Roberto della Rocca: “Preoccupato per mio figlio a Sderot, mia figlia riservista”
Dalla stanza con le finestre con le lastre d’acciaio e il sistema di filtraggio dei gas nelle porte ai rifugi antimissili nei parchi giochi. Roberto della Rocca, medico veterinario di Tel Aviv, racconta all’Adnkronos ”la vita non semplice, ma alla quale siamo abbastanza abituati” in Israele. E lo fa dalla sua ”stanza corazzata, che è anche il mio ufficio, con finestre dotate di lastre d’acciaio a scomparsa” e una porta ”con la gomma attorno, un sistema di filtraggio dei gas”. Un luogo sicuro, tranne quando ”l’allarme suona che sei in macchina, come l’altro giorno, quando mi sono fermato e sono corso in una casa per ripararmi nella tromba delle scale. Si fa così, quando non si ha un rifugio”.
”Abitiamo in un grattacielo e a trecento metri da noi hanno sventrato una casa e ucciso una persona, un disabile che non è riuscito a mettersi in salvo”, racconta, spiegando che ”a Tel Aviv in questi giorni suona l’allarme due volte al giorno. Non come al sud, dove è un continuo. E dove hanno quindici secondi di tempo per nascondersi, se l’allarme viene dato in tempo”. Al sud, in un kibbutz cittadino a Sderot per la precisione, vive suo figlio, ”per scelta”. ”Sono più preoccupato per lui che per mia figlia, che è riservista. Anche se la stanza dove dorme mio figlio è quella corazzata, quindi lui si sente sicuro”, racconta Della Rocca, spiegando che il figlio è ”un maestro elementare” e fa parte di ”un movimento di sinistra che cerca di costruire un futuro migliore”. E per il quale ha abbandonato la carriera militare.
Al sud di Israele ”i bombardamenti sono continui da vent’anni. Se va bene restano due, tre mesi senza bombe”, prosegue Della Rocca, spiegando che ”con i soldi dello stato sono stati costruiti box corazzati” e ricorda che ”per legge tutte le case costruite dopo gli anni Novanta devono avere una stanza corazzata”. Poi ci sono appunto i bambini. A Sderot, ”che in quest’ultima crisi è stata colpita da 500-600 razzi”, Della Rocca spiega che ”nei parchi giochi ci sono delle statue a forma di elefante o di serpente che in realtà sono dei rifugi, costruiti in cemento armato, dove i bambini possono entrare in pochi secondi” in caso di allarme.
Quando quelli di Della Rocca, di bambini, erano piccoli, i sistema di difesa erano diversi. ”Negli anni Novanta temevamo gli attacchi con i gas e avevano due neonati. C’era una stanza esterna dove andavamo in caso di attacco. Indossavamo le maschere antigas e per i bambini avevamo una tenda antigas per neonati. Poi prendevamo stracci imbevuti di acqua e li mettevamo sotto la porta”, racconta. Ancora prima, Della Rocca ha vissuto l’esperienza dei razzi lanciati dal Libano. ”Sono arrivato in Israele il 12 febbraio 1979 a 22 anni e sono andato in un kibbutz di frontiera al confine con il Libano”, spiega. Qui ”già negli anni Ottanta l’Olp ci mandava i razzi dal sud del Libano. E oggi l’Olp è la fazione moderata che fa da paciere. Le cose cambiano, anche i razzi cambiano. Allora non avevamo nemmeno gli allarmi, si scendeva nei rifugi sotterranei”, conclude. (AdnKronos)