A ex consigliere comunale Castelvetrano sequestrati beni per un mln di euro

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Beni per un valore di circa un milione di euro sono stati sequestrati dal Ros di Trapani a Calogero Giambalvo, alla moglie, Ninfa Vincenzini e al prestanome Roberto Siragus. Il provvedimento è stato emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del tribunale di Trapani, su proposta della Procura Distrettuale di Palermo.

I beni sequestrati, tutti a Castelvetrano, sono costituiti un’azienda, un’abitazione, un capannone industriale, 3 autovetture, numerosi rapporti bancari e una polizza assicurativa. Siragusa è Roberto è risultato intestatario fittizio di una azienda, in favore di Giambalvo, alla quale nel 2019 era stata affidata la somministrazione di bevande in occasione del Torneo della Legalità, tenutosi a Castelvetrano in memoria del presidente dell’Associazione Civitas.

Figura centrale è Giambalvo, ex consigliere comunale di Castelvetrano, il cui nome è risultato in diverse indagini su Cosa nostra. Imputato nell’ambito del processo Eden II (assolto in primo e secondo grado), è attualmente imputato innanzi al Tribunale di Marsala nel processo Anno Zero per una tentata estorsione aggravata dall’aver commesso il fatto per agevolare le attività di Cosa Nostra ed è stato condannato dal Tribunale di Trapani nel settembre 2020 per lo stesso reato.

Il nome di Giambalvo compare anche nell’indagine Scrigno che aveva approfondito i legami tra politica e Cosa nostra trapanese, mettendone in evidenza il particolare attivismo nel corso delle elezioni politiche del febbraio 2013. Il collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa, legato da rapporti di parentela con il latitante Matteo Messina Denaro, lo ha indicato come incaricato di tenere i rapporti tra le famiglie di Castelvetrano e Castellammare del Golfo. 

Il provvedimento di sequestro si basato sulle risultanze dell’indagine Eden II del Ros che hanno documentato varie attività illecite del mandamento mafioso di Castelvetrano, accertando il ruolo di vertice al tempo assunto da Francesco Guttadauro, dopo gli arresti di Salvatore Messina Denaro e Giovanni Filardo. Guttadauro, ricevuta l’autorizzazione di Matteo Messina Denaro, aveva avviato la riorganizzazione della struttura criminale, attraverso nuove affiliazioni e “un pervasivo e rigido controllo del territorio attuato con metodi violenti e intimidatori”.

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