibile) auspicata dal Capo dello Stato?

La Pandemia registra in Italia meno contagiati: evviva! Meno tamponi fatti, meno contagiati “scoperti”: tutto appare come un imbroglio ben orchestrato.

I migranti che giungono in Sicilia? Ormai un problema passato in secondo piano, “accettato” come inevitabile: la presa in giro dello svuotamento dell’hotspot a Lampedusa è una lezione di grande magia. Il Piave è lontano dal Sud e, comunque, non “mormora” più.

“Bisogna adattarsi”: come?

Indubbiamente è vero che nell’arte di arrangiarsi il “popolo” italiano ha dimostrato, nel tempo, di saperci fare. Non poteva prevedere che l’arrangiarsi si sarebbe trasformato in regola. Ora, però, il “popolo” incomincia a comprendere che “qualcosa non quadra” ed a porsi interrogativi, anche se è convinto che nessuno darà risposte adeguate e, soprattutto, non darà risposte convincenti. E soprattutto che non cambierà nulla nell’immediato futuro, se non un peggioramento dell’attuale.

Quella che si attraversa sembra la fase del “carpe diem”, in attesa di eventi che possano mutare lo stato delle cose. Il guaio è che nessuno crede all’imprevedibile o all’imponderabile: l’uomo “qualunque” resta in attesa della “speranza”… ma del domani non ha certezza.

Il terrore mediatico che ha supportato la Pandemia ha spezzato il senso della solidarietà, non può esserci “socializzazione” neppure fra i banchi della scuola elementare, ora proibito anche il saluto del “gomito a gomito”, bisogna portare la “mano al cuore” per dire “ciao” all’amico o al conoscente. Distanziamento sociale come norma? Più che altro allontanamento programmato, quell’allontanamento che i giovani – a torto oppure a ragione – non vogliono o non riescono ad accettare.

E pur tuttavia c’è da stare “speranzosi”: gli scienziati hanno scoperto che l’atmosfera di Venere contiene fosfina e quindi su quel pianeta possono esserci nuove forme di vita. Evviva! Il domani si prospetta bene.

E pur tuttavia su questo pianeta, il nostro pianeta Terra, gli scienziati ancora non hanno trovato l’antidoto per battere il Coronavirus, un virus la cui origine si sconosce (?) e nessuno sembra mostrare interesse ad andare a fondo per comprendere cosa sia veramente accaduto.

Più di una cosa “non quadra”, ma di certo c’è che “bisogna adattarsi”, anche a quelle norme governative (comunque avallate) che passano con i “rimproveri” del Presidente della Repubblica.

E a conclusione si resta in attesa: di cosa?

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