Fu resa nota dal governo Forlani il 20 maggio, che l’aveva ricevuta il 25 marzo
AdnKronos – Quarant’anni fa la scoperta e la pubblicazione degli elenchi degli affiliati e del programma della P2 aprirono un caso politico e giudiziario che scosse le Istituzioni repubblicane. Sciolta d’autorità in quanto associazione segreta, la loggia massonica coperta (i cui membri cioè non sono conosciuti dagli affiliati ad altre logge), fu oggetto di una commissione d’inchiesta parlamentare e di vari procedimenti giudiziari.
Originariamente appartenente al Grande Oriente d’Italia, la loggia Propaganda 2 fu formalmente sciolta nel 1974 e surrettiziamente ricostruita nel 1975, sotto la guida del Maestro Venerabile Licio Gelli che la trasformò in una forza occulta in grado – secondo le accuse della magistratura inquirente e della commissione d’inchiesta guidata da Tina Anselmi – di condizionare il sistema economico e politico italiano.
Il 17 marzo 1981, su ordine dei magistrati della Procura di Milano Gherardo Colombo e Giuliano Turone, che indagano sul falso rapimento del banchiere Michele Sindona, la Guardia di Finanza esegue una perquisizione a Villa Wanda ad Arezzo, dimora di Gelli, nell’azienda tessile ‘Giole’ di Castiglion Fibocchi (Arezzo), dove si trovano gli uffici di Gelli. Tra le carte sequestrate viene trovato l’elenco dei presunti iscritti alla loggia P2: nella lista ci sono 962 nomi, tra i quali 208 militari e appartenenti alle forze dell’ordine (43 generali e l’intero vertice dei servizi segreti), 11 questori, 5 prefetti, 44 parlamentari, ministri, banchieri (lo stesso Sindona e Roberto Calvi), imprenditori, professionisti, magistrati e giornalisti.
La lista dei 962 nomi viene resa nota il 20 maggio 1981. Era stata trasmessa al governo presieduto da Arnaldo Forlani il 25 marzo, cioè otto giorni dopo il rinvenimento a Castiglion Fibocchi, dai magistrati milanesi. L’impatto sul sistema politico italiano è fortissimo. Lo stesso giorno viene arrestato Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, con l’accusa di esportazione illecita e omesso rientro di capitali. Il 22 maggio viene emesso un mandato di cattura per procacciamento di notizie sulla sicurezza dello Stato e spionaggio politico nei confronti di Gelli, ma il “Venerabile” nel frattempo è fuggito in Svizzera.
Il 23 maggio Aldolfo Sarti si dimette da ministro della Difesa perchè il suo nome appare tra gli aspiranti alla loggia P2. Si dimettono perchè presenti nella lista P2 anche il capo di stato maggiore della Difesa Giovanni Torrisi e i capi dei servizi segreti Giuseppe Santovito e Giulio Grassini. Il 26 maggio si dimette il presidente del Consiglio Arnaldo Forlani, a cui succederà il repubblicano Giovanni Spadolini, che divenne così il primo premier non appartenente alla Democrazia Cristiana della storia repubblicana. Il 13 giugno si dimette Franco Di Bella dalla direzione del “Corriere della Sera” dopo che il suo nome è apparso nella lista P2, su cui compaiono anche l’editore Angelo Rizzoli, il suo collaboratore Bruno Tassan Din e il banchiere Calvi che il 22 aprile aveva comunicato di avere acquisito il 40% della casa editrice Rizzoli-Corriere della Sera.
Il programma della P2, che il 29 ottobre 1981 il presidente della Repubblica Sandro Pertini definì “un’associazione a delinquere”, era contenuto nel “piano di rinascita democratica” che venne illustrato da Gelli in un’intervista a Maurizio Costanzo (anche il su nome apparve tra gli affiliati della loggia), pubblicamente sul “Corriere della Sera” il 5 ottobre 1980.
Il documento originale del “Piano di rinascita democratica”, scritto probabilmente nel 1976, fu sequestrato nel luglio 1982 all’aeroporto di Fiumicino nel doppiofondo della valigia di Maria Grazia Gelli (morta in un incidente stradale il 22 giugno 1988), la figlia del Maestro Venerabile che rientrava in Italia da Nizza.
L’obiettivo della P2, si legge nel testo, “deve essere, nei partiti, nella stampa e nel sindacato, quello del controllo delle persone che in ogni formazione o in ogni giornale siano ritenute sintoniche con gli obiettivi del ‘Piano’ e della creazione di strutture (formazioni politiche e giornali) che se ne facciano strumento di realizzazione. Per il sindacato in particolare, deve essere prioritario l’obiettivo della scissione dell’unità sindacale per poi consentire la riunificazione con i sindacati autonomi di quelle componenti confederali sensibili all’attuazione del Piano”.
Attraverso l’indebolimento dei sindacati, il controllo dei giornali e di politici di partiti di governo e del Msi, la distruzione dei monopolio Rai, la P2 avrebbe puntato a un mutamento della Repubblica in senso presidenziale, anche ai fini di indebolire l’opposizione di sinistra e impedire l’ingresso del Partito comunista nel governo. In seguito la P2 risultò coinvolta in molte inchieste giudiziarie sulle stragi e su alcuni omicidi politici.
Subito dopo la scoperta della lista, Forlani nomina un comitato di tre saggi (Vezio Crisafulli, Lionello Levi Sandri e Aldo Mazzini Sandulli) per fornire elementi conoscitivi e critici sull’attività della P2. La P2 fu sciolta con un’apposita legge, la n. 17 del 25 gennaio 1982, perchè considerata un’associazioni segreta e come tale vietata dall’articolo 18 della Costituzione. La legge definisce come segrete quelle organizzazioni che, “anche all’interno di associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali ovvero rendendo sconosciuti, in tutto od in parte ed anche reciprocamente, i soci, svolgono attività diretta ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonchè di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale”.
Il 23 ottobre 1981 viene istituita la commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2, guidata dalla deputata democristiana Tina Anselmi, prima donna a diventare ministro nella storia della Repubblica. La commissione affronta un lungo lavoro di analisi per far luce sulla loggia P2 e conclude i lavori nel 1984.
La conclusione di maggioranza presentata da Anselmi sottolineava “‘ampiezza e la gravità del fenomeno che coinvolge, ad ogni livello di responsabilità, gli aspetti più qualificati della vita nazionale. Abbiamo infatti riscontrato che la loggia P2 entra come elemento di peso decisivo in vicende finanziarie, quella Sindona e quella Calvi, che hanno interessato il mondo economico italiano in modo determinante”.
“Non si è trattato, in tali casi, soltanto del tracollo di due istituti di credito privati di interesse nazionale, ma di due situazioni finanziariamente rilevanti in un contesto internazionale, che hanno sollevato – con particolare riferimento al gruppo Ambrosiano – serie difficoltà di ordine politico non meno che economico allo Stato italiano – scrive Anselmi – In entrambe queste vicende, la loggia P2 si è posta come luogo privilegiato di incontro e centro di intersecazione di una serie di relazioni, di protezioni e di omertà che ne hanno consentito lo sviluppo secondo gli aspetti patologici che alla fine non è stato più possibile contenere. In questo contesto finanziario la Loggia P2 ha altresì acquisito il controllo del maggiore gruppo editoriale italiano, mettendo in atto, nel settore di primaria importanza della stampa quotidiana, una operazione di concentrazione di testate non confrontabile ad altre analoghe situazioni, pur riconducibili a preminenti centri di potere economico. Queste operazioni infine si sono accompagnate ad una ragionata e massiccia infiltrazione nei centri decisionali di maggior rilievo, sia civili che militari e ad una costante pressione sulle forze politiche. Da ultimo, non certo per importanza, va infine ricordato che la loggia P2 è entrata in contatto con ambienti protagonisti di vicende che hanno segnato in modo tragico momenti determinanti della storia del Paese”.
“In questa vasta e complessa operazione” portata avanti dalla P2 – evidenzia Anselmi in un altro punto delle conclusioni – può essere riconosciuto un disegno generale di innegabile valore politico; un disegno cioè che non solo ha in se stesso intrinsecamente valore politico – ed altrimenti non potrebbe essere, per il livello al quale si pone – ma risponde, nella sua genesi come nelle sue finalità ultime, a criteri obiettivamente politici”.
Al termine di un’inchiesta durata 10 anni (1991) la magistratura rinvia a giudizio Licio Gelli (nel frattempo indagato e imputato in altri procedimenti penali) e altri 12 membri dell’associazione segreta con l’accusa di cospirazione contro lo Stato. L’esito del processo di primo grado (1994) si rivela positivo per Gelli che, seppur condannato per alcuni reati, viene assolto dall’accusa di cospirazione politica. L’appello, proposto, viene rigettato, e nel 1996 la Corte d’appello di Roma conferma la sentenza assolutoria. (Xio/Adnkronos)
Nella foto, Licio Gelli